Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3404 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3404 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6351/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (NNZCRL61A17F839ECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI SALERNO, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Commissione tributaria regionale della Campania, sede distaccata di SALERNO n. 6130/2021 depositata il 22/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente ha presentato ricorso contro il Comune di Salerno per l’annullamento di un avviso di accertamento IMU per l’anno 2013, inerente ad aree fabbricabili di sua proprietà, notificatogli dall’amministrazione a seguito di revisione di stima.
In particolare, innanzi alla CTP ha contestato: la mancanza di motivazione e l’omessa comunicazione del cambio di destinazione dei terreni; l’errata quantificazione del valore imponibile; l’illegittima applicazione ingiustificata di sanzioni. Il Comune resistente ha sostenuto che l’avviso di accertamento era conforme alla normativa vigente e che la valutazione delle aree fabbricabili si basava su una delibera della giunta comunale che stabiliva i valori delle aree fabbricabili in base al valore venale di mercato.
La Commissione Tributaria Provinciale ha respinto il ricorso con sentenza 1961/2019, ritenendo l’avviso di accertamento sufficientemente motivato e il valore delle aree fabbricabili correttamente determinato.
Il contribuente ha quindi presentato appello alla Commissione Tributaria Regionale, sostenendo che la sentenza di primo grado fosse nulla per violazione dell’art. 7 l. 212/00, in combinazione con l’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 504/92, che il valore imponibile fosse errato, che fosse stato violato il principio della disponibilità delle prove e che le sanzioni fossero illegittime.
La Commissione Tributaria Regionale, con la decisione in epigrafe indicata, ha respinto l’appello, confermando la sentenza di primo grado, ritenendo, viceversa, che l’avviso di accertamento fosse sufficientemente motivato in quanto faceva riferimento alla delibera di Giunta Municipale, contenente la relazione di stima da cui sono stati desunti i valori delle aree fabbricabili, che, essendo un atto pubblico, deve essere considerata conoscibile dal contribuente. Riguardo all’errata quantificazione del valore imponibile, la CTR ha ritenuto che l’avviso di accertamento fosse stato emesso correttamente in base alla
delibera di giunta comunale che indicava periodicamente i valori delle aree edificabili, tenendo conto del valore venale in comune commercio, atteso che la delibera si basava sui criteri stabiliti dall’art. 5, comma 5, d.lgs. 504/1992 e utilizzava il criterio del “valore di esproprio” come indice di valutazione. Ha ritenuto che le conclusioni della nota tecnica del Comune fossero più convincenti della perizia di parte in quanto “basate su giuste premesse, logiche, coerenti e prive di contraddizioni’ e ha inoltre ritenuto inapplicabili i valori OMI proposti dal contribuente in quanto riferiti a un’edilizia non pianificata, a differenza del caso in questione. Infine, la CTR ha confermato la legittimità delle sanzioni applicate, considerando che il ricorrente era stato informato tramite raccomandata A/R il 24 luglio 2007 dell’approvazione dei valori delle aree fabbricabili.
Avverso tale decisione, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 2 motivi.
Si è costituita l’amministrazione con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve essere respinta la eccezione di difetto di autosufficienza ( ex art. 366 c.p.c.) con cui il Comune sostiene che il ricorrente non espone in modo chiaro e completo i fatti e le argomentazioni presentate in primo e secondo grado, rendendo impossibile alla Corte di Cassazione una valutazione completa del caso: le argomentazioni di parte ricorrente consentono una comprensione dei fatti e contengono il riferimento agli atti di riferimento, così come prescritte alla luce delle linee ermeneutiche indicate dalla giurisprudenza (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., Sez. 2^, 18 settembre 2020, n. 19560; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2020, n. 28036; Cass., Sez. 6^-5, 23 marzo 2021, n. 8125; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11708; Cass., Sez. 6^-5, 18 ottobre 2021, n. 28714; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30863; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2021, n. 36393; Cass., Sez. 2^, 21 dicembre
2021, n. 40984; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8362; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2022, n. 35885; Cass., Sez. T, 21 febbraio 2023, n. 5429).
1.1. Parimenti, deve ritenersi che il ricorso non implichi una valutazione dei fatti, inammissibile in questa sede, ma si limiti a censurare l’applicazione della norma nella fattispecie concreta, contestandone la violazione. Anche tale eccezione è dunque infondata.
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge ex art. 360 comma 1° n° 3 del c.p.c., in relazione agli artt. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212, in materia di obbligo di motivazione degli avvisi di accertamento, in combinato disposto con l’art. 10, comma 1 d. lgs. n. 504/92.
2.1. Sostiene che la CTR sarebbe incorsa in errore, focalizzandosi, a suo avviso erroneamente, sul concetto di edificabilità dei suoli che non era oggetto di contestazione, nella parte in cui ha ritenuto la legittimità della motivazione per relationem utilizzata dal Comune, il quale si sarebbe limitato a rinviare alla delibera di giunta n. 240 del 23/02/2007, nella quale venivano determinati gli indici di edificabilità, mentre il semplice rinvio alla delibera non chiarirebbe l’ iter logico-giuridico seguito dall’Ente per ritenere applicabili i coefficienti di edificabilità stabiliti nel 2007 anche all’anno d’imposta 2013, considerando il notorio ribasso dei valori nel mercato immobiliare intervenuto nel frattempo. La delibera di giunta, per la sua generalità e astrattezza, non fornirebbe elementi sufficienti a valutare la congruità del valore imponibile determinato, né farebbe riferimento ai criteri di determinazione del valore previsti dall’art. 5, comma 5 del d. lgs. n. 504/1992.
In sostanza mancherebbe un qualsiasi elemento che attualizzi i valori stabiliti nel 2006 agli anni successivi, in violazione del principio di autonomia dell’obbligazione tributaria di cui all’art. 10 d. lgs. n. 504/1992.
2.2. Parte controricorrente ha ribadito la correttezza dell’avviso di accertamento, sostenendo che esso contiene tutti gli elementi necessari a soddisfare l’obbligo di motivazione ( ex art. 7 L. 212/2000), compresi i riferimenti normativi e il rinvio ad atti prodromici come la delibera di Giunta Comunale n. 240/2007.
2.3. La censura è infondata.
2.4. Questa Corte ha avuto modo di chiarire, a più riprese, che ‹‹1.3. La motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dall’art. 7 della legge 27 luglio 2002, n. 212, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa, sicché il corrispondente obbligo deve ritenersi assolto con l’enunciazione dei presupposti adottati e delle relative risultanze, mentre le questioni attinenti all’idoneità del criterio applicato in concreto attengono al diverso piano della prova della pretesa tributaria (cfr. Cass. n. 9810 del 7/05/2014); 1.4. con particolar e riguardo all’ICI (sulla base di principi applicabili anche all’IMU) l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 26431 dell’8/11/2017)’ (Cass., 28/05/2024, n.14890)››.
2.5. Nel caso di specie, tale obbligo appare ampiamente rispettato, in quanto integrato per relationem con riferimento ad atti conoscibili dal contribuente, considerato anche l’obbligo di allegazione all’avviso d’accertamento, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 7, degli atti oggetto di rinvio per relationem riguarda gli atti non conosciuti, e non altrimenti conoscibili, da parte del contribuente, laddove le delibere comunali, che atti generali per i quali è prevista una pubblicità legale, non sono soggette all’obbligo di allegazione perché la loro conoscibilità è presunta (cfr., ex plurimis , Cass. 25/11/2022 n 34879, che adde Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755) Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755).
2.6. In particolare, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’avviso d’accertamento che fa riferimento alla delibera della giunta comunale contenente la determinazione dei valori minimi delle aree edificabili, comprensiva di quella oggetto di imposizione, deve ritenersi sufficientemente motivato in quanto richiamante un atto di contenuto generale avente valore presuntivo e da ritenersi conosciuto (o conoscibile) dal contribuente, spettando a quest’ultimo l’onere di fornire elementi oggettivi (eventualmente anche a mezzo perizia di parte) sul minor valore dell’area edificabile rispetto a quello accertato dall’uffi cio (Cass. 05/07/2017, n. 16220 (Rv. 644804 – 01)).
2.7. Le considerazioni sviluppate col motivo, in realtà, riguardano il diverso piano della prova e quindi dell’asserita infondatezza della pretesa, non già quello dell’allegazione e, quindi, della completezza motivazionale: ‹‹nel processo tributario, dovendo distinguersi il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si
riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova, l’omessa allegazione del documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente non rileva ai fini della validità dell’avviso di accertamento se la motivazione dell’avviso, anche se resa per relationem , è comunque sufficiente›› (Cass. 25/03/2024, n. 8016).
2.8. Il motivo è dunque infondato e va respinto.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma I, n° 3 del c.p.c., in relazione agli artt. 2, comma 1 e 5 comma 5, del d. lgs. 504/1992, in combinato disposto con l’art. 59, comma 1, lett. g) del d. lgs. del 15/12/1997, n. 446 e con l’art. 10, comma 1 del d. lgs. 504/92, sostenendo che la CTR non abbia correttamente applicato i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità in materia di criterio utilizzato per la determinazione del valore venale in comune commercio delle aree edificabili. In particolare, richiama l’art. 5, comma 5, del d. lgs. 504/1992, che prevede specifici criteri per la determinazione del valore venale delle aree fabbricabili, sottolineandone la tassatività. La CTR, pur riconoscendo l’applicabilità di tali criteri, si sarebbe limitata a un generico riferimento alla delibera di Giunta, senza verificare concretamente la corretta determinazione del valore imponibile: in particolare il riferimento al “valore di esproprio” utilizzato dalla CTR non sarebbe sufficiente a determinare il valore venale ai fini ICI.
3.1. Il Comune insiste nell’affermare la corretta applicazione della normativa in materia di determinazione del valore delle aree fabbricabili, sottolineando come il valore venale delle aree in questione sia stato determinato in base ai criteri previsti dalla legge e dal regolamento comunale.
3.2. Il motivo è infondato.
Diversamente da quanto scritto in ricorso, la CTR ha valutato la relazione di parte, ritenendola inattendibile, in quanto smentita dalla
nota tecnica depositata dall’amministrazione, che ha, invece, condiviso.
Va ribadito sul punto che le delibere con le quali il Consiglio comunale, ex art. 52 del d.lgs. n. 446 del 1997, determina periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili hanno la finalità di limitare il potere di accertamento dell’ente territoriale qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello indicato in dette delibere e pertanto sono fonti di presunzione, per quanto suscettibile di prova contraria (Cass. n. 17248/19); prova contraria che, nel caso in esame, il giudice d’appello ha escluso sia stata fornita, ritenendo inattendibile la perizia tecnica di parte.
3.3. La censura complessivamente proposta non riesce quindi a scardinare l’apprezzamento in fatto, contenuto nella sentenza impugnata, concernente la correttezza della valutazione delle aree fabbricabili oggetto dell’accertamento IMU, sulla base di criteri oggettivi e verificabili.
E proprio tale elemento -la esistenza cioè di una pronuncia sui criteri -costituisce il tratto differenziale dalla citata sentenza n. 18051/2021 di questa Corte, che non appare dunque congrua rispetto alla presente fattispecie: vi si legge difatti che ‘ la CTR, nonostante il rilievo dubitativo sulla inammissibilità dell’appello reso palese dall’uso del condizionale (l’appello dovrebbe addirittura dichiararsi inammissibile) ha poi rigettato il gravame, limitandosi però ad una motivazione che non si esprime in ordine alle contestazioni sul quantum esposte dalla parte, limitandosi all’affermazione del principio che l’area va considerata edificabile in base allo strumento urbanistico’, senza alcun riferimento, quindi alla delibera della giunta comunale e alla relazione di parte.
3.4. Sotto tale profilo la censura è dunque infondata.
3.5. Sotto l’altro angolo prospettico lamentato dal ricorrente, e diversamente da quanto egli propone, la periodica rivisitazione dei valori di stima non può ritenersi vincolata ad un obbligo avente cadenza annuale, pari, cioè, ad ogni periodo di imposta.
Invero, l’art. 5, c. 5, del d.lgs. 504/1992 dispone che ‘5. Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche’.
L’art. 59, comma 1, lett. g) d.lgs. 446/97 dispone a sua volta che ‘1. Con regolamento adottato a norma dell’articolo 52, i comuni possono (…) g) determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza di c ontenzioso’.
3.6. In tema di IMU, la revisione periodica delle stime di valore ai fini della imposta immobiliare costituisce dunque una facoltà, e non un obbligo, rispetto a cui non è prevista una cadenza annuale di revisione, ancorché il periodo di imposta sia, indubbiamen te, l’anno solare, ai sensi dell’art. 10 , comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504: ‘1. L’imposta è dovuta dai soggetti indicati nell’articolo 3 per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazione tributaria’, la revisione periodica non è certamente ancorata a tale scadenza.
3.7. Deve quindi operarsi, da parte dell’amministrazione, una verifica periodica del valore nel caso concreto, ma certamente non con la pretesa cadenza annuale (pari cioè al periodo di imposta).
3.8. Il punto è che la CTR ha affermato la congruità nel caso di specie del valore venale, in base ai criteri omogenei di stima fissati con la delibera di giunta, la quale, si legge in sentenza, ‘è redatta tenendo conto dei criteri di cui all’art. 5, comma 5 del d.lgs. 504/92…’ .
3.9. D’altronde è consolidato il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiede che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito, se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione
(cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
3.10. Alla luce di tali ragioni il motivo non può essere accolto.
3.11. Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.880,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.