Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8500 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8500 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26883/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa unitamente al prof. avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA n. 1458/01/17 depositata il 14 aprile 2017
u dita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 20 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Palermo dell’Agenzia delle Entrate
emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di fotografia cinematografica e ottica, un avviso di accertamento con il quale, sulla scorta delle risultanze della verifica fiscale condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza del capoluogo siciliano, compendiate in due distinti processi verbali di constatazione redatti il 5 ottobre 2007 e l’11 novembre 2008, rettificava la dichiarazione dei redditi presentata dalla suddetta società per l’anno 2005, procedendo alle conseguenti riprese a tassazione.
A sostegno della pretesa tributaria l’Ufficio contestava: (a)ai fini dell’IRES, l’omessa dichiarazione di ricavi per un ammontare di 36.023 euro e l’indebita deduzione di costi non documentati per un importo di 12.589 euro; (b)ai fini dell’IRAP, la realizzazione di un maggior valore della produzione netta; (c)ai fini dell’IVA, il conseguimento di un più elevato volume d’affari.
La contribuente impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, la quale, in accoglimento del suo ricorso, annullava l’atto impositivo.
La decisione veniva in sèguito parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che con sentenza n. 1458/01/17 del 14 aprile 2017, accogliendo per quanto di ragione l’appello erariale, «onera (va) l’Ufficio di rettificare l’avviso di accertamento impugnato tenendo conto dei pagamenti giustificati per € 6.373,00 e di quanto riconosciuto ai… punti 1, 2, 3, 4 della parte motiva» , ove era stato precisato che: 1 )«la mancata indicazione nelle schede carburanti dei chilometri (percorsi) giustifica (va) il mancato riconoscimento dell’iva relativa, mentre (anda) va riconosciuto il costo sostenuto e risultante dalle schede» ; 2) «con riguardo agli importi (imponibile ed iva) indicati nel sottoconto ‘manutenzione e riparazione autoveicoli’, se ne riconosce (va) l’inerenza e pertanto la loro rilevanza ai fini II.DD. ed
iva» ; 3) «circa il mancato riconoscimento delle spese per omaggi, in quanto il contribuente non avrebbe predisposto una idonea documentazione finalizzata ad individuare i beneficiari…, se ne riconosce (va) l’inerenza e pertanto la loro rilevanza ai fini II.DD. ed iva» ; 4) «circa l’indebita deduzione per ‘spese per viaggi e trasferte’ (€ 1.715,93) sostenuti per l’acquisto di biglietti aerei, se ne riconosce (va) l’inerenza e pertanto la loro rilevanza ai fini II.DD. ed iva» .
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare un mero , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, ultimo periodo, della L. n. 212 del 2000.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente escluso la nullità dell’avviso di accertamento per mancata allegazione, ad esso e ai prodromici processi verbali di constatazione, dei provvedimenti emessi dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo e dal Comandante Regionale della Guardia di Finanza, con i quali erano stati autorizzati l’accesso presso l’abitazione del legale rappresentante pro tempore della RAGIONE_SOCIALE e il compimento delle indagini finanziarie poste a base della contestata pretesa tributaria.
1.2 Il motivo è infondato.
1.3 La CTR ha accertato in fatto, con apprezzamento di merito non specificamente censurato sotto il profilo dell’eventuale violazione
delle norme in tema di interpretazione degli atti processuali, che la contribuente si era limitata a lamentare l’omessa allegazione dei provvedimenti autorizzativi in discorso, e non la loro mancanza.
1.4 Tanto premesso, va osservato che anche in questa sede la ricorrente continua a ribadire, in termini astratti, , soggiungendo che, .
1.5 Essa, tuttavia, nemmeno deduce che durante l’accesso presso l’abitazione del legale rappresentante della società siano stati acquisiti documenti poi utilizzati dall’Ufficio ai fini dell’accertamento tributario per cui è causa, sicchè la sollevata censura si appalesa, «in parte qua» , priva di concludenza, risolvendosi nella denuncia di una pretesa irregolarità formale non incidente sulla legittimità dell’atto impositivo.
1.6 Riguardo, invece, all’autorizzazione ad effettuare indagini bancarie, giova richiamare il consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità secondo cui tale provvedimento esplica una funzione organizzativa nell’àmbito dei rapporti fra uffici, onde la sua mancata allegazione all’avviso di accertamento non determina l’illegittimità dell’atto, in quanto l’art. 32, comma 1, n. 7), del D.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 51, comma 2, n. 7) del D.P.R. n. 633 del 1972 non prevedono l’obbligo di esibirla al contribuente, salvo
che la movimentazione bancaria sia stata acquisita in mancanza di essa -ma nel caso di specie, come si è visto, la CTR ha ritenuto incontroversa l’esistenza dell’autorizzazione – e ciò abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente medesimo (cfr. Cass. n. 20816/2024, Cass. n. 9645/2024, Cass. n. 11642/2023, Cass. n. 2643/2023).
1.7 Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve quindi escludersi che il collegio di secondo grado sia incorso nel dedotto «error in iudicando» .
Con il secondo motivo, parimenti proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32 e 37, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del D.P.R. n. 633 del 1972.
2.1 Si critica la decisione di appello per aver a torto ritenuto riferibili alla società verificata, in difetto di idonea prova offerta in tal senso dall’Amministrazione Finanziaria, le movimentazioni rilevate sui conti correnti bancari intestati o cointestati alla persona fisica del suo legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME sebbene gli stessi non fossero mai stati utilizzati per operazioni attinenti all’attività d’impresa esercitata dall’ente collettivo.
2.2 Il motivo è inammissibile per mancanza del requisito di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c., non avendo l’impugnante trascritto o per lo meno riprodotto nei suoi esatti termini il contenuto dell’avviso di accertamento in questione, per quanto d’interesse ai fini del decidere, onde consentire alla Corte di verificare dalla sola lettura del ricorso, senza necessità di attingere a fonti ad esso esterne, se effettivamente l’avversata pretesa impositiva si fondi, in tutto o in parte, su operazioni di prelevamento e/o versamento riguardanti conti correnti personali del legale rappresentante della società.
2.3 La doglianza, inoltre, non ha attinenza con il percorso motivazionale della pronuncia gravata, dalla cui lettura non emerge
affatto che l’Ufficio avesse desunto i dati posti a base dell’accertamento dall’analisi delle movimentazioni dei conti correnti in discorso.
Invero, sul punto la CTR si è semplicemente limitata a riportare l’assunto difensivo della contribuente, secondo cui , avrebbero (pag. 2, n. 5).
2.4 D’altro canto, non va dimenticato che la denuncia di violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 16442/2024, Cass. n. 34817/2022, Cass. n. 15568/2020).
Con il terzo mezzo, inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso.
3.1 Si rimprovera alla Commissione regionale di non aver tenuto conto: (a)della ; (b)della circostanza che .
3.2 La censura rimane travolta, per assorbimento cd. improprio, dalla rilevata inammissibilità del precedente motivo di impugnazione.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Nulla va disposto in ordine alle spese processuali, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva in questa fase.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione