Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27388 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27388 Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
Avviso di accertamento -IRES -IVA -IRAP – 2007
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23583/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-controricorrente –
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE COMM.TRIB.REG. RAGIONE_SOCIALE CAMPANIA n. 1966/2015 depositata in data 26 febbraio 2015.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 1° luglio 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di commercio al dettaglio di calzature ed accessori, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO ai fini IRES, IVA ed IRAP, con cui l’Ufficio
accertava, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d e dell’art. 41 bis d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 un maggior reddito di impresa per l’anno di imposta 2007 per un importo complessivo pari ad € 482.500,00, sia sulla base dei maggiori ricavi non contabilizzati, sia sulla base di minori costi ritenuti non inerenti e quindi recuperati a tassazione. In particolare, a seguito del p.v.c. del 17 maggio 2012 RAGIONE_SOCIALE Guardia di Finanza di Salerno, l’Ufficio rilevava: -costi non inerenti dovuti alla indebita contabilizzazione di due fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE da ritenersi per finalità estranee all’esercizio dell’impresa per complessivi € 500,00; -ulteriori costi non inerenti dovuti alla cessione di ramo d’azienda effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE in favore RAGIONE_SOCIALE società contribuente avvenuta in data 15 dicembre 2006 e, poiché nel corso del 2007, NOME aveva comunque continuato a vendere merce in giacenza alla RAGIONE_SOCIALE per cui tali operazioni di trasferimento merci si riteneva che non potessero considerarsi realmente avvenute nel 2007 – in quanto comprese nella richiamata cessione d’azienda – e pertanto le operazioni medesime dovevano ritenersi oggettivamente inesistenti e finalizzate ad ottenere un indebito vantaggio fiscale in favore RAGIONE_SOCIALE società contribuente per consentirle di computare in detrazione l’IVA esposta in fattura; -ricavi occultati per non essere conforme la percentuale di ricarico dichiarata (22%) a quella risultante dagli studi di settore che veniva così rideterminata nella misura del 65,52%; -ricavi occultati per la sistematica contabilizzazione di finanziamenti infruttiferi operati in contanti da parte dei soci per complessivi € 482.000,00 piuttosto riconducibili tali finanziamenti a ricavi occultati e non dichiarati dalla società per come desumibile dai redditi dei soci.
Avverso l’avviso di accertamento, la società proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Napoli, la quale con sentenza n. 711/2013 rigettava il ricorso con riferimento a tutte le doglianze afferenti alla
inesistenza del procedimento di notificazione, difetto di motivazione (per relationem al pvc) dell’avviso di accertamento, inesistenza degli addebiti mossi.
Contro tale sentenza proponeva appello la società dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE; l’Ufficio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
La RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1966/2015 depositata in data 26 febbraio 2015 rigettava l’appello RAGIONE_SOCIALE società con riferimento a tutte le doglianze ossia il difetto di instaurazione del contraddittorio su un punto decisivo RAGIONE_SOCIALE controversia per aver la sentenza di primo grado utilizzato le dichiarazioni dei soci, obliterazione dell’esame dell’eccezione RAGIONE_SOCIALE notifica del provvedimento impugnato nonché di quella RAGIONE_SOCIALE nullità RAGIONE_SOCIALE motivazione dell’avviso di accertamento, la illegittimità dell’accertamento parziale, l’illegittimità del regime RAGIONE_SOCIALE presunzioni.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE C.t.r. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi. L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 1° luglio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 60, d.p.r. 20 settembre 1973, n. 600, dell’art. 29, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito in legge 122/2010), dell’art. 14 legge 20 novembre 1982, n. 890, degli art. 156 e 160 cod. proc. civ., nonché degli art. 43, d.p.r. n. 600/1973, e art. 57 d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità RAGIONE_SOCIALE relata di notifica.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 60, d.p.r. n. 600/1973, dell’art. 3 legge n. 890/1982, degli art. 156 e 160 cod. proc. civ., nonché degli artt. 43, d.p.r. n. 600/1973, e art. 57 d.p.r. 633/1972 con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato l’eccezione di irritualità RAGIONE_SOCIALE notifica.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 53, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , riguardo al punto RAGIONE_SOCIALE sentenza gravata in cui viene definito inammissibile, per assenza di specificità, l’appello opposto dall’odierna ricorrente avverso la sentenza di primo grado, nel punto in cui viene definito attendibile il recupero ai fini iva dell’importo di € 79.721,00 connesso ad operazioni oggettivamente inesistenti; sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ, riguardo al principio del consolidamento del criterio impositiv o che, contrariamente a quanto stabilito nella sentenza gravata, avrebbe precluso all’erario la possibilità di contestare il contenuto dell’atto di cessione d’azienda posto in essere tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (cedente) e l’odierna ricorrente (cessionaria)», la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto inammissibile l’appello per mancanza di specificità relativamente al punto RAGIONE_SOCIALE sentenza che concerneva le operazioni inesistenti ai fini IVA nonché ha -in contrasto con il principio del consolidamento del principio impositivo, nel condividere quanto sostenuto dal giudice di primo grado -lasciato intendere di avere anche condiviso quanto dallo stesso affermato nel ritenere «irrilevante che l’atto di cessione di azienda non ricevuto alcuna specifica contestazione».
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d.p.r. n. 633/1972 e del principio di detrazione ivi recato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto di convalidare la tesi erariale, negando il diritto alla detrazione nonostante agli atti fosse emerso che l’ente erariale aveva ritenuto effettive ed esistenti le cessioni operate dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla società contribuente.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 36, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per incoerenza ed illogicità del relativo contenuto decisionale, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.», la società contribuente reitera la doglianza di cui al punto precedente sotto il profilo dell’error in procedendo.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma, lett. d), d.p.r. n. 600/1973, nonché dell’art. 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha rigettato l’argomentazione secondo cui, con riferimento a ll’importo recuperato a tassazione di € 482.000,00, si fosse violato il contraddittorio, accertandolo a mezzo RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei soci NOME, NOME e NOME.
Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione e stante l’affinità RAGIONE_SOCIALE critiche sollevate, sono infondati.
Con riferimento precipuo alle modalità RAGIONE_SOCIALE notificazione dell’avviso di accertamento, la legge n. 146/1998, all’art. 20, aveva aggiunto la previsione che la notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente possano eseguirsi a mezzo RAGIONE_SOCIALE posta direttamente dagli uffici finanziari per cui
essendo stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere direttamente alla notifica degli atti al contribuente a mezzo del servizio postale, il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario con una modalità di notificazione semplificata alle quali non si applicano le disposizioni RAGIONE_SOCIALE legge 890/1982 concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali bensì le norme concernenti il servizio postale ordinario.
2.1. Di poi, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che, in caso di notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo eseguita direttamente dall’Ufficio finanziario ai sensi dell’art. 14 RAGIONE_SOCIALE l. n. 890 del 1982, si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, e non quelle di cui alla suddetta legge concernenti esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c., sicché non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio RAGIONE_SOCIALE raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo RAGIONE_SOCIALE dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. 14/11/2019, n. 29642; 04/07/2014, n. 15315).
3. Il terzo motivo è infondato.
Con un autorevole arresto (Cass. 21/07/2020, n. 15519), preceduto e seguito da altri di eguale tenore, si è sostenuto che in tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l’inammissibilità dell’appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché
formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni; ciò in quanto l’articolo citato deve essere interpretato restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi pertanto consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione. (In applicazione del principio, la S.C. – nel cassare la pronuncia RAGIONE_SOCIALE CTR che aveva ritenuto non identificabile la sentenza impugnata, sul rilievo che nel motivo di gravame fosse stata indicata una cartella di pagamento riferita ad altro giudizio -, ha evidenziato che dallo stralcio dell’impugnazione si evincesse chiaramente quale fosse la sentenza in questione, ciò trovando riscontro anche nella parte in fatto ed in quella motiva RAGIONE_SOCIALE stessa pronuncia di appello).
3.1. Peraltro, quanto al motivo col quale, in appello, la contribuente ha censurato il mancato rilievo, da parte RAGIONE_SOCIALE sentenza ivi impugnata, del dedotto vizio di motivazione dell’atto impositivo, la C.t.r. ha chiarito come la contribuente si sia limitata a riprodurre il tenore del ricorso introduttivo, avendo il giudice di primo grado dato adeguata contezza sia dell’impossibilità di poter riferire con precisione le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE all’attività RAGIONE_SOCIALE contribuente, sia di quali fossero gli elementi indiziari in base ai quali ritenere inesistenti le operazioni documentate dalle 10 fatture nell’anno 2007 – relativa all’asserita vendita di merce tra la RAGIONE_SOCIALE e la società contribuente e del fatto che la contribuente non aveva offerto elementi idonei a comprovare le effettive esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, sia, infine, RAGIONE_SOCIALE ragioni in base alle quali vi erano RAGIONE_SOCIALE presunzioni munite dei
requisiti di cui all’articolo 2729 cod. civ. per ravvisare l’esistenza dei ricavi occulti.
3.2. Inoltre, quanto alla violazione dell’art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, questa Corte (Cass. 09/04/2024, n. 9536) ha avuto modo di affermare che il cd. principio del consolidamento del criterio impositivo, in virtù del quale è precluso all’Amministrazione finanziaria, decorso il termine previsto dall’art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, procedere ad una diversa qualificazione dell’atto presentato per la registrazione ed esigere di conseguenza una diversa imposta, opera quando, essendo pacifica l’applicabilità dell’imposta di registro, ne sia in discussione la misura, non quando si contesti al contribuente di avere assolto in relazione all’atto un’imposta di tipo diverso da quella dovuta, atteso che in caso di imposizione alternativa il contribuente ha l’obbligo di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello scelto in base a considerazioni soggettive. (In applicazione dell’enunciato principio, la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto legittima la rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazione IVA effettuata entro il termine più lungo di cui all’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, per indebita detrazione dell’Iva pagata – e non di imposta di registro – in conseguenza RAGIONE_SOCIALE cessione di singoli beni di un complesso aziendale, di cui non era stata valutata l’attitudine all’esercizio dell’impresa).
3.3. Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE ha ben operato allorquando ha affermato che proprio il richiamo alla vendita da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE cedente di merce (giacenze di magazzino) anche a favore di altre società (quali RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) tutte riconducibili alla società contribuente, in considerazione RAGIONE_SOCIALE composizione RAGIONE_SOCIALE compagine societaria, avvalorava l’inesistenza di tali cessione con conseguente recupero indebito di IVA; a tacer del fatto che il venditore non era stato in grado di dichiarare le condizioni di tempo e di luogo dei trasferimenti ed adducendo modalità di pagamento in contrasto con la società.
Il quarto ed il quinto motivo, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione e stante l’affinità RAGIONE_SOCIALE critiche sollevate, sono inammissibili.
Questi due motivi, nella loro interezza, sebbene contengano doglianze svolte ai sensi dell’art. 360 n. 3 e n. 4 non prospettano violazione astratte RAGIONE_SOCIALE denunciate norme, ma violazioni in concreto RAGIONE_SOCIALE norme medesime, la cui delibazione passa attraverso l’inevitabile esame di elementi probatori acquisiti in giudizio.
Ne consegue che la loro valutazione implica il sindacato sulle modalità di accertamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità.
4.1. La complessiva censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
4.2. Si è più volte sottolineato, come compito RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione RAGIONE_SOCIALE prove a quella compiuta dai giudici del merito (Cass. 12/02/2008, n. 3267), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto RAGIONE_SOCIALE ragioni RAGIONE_SOCIALE loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che nel
caso di specie è dato riscontrare. La valutazione RAGIONE_SOCIALE prove più idonee a sorreggere la motivazione involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando gli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo del giudice RAGIONE_SOCIALE legittimità alla sola congruenza RAGIONE_SOCIALE decisione dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova.
4.3. Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALE ha operato una valutazione corretta laddove ha constatato che dalla lettura RAGIONE_SOCIALE fatture prodotte in primo grado gli altri acquirenti RAGIONE_SOCIALE presunte giacenze di magazzino RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sarebbero due società che hanno sostanzialmente la medesima compagine sociale RAGIONE_SOCIALE società appellante nell’ambito di una operazione di cessione di azienda avvenuta tra la RAGIONE_SOCIALE stessa e la società ricorrente mascherate sotto separate cessioni di merce al fine di ottenere un doppio indebito vantaggio fiscale ossia per la RAGIONE_SOCIALE conferente evitare il pagamento RAGIONE_SOCIALE maggiore imposta di registro e per la società conferitaria di computare in detrazione l’IVA esposte in fattura.
5. Il sesto motivo è parimenti inammissibile.
Con esso ci si lamenta che la RAGIONE_SOCIALE abbia rigettato l’argomentazione secondo cui, con riferimento a ll’importo recuperato a tassazione di € 482.000,00, si fosse violato il contraddittorio accertandolo a mezzo RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei soci NOME, NOME e NOME.
Anche qui la censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, avendo anche la C.t.p.,
come la RAGIONE_SOCIALE, accertato che la deduzione circa l’esistenza di incassi in nero risultava corroborata dalla presenza di diversi verbali per mancata emissione di scontrino o ricevuta fiscale, dall’accertamento compiuto dalla GDF sulle percentuali di ricarico non conforme agli studi di settore; di poi, la natura fittizia di tali finanziamenti dei soci era apparsa rafforzata dall’assenza in capo ai soci NOME, NOME ed NOME di disponibilità patrimoniali tali da consentire loro di effettuare i predetti finanziamenti per come dichiarato dagli stessi ossia di non aver mai apportato somme di denaro nelle casse societarie e che di tutto se ne era occupato il padre NOME.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 1° luglio 2025.
Il AVV_NOTAIO COGNOME