Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32164 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32164 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
Ires -tariffe alberghiere
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12348/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r. pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 4927/2015, depositata in data 17/11/2015, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 13 novembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Milano, emetteva, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, esercente attività alberghiera, un avviso di accertamento con cui recuperava maggior imponibile a fini Ires, Irap e Iva, per l’anno di imposta 2006, utilizzando i risultati di una consulenza tecnica di ufficio disposta nel giudizio di separazione del socio e amministratore NOME COGNOME COGNOME in base alla quale erano ricostruiti maggior volume d’affari ed era negata la detrazione di spese non inerenti.
La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano (CTP) che lo accoglieva.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia (CTR) accoglieva parzialmente l’appello erariale e pertanto accoglieva l’originario ricorso solo in relazione ai costi non riconosciuti, confermando invece la ripresa relativa ai maggiori ricavi; in particolare i giudici di appello, per quanto rileva in questo grado, ricostruivano i ricavi dell’attività alberghiera in base al prezzo di euro 75,00 per l e 15 camere singole (prezzo dichiarato dallo stesso Costa), di euro 124,60 per le 28 camere doppie (prezzo calcolato dal CTP della moglie), considerando una occupazione del 70% (dato ricostruito dal CTP della moglie), scorporando il compenso delle agenzie (pari al 15%, la provvigione, del 30% dei ricavi, pari alla percentuale da loro procacciata), e infine scorporando l’IVA al 10%. In base a tale calcolo la CTR evidenziava che i proventi erano superiori a quanto accertato, per cui doveva ritenersi che la CTU non avesse individuato un volume d’affari superiore a quello reale, tenendo conto an che dell’omesso computo dei proventi di bar e frigobar.
La società propone ricorso affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria.
L ‘Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 13 novembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., la società deduce l ‘omesso esame delle tariffe risultanti dai siti internet di prenotazione www.venere.com e www.booking.com (che rappresentano la quasi totalità delle prenotazioni per mezzo dei servizi specializzati) e dal sito dell’hotel, ossia di elementi di fatto, oggetto di discussione tra le parti, decisivi perché idonei a condurre ad un esito difforme del giudizio in quanto la tariffa media della camera doppia calcolata dal consulente tecnico di parte nel giudizio di separazione e assunta dal giudice a dimostrazione della congruità dei ricavi determinati dal consulente tecnico di ufficio e quindi dall’erario è superiore a quella che si evince dai predetti siti internet, facendo decadere il giudizio di attendibilità che ne ha dato il giudice.
La censura attiene alla parte della sentenza ove i giudici di appello hanno utilizzato il prezzo di euro 124,60 per le camere doppie indicato dal CTP della controparte del sig. COGNOME nelle operazioni di consulenza.
Il motivo non è fondato.
1.1. La deduzione del vizio motivazionale di cui al n. 5 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. deve avere ad oggetto l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, inteso nel senso di circostanza fattuale o un preciso accadimento in senso storico naturalistico (Cass. 06/09/2019, n. 22397; Cass. 03/10/2018, n. 24035; Cass. 08/09/2016, n. 17761; Cass., Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. 08/10/2014, n. 21152; Cass. 04/04/2014, n. 7983; Cass.
05/03/2014, n. 5133), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia e postula la sua concreta e specifica indicazione (Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053).
Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
1.2. La CTR ha confermato l’accertamento, nel quale erano state recepite le risultanze della relazione di consulenza tecnica di ufficio redatta nel giudizio di separazione, espressamente affermandone la validità probatoria anche nel giudizio tributario; per confutare le critiche della società contribuente il giudice dell’appello ha evidenziato che i presunti errori non fossero comunque tali da condurre all’annullamento dell’atto impositivo; in particolare i giudici di appello hanno ricalcolato i ricavi, in base a determinati prezzi delle camere singole (euro 75,00 a notte) e doppie (euro 124,60), ad una percentuale di occupazione del 70%, detraendo commissioni delle agenzie (pari al 15% sul 30% complessivo dei ricavi) e IVA (al 10%); l’esito di tali operazioni determinava un volume dei ricavi superiore a quello accertato dall’ufficio (1.096.538 invece di 1.024.518), il che,
secondo i medesimi giudici, evidenziava la bontà delle conclusioni del CTU e quindi dell’ufficio.
La ricorrente censura la parte della decisione laddove ha assunto il prezzo di euro 124,60 a notte per le camere doppie e deduce come fatti di cui, a tal fine, sarebbe stato omesso l’esame il prezzo delle camere doppie presente sul sito dell’albergo e sui siti internet di intermediazione maggiormente utilizzati (www.booking.com e www.venere.com).
1.3. Alla luce di quanto chiarito in relazione alla ratio decidendi della CTR e al percorso motivazionale, in primo luogo, appare evidente come il motivo solleciti in realtà un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, rimanendo estraneo al perimetro del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. la scelta degli elementi istruttori da valorizzare maggiormente rispetto ad altri
Inoltre, si deve ritenere che almeno due dei fatti di cui è dedotta l’omissione sono stati recepiti nell’avviso di accertamento confermato dalla CTR e quindi non possono considerarsi come fatti di cui è stato omess o l’esame .
Ancora, nel ricorso, la descrizione della decisività di tali fatti appare poco chiarita. N ell’accertamento dell’ufficio (i cui esiti, anche sotto il profilo del quantum , sono stati confermati), infatti, non è stato utilizzato il prezzo di euro 124,60 per la camera doppia, bensì (come si evince dalla stessa lettura del ricorso, a pagina 4), è stata operata una media tra i prezzi presenti sul sito dell’hotel (come dedotto dal ricorrente nel motivo di ricorso), i prezzi dichiarati dal sig. COGNOME, il prezzo risultante sul sito www.venere.com (circostanza pure indicata nel motivo di ricorso) e il prezzo presente sul sito easytobook.com.
Quindi, i prezzi indicati sul sito dell’albergo (pagina 12, euro 80/90 per le singole/doppie) e sui siti internet (la parte a pagina 12 indica il prezzo di euro 79,00 apparentemente in riferimento ad entrambi i siti)
sono stati espressamente considerati dall’ufficio ai fini dell’accertamento e poi confermati dalla sentenza della CTR.
Infine, il dato al quale in effetti si riferisce la contestata omissione è stato utilizzato dalla CTR per corroborare i risultati della CTU, con effetto positivo poiché il risultato del ricalcolo dei ricavi era ancora maggiore; sul punto la parte omette del tutto di indicare quale sarebbe stato il risultato di un ricalcolo effettuato tenendo conto dei dati che assume omessi ed in grado di inficiare la validità dell’accertamento .
Il motivo va quindi respinto.
Col secondo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si deduce nullità del procedimento per aver il giudice ignorato elementi di prova offerti in giudizio ossia per non aver valutato i siti internet che mostravano una tariffa diversa rispetto a quella utilizzata come parametro per statuire la congruità della tariffa determinata nella consulenza di parte prodotta nel giudizio civile di separazione tra coniugi e recepito nell’avviso di accertamento.
Il motivo, formulato in chiave alternativa al primo, ove si ritenga che l’omesso esame di un mezzo istruttorio sia deducibile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., è inammissibile.
In primo luogo, infatti, il motivo non indica alcuna disposizione processuale asseritamente violata dalla CTR.
In secondo luogo, comunque, ove il riferimento a Cass. n. 12514/2013 implichi che tale disposizione sia l’art. 116 cod. proc. civ., questa Corte ha successivamente evidenziato che la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova
legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. U., 30/09/2020, n. 20867).
Col terzo motivo, la società deduce, in caso di rigetto del ricorso, la necessità di rideterminazione delle sanzioni a seguito de ll’entrata in vigore del d.lgs. 24/09/2015, n. 158 che ha rideterminato il minimo edittale.
Il motivo è da ritenersi fondato, alla luce del regime più favorevole entrato in vigore successivamente alla data di pubblicazione della sentenza impugnata, dall’1/01/2016, per effetto dell’art. 32, d.lgs. n. 158 del 2015 , che, all’art. 15, ha modificato l’art. 1, comma 2, d.lgs. 18/12/1997, n. 471, atteso che l’istanza così formulata è intervenuta in un processo ancora pendente, ciò rendendo non definitiva la parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (Cass. 25/11/2012, n. 36576; Cass. 27/06/2017, n. 15978; Cass. 30/03/2021, n. 8716).
Concludendo, va accolto il solo terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due.
La sentenza va cassata in relazione alle sanzioni con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui si demanda la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due;
cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa
composizione, cui si demanda la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 13 novembre 2024.