Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34761 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34761 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6537/2016 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENEZIA n. 1360/2015 depositata il 10/09/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
A seguito di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza di Occhiobello (RO), venivano contestati all’Avv. COGNOME incassi non contabilizzati per l’anno di imposta 2009, pari complessivamente ad Euro 289.495, dedotti dagli appunti contenuti in un’agenda personale dello stesso professionista. A fronte dell’ esito negativo della procedura di accertamento con adesione, seguiva l’emissione dell’avviso di accertamento che veniva impugnato dal contribuente, che affermava che dette annotazioni corrispondevano ai metri percorsi in sella al proprio velocipede in ciascun mese di detto anno.
Il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto del ricorso, come disposto dalla sentenza n. 69/2014.
L’appello del contribuente è ugualmente stato respinto dalla sentenza oggetto del presente ricorso.
Ha quindi proposto ricorso per cassazione l’Avv. COGNOME sulla scorta di quattro motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Il contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. dopo essersi costituito con un nuovo difensore.
E’ stata fissata udienza in camera di consiglio per il 16 ottobre 2024.
CONSIDERATO CHE
I motivi di ricorso possono di seguito compendiarsi, seguendo per comodità espositiva la stessa numerazione e terminologia usata dal ricorrente:
I) Ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per violazione degli artt. 7 e 12 l. 212/2000; art. 3 l. 241/1990; 42 dpr 600/1973 e 54/55 del dpr 633/1972: secondo il ricorrente l’atto impositivo impugnato avrebbe una motivazione insufficiente e contraddittoria;
II) Ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per falsa applicazione degli artt. 39 e ss. dpr 600/1973; 54 e ss. dpr 633/1972 e 2727-2729 c.c.: le annotazioni non avrebbero valenza indiziaria e, tanto meno, l’atto impugnato si fonda su presunzioni gravi, precise e contrastanti;
III) Ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per falsa applicazione dell’art. 2 d.lgs. n. 446/1997: la sentenza impugnata avrebbe errato nell’accertare l’esistenza di una autonoma organizzazione in capo al ricorrente;
III bis) Ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.: nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, non essendosi tenuto conto della qualità e della natura dei beni strumentali, né dell’assenza di lavoro altrui ai fini di ritenere l’esistenza di detta autonoma organizzazione.
2. Infondato è il primo motivo di ricorso. In primo luogo, deve osservarsi che il mezzo si dilunga in una serie di considerazioni fattuali relative alle perquisizioni subite a seguito di una denuncia penale per truffa ai danni di un cliente nel corso delle quali non sarebbero stati trovati i denari provento -in tesi -dell’ipotesi delittuosa contestata. Il che, giova subito aggiungere, finisce per risultare sostanzialmente irrilevante, posto che lo stesso ricorrente ammette che i documenti richiamati nella motivazione dell’avviso gli erano noti e che la motivazione dell’avviso non deve compiere accertamenti definitivi sul merito della pretesa, essendo piuttosto rivolta a mettere in grado il contribuente di conoscere la pretesa tributaria, la sua entità e composizione, in modo da consentirgli una difesa. In terzo luogo, ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la
motivazione, anche se resa per relationem, è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova (ex multiis, Cass. n. 8016 del 25/03/2024). In passato, si è altresì ritenuto che fosse legittimamente motivato “per relationem” l’avviso di accertamento facente rinvio a valori desunti dall’Ufficio da una ricerca universitaria (pur se non allegata all’atto impositivo né ivi riprodotta nel suo contenuto essenziale ma menzionata assieme ad altri documenti accessibili da “internet”), laddove risulti pubblicata e, quindi, agevolmente conoscibile al contribuente destinatario dell’avviso (Cass. n. 593 del 15/01/2021). Il che riconferma, comunque, la completezza della motivazione dell’atto impugnato.
Anche il secondo motivo di ricorso non può essere accolto, poiché in realtà – sotto il profilo della violazione di legge -esso attiene alla motivazione, all’accertamento dei fatti, nonché alla valutazione probatoria condotti dalla decisione di merito impugnata.
Il ricorso riporta, nel rispetto del principio di autosufficienza, la pagina dell’agenda contenente le annotazioni da cui è scaturito l’accertamento, che il contribuente ha riconosciuto come proprie ed ha ricondotto all’indicazione dei metri percorsi durante le proprie escursioni ciclistiche, senza contestare che detta numerazione sia posta in corrispondenza di lettere rappresentanti le iniziali dei singoli mesi dell’anno. Secondo il ricorrente la indicazione dei metri (invece dei chilometri) percorsi in bicicletta sarebbe comprensibile in quanto egli stesso avrebbe ‘provato’ (deve ritenersi nel giudizio di merito) che il tachimetro del proprio velocipede conteneva anche l’indicazione dei decimali e quindi dei metri percorsi. Inoltre, sul piano giuridico, il ricorrente rileva la ‘ debolezza ‘ delle presunzioni utilizzate dall’erario e, poi, dalle due decisioni di merito, debolezza
che non sarebbe rafforzata dalla fragilità della propria spiegazione offerta.
Va in proposito rilevato, tuttavia, che costituisce principio fondamentale quello per cui l’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso alla presunzione quale mezzo di prova e la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, sono incensurabili in sede di legittimità, l’unico sindacato in proposito riservato al giudice di cassazione essendo quello sulla coerenza della relativa motivazione (Cass. n. 17596 del 20/11/2003; più recentemente Cass. n. 10615 del 19/04/2024 rileva in motivazione che il ragionamento del giudice del merito in materia presuntiva deve essere espresso e che i risultati del proprio giudizio sono impugnabili in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono).
Nel caso di specie, peraltro, il motivo si rivela rivolto a censurare in modo inammissibile l’accertamento fattuale e la valutazione probatoria condotta dal giudice del merito. A tal riguardo è sufficiente ricordare, sulla scia di un costante indirizzo, la più recente Sez. 2, ord. n. 10927 del 23/04/2024 (Rv. 670888 -01), per la quale ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’; in precedenza anche Sez. U, sent. n. 34476 del 27/12/2019 (Rv. 656492 03) ha affermato esplicitamente che ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’.
Del resto, con più specifico riferimento alla valutazione probatoria dei documenti operata dal giudice del merito, Sez. 2, ord. n. 20553 del 19/07/2021 (Rv. 661734 01), secondo cui ‘La valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicchè rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito’.
Peraltro, in termini più generali, l’affermazione del ricorrente secondo cui un dato di rilievo probatorio (pur presuntivo) dovrebbe essere staticamente ed isolatamente osservato dal giudice senza dare rilievo alla difesa del contribuente (i cui argomenti non varrebbero, in tesi, mai a corroborare le affermazioni della controparte pubblica) è in sé infondata in diritto.
La natura impugnatoria del giudizio tributario non esclude che nella valutazione degli elementi probatori offerti dall’ufficio e dal contribuente si tenga conto delle dichiarazioni rese dalle parti stesse nel giudizio, come pure delle loro eccezioni o difese, altro essendo, per fare un esempio, la situazione in cui una certa dichiarazione scritta viene disconosciuta in quanto non attribuibile
al soggetto che ne è l’apparente redattore, da quella in cui la stessa dichiarazione venga giustificata come relativa ad un certo fatto storico (il che implica quantomeno l’ammissione della paternità dello scritto), ed altro ancora . come nella specie – la giustificazione della medesima dichiarazione rispetto a circostanze inverosimili secondo l’ id plerumque accidit .
Del resto, anche senza scomodare il principio di non contestazione -in effetti mai evocato nel presente giudizio -lo stesso comportamento processuale delle parti, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., può essere valorizzato dal giudice al fine di desumere argomenti di prova e tale principio va inteso nel senso che tale comportamento non solo può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma può anche costituire unica e sufficiente fonte di prova (cfr. l’ancora attuale Cass. n. 10268 del 16/07/2002, successivamente ribadita da pronunce conformi non massimate, come Cass. n. 15172/2003; Cass. n. 18650/2003; Cass. 4651/2005).
Con il che, peraltro, si ritorna alla criticità fondamentale del motivo in esame, tendente in buona sostanza ad una richiesta di rivalutazione probatoria e ad un nuovo accertamento dei fatti in questa sede non consentiti, non essendo invece denunciata dal ricorrente una qualche violazione del riparto degli oneri probatori.
Inammissibili per ragioni in larga misura sovrapponibili a quelle precedenti sono infine i motivi 3 e 3 bis dianzi ricapitolati, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi.
Anche qui, infatti, il ricorrente, censura un accertamento fattuale che è stato conformemente condotto nei due giudizi di merito e che in questa sede non è possibile nuovamente svolgere. Il motivo sub 3 bis, peraltro, appare formulato in modo comunque incongruo nella parte in cui, dopo aver ricondotto il mezzo alla violazione di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., ne ascrive le conseguenze ad una nullità della sentenza per omessa considerazione di fatti decisivi,
giungendo pertanto ad una inammissibile mescolanza di motivi impugnatori fra loro concettualmente eterogenei.
Ne consegue una complessiva infondatezza del ricorso.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Occorre, infine, dare atto dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se ed in quanto dovuto per legge.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso per quanto in motivazione; condanna parte ricorrente ed in favore della controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura prevista per il ricorso, se ed in quanto dovuto per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024