Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27537 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27537 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO del Foro di Milano, che ha indicato recapito Pec, avendo il ricorrente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del difensore, al INDIRIZZO in Milano;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore ;
-resistente –
avverso
la sentenza n. 4079, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 30.6.2017, e pubblicata il 12.10.2017; ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
OGGETTO: Irpef, Iva ed Irap, 2009 -Agente di commercio – Provvigioni Versate da società di San Marino -PVC -Documentazione extracontabile.
La Guardia di Finanza di Ponte Tresa (VA) procedeva a verifica fiscale nei confronti di COGNOME NOME, agente di commercio, in relazione agli anni dal 2006 al 2010, all’esito consegnando al contribuente il PVC. I Militari ritenevano accertata la percezione per più annualità di proventi dipendenti dal conseguimento di provvigioni non dichiarate e corrisposte dalla società RAGIONE_SOCIALE, avente sede a San Marino. Le verifiche traevano fondamento, in primo luogo, dal rinvenimento di documentazione extracontabile, tra cui molte fatture ed un elenco riepilogativo del mese di gennaio 2008.
Con riferimento all’anno 2009 l’RAGIONE_SOCIALE accertava un reddito fatturato di Euro 630.946,79 (ric., p. 4). Tenendo conto dell’ammontare stimato RAGIONE_SOCIALE provvigioni conseguivano maggiori tributi da versare rispetto al dichiarato. L’Amministrazione finanziaria notificava quindi al contribuente l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto maggiori tributi Irpef (€ 33.518,00), Iva (€ 15.777,00) ed Irap (€ 3.649,00), oltre contributi previdenziali ed accessori dei crediti, atto impositivo che è oggetto del presente procedimento.
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, proponendo plurime censure. La CTP riteneva fondate le difese proposte dal contribuente, reputando non provata l’attribuzione a lui del codice (144TARGA_VEICOLO01) con il quale erano state versate le provvigioni, pertanto accoglieva il suo ricorso ed annullava l’atto impositivo.
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che lo accoglieva, riaffermando piena validità ed efficacia dell’accertamento tributario.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello, affidandosi a tre motivi di impugnazione, ed ha pure depositato memoria. L’RAGIONE_SOCIALE non si è costituita tempestivamente in questo giudizio, ma ha depositato istanza di partecipazione all’eventuale udienza di discussione pubblica del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il contribuente contesta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR fondato la sua decisione su presunzioni che non rispettano i criteri legali, ed avere anche errato nel calcolo del maggior reddito attribuito a NOME COGNOME.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente censura la violazione dell’art. 9 del Dpr n. 633 del 1972 e dell’art. 2969 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il contribuente dovesse essere gravato del pagamento dell’Iva, mentre in realtà aveva intermediato la cessione di merci, pur di proprietà di società di San Marino, che però ‘erano già state importate nel territorio nazionale’ nel rispetto della normativa doganale, dovendo qualificarsi l’attività svolta come ‘connessa a scambi internazionali’ (ric., p. 13).
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente critica l’illegittimità della ripresa a fini Irap come confermata dal giudice dell’appello, il quale non ha considerato che il contribuente risultava privo di autonoma organizzazione della propria attività professionale.
Mediante il primo mezzo d’impugnazione il contribuente propone in realtà plurime censure. Il motivo di ricorso evidenzia
limiti nella sua formulazione, perché non riporta un momento di sintesi.
Il ricorrente lamenta che il giudice del gravame ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento sebbene fondato su presunzioni non gravi precise e concordanti. In particolare, tutto l’accertamento si baserebbe su un prospetto contabile riferito al solo mese di gennaio 2008, in cui risulta annotato il fatturato mensile consuntivo, da cui l’Ente impositore ha desunto le provvigioni maturate ed ha stimato la percentuale di esse (16,57%) in relazione a più anni d’imposta.
4.1. Evidenzia il giudice dell’appello che l’Amministrazione finanziaria ha innanzitutto riscontrato la rilevanza indiziaria della documentazione extracontabile acquisita dalla Guardia di Finanza e consegnata dalla società rappresentante fiscale in Italia della RAGIONE_SOCIALE, in particolare fatture, ed anche relativa ai versamenti eseguiti su conto corrente acceso presso Banca con sede in San Marino che si è accertato essere riferibile al COGNOME, agente di commercio avente codice identificativo NUMERO_DOCUMENTO. Lo stesso codice, del resto, è riportato sul prospetto riepilogativo intestato al COGNOME RAGIONE_SOCIALE merci vendute e dei compensi maturati nel mese di gennaio 2018. La CTR non ha mancato di sottolineare come il COGNOME non abbia negato che il codice agente di cui si è detto apparteneva proprio a lui. La documentazione acquisita ha permesso di accertare evidenti difformità con gli elementi emergenti dalla contabilità del contribuente. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha calcolato quindi i maggiori introiti in considerazione dell’ammontare RAGIONE_SOCIALE somme ricevute sul fondamento RAGIONE_SOCIALE scritture extracontabili, tenendo quindi conto della redditività dell’attività di intermediazione emergente dal consuntivo del gennaio 2008 (16,57%), ed ha poi anche ridotto questa percentuale in considerazione del contratto di agenzia esibito dal
COGNOME (12,50%), pervenendo ad un accertamento fiscale che la CTR ha ritenuto attendibile ed ha perciò confermato.
4.2. La motivazione proposta dalla CTR sul punto, esprimendo il giudizio sul fatto che le competeva, risulta pertanto completa ed intellegibile, e non è suscettibile di riesame in sede di giudizio di legittimità.
Proprio in uno dei giudizi relativi agli agenti della società RAGIONE_SOCIALE, questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di rilevare che il motivo di impugnazione mediante il quale sia contestato l’ammontare della provvigione, così come motivamente calcolato dall’Amministrazione finanziaria e confermato dal giudice dell’appello, ‘è inammissibile quanto alla determinazione della percentuale della provvigione per l’anno 2008 posto che la censura investe direttamente l’avviso e, in ogni caso, mira ad una rivalutazione nel merito dell’accertamento operato della CTR che ha ritenuto congrua la determinazione dell’imponibile «quantificato documentalmente per l’anno 2008»’, Cass. sez. V, 1.12.2022, n. 35446.
Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Mediante il secondo strumento di impugnazione il ricorrente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per avere la CTR erroneamente ritenuto che il contribuente dovesse essere gravato del pagamento dell’Iva, mentre in realtà aveva intermediato la cessione di merci, pur di proprietà di società di San Marino, che però erano già state importate nel territorio nazionale, dovendo qualificarsi l’attività svolta come connessa a scambi internazionali.
5.1. In materia di imponibilità ai fini Iva, la RAGIONE_SOCIALE ha osservato che la sentenza n. 849/11 del Tribunale penale di Rimini ‘(conclusasi con la condanna di soci ed amministratore della società e di manager di quattro società aventi rapporti di
dipendenza intergruppo) evidenzia a chiare lettere come il territorio nazionale costituisse la sede naturale di svolgimento dell’attività. Ampi sono i riscontri circa la presenza in questo paese di una stabile organizzazione sia materiale che personale: gli agenti di tale società, ivi incluso l’appellato, hanno svolto attività promozionale di vendita di prodotti italiani a clienti italiani, così configurandosi il presupposto impositivo in esame’ (sent. CTR, p. III).
Anche con riferimento alla debenza dell’Iva, pertanto, la motivazione adottata dalla CTR appare specifica ed agevolmente comprensibile.
5.2. Le valutazioni espresse dalla CTR non sono sottoposte a critica analitica dal ricorrente, che propone piuttosto mere argomentazioni prive di riscontro affermando, ad esempio, che le merci vendute provenivano da San Marino ed avevano già onorato gli oneri doganali convenzionalmente previsti, ma neppure illustra come avrebbe provato una simile circostanza.
Del resto questa Corte regolatrice, ancora in materia di prestazioni fornite da agenti di commercio della RAGIONE_SOCIALE, ha recentemente ricordato di aver ‘già ritenuto inammissibili analoghe censure attinenti ad altri agenti della «RAGIONE_SOCIALE», ritenendo che – ove sia stata esclusa in fatto la circostanza che l’attività di intermediazione sia afferente ad operazioni internazionali – vi sia stato «un accertamento in fatto in ordine alla nazionalità RAGIONE_SOCIALE stesse: accertamento che non può essere messo in discussione con la proposizione di censure di violazione di legge» (Cass., Sez. V, 24 febbraio 2022, n. 6286; Cass., Sez. V, 2 febbraio 2022, n. 3251; Cass., Sez. V, 3 luglio 2021, n. 18884; conf. Cass., Sez. V, 22 marzo 2019, nn. 8108, 8109; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21099)’, Cass. sez. V, 1.7.2022, n. 21062. Inoltre, non si è mancato di specificare che ‘costituisce insegnamento ricevuto nella giurisprudenza di legittimità -da ultimo ribadito da Sez. 5, n. 10355 del 31/03/2022, Rv. 664308-01 -quello a termini del quale,
‘in tema di IVA, l’onere di provare l’esistenza dei presupposti della deroga al regime di territorialità dell’imposta è a carico del contribuente, anche in ragione del principio generale secondo il quale l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è sempre a carico di chi invoca la predetta deroga’ (analogamente, quanto all’ambito RAGIONE_SOCIALE cessioni intracomunitarie, Sez. 5, n. 15871 del 29/07/2016, Rv. 64066201)’, Cass. sez. V, 28.12.2022, n. NUMERO_DOCUMENTO.
Anche il secondo strumento di impugnazione deve pertanto essere valutato inammissibile.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente critica l’illegittimità della ripresa fiscale relativa all’Irap come confermata dal giudice dell’appello, il quale non ha considerato che il contribuente risultava privo di autonoma organizzazione della propria attività professionale.
6.1. In materia il giudice del gravame ha rilevato che ‘infondata è la censura inerente l’Irap: il valore dei beni strumentali dichiarati dal COGNOME (pari ad € 15.000) rapportato ai compensi attesta -di per sé -l’esistenza di beni eccedenti il minimo indispensabile e, quindi, di un’organizzazione autonoma la cui attività è pienamente assoggettabile al tributo’ (sent. CTR, p. III s.). Anche in questo caso la motivazione è sufficiente e comprensibile.
6.2. La CTR, esprimendo il giudizio sul fatto che le competeva, ha valutato che i beni strumentali di ritenuto significativo valore economico, posseduti ed utilizzati nella sua attività lavorativa, fossero un indice univoco dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale del contribuente.
6.3. Il ricorrente non si confronta neppure in questo caso con la decisione assunta dalla CTR, non ne contrasta il fondamento, non chiarisce in che cosa il giudice dell’appello abbia errato nella sua valutazione. Non illustra perché il valore dei beni utilizzati nella sua attività professionale non dovesse considerarsi ingente, o
comunque per quale ragione gli stessi non dovessero ritenersi indice della ricorrenza della autonoma organizzazione dell’attività professionale. Il contribuente insiste ad affermare che disponeva di ‘scarsa struttura organizzativa’ (ric., p. 15), senza neppure chiarire in che cosa consistesse.
Anche il terzo motivo di ricorso risulta pertanto inammissibile.
In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere in materia di spese di lite, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE svolto difese nel giudizio di legittimità.
7.1. Deve comunque darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali perché il ricorrente sia assoggettato al pagamento del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME .
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4.10.2024.