Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6180 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6180 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15315/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Oggetto: tributi – accertamento
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, Sezione Staccata di Latina, n. 6880/39/2015, depositata in data 18 dicembre 2015;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio 2014 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento, condotto (per quanto risulta dalla sentenza impugnata) con metodologia analitico-induttiva ex art. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e relativo al periodo di imposta 2008, con il quale -all’esito di PVC e previa acquisizione di documentazione extracontabile (nella specie, consistente in prospetti afferenti obiettivi di vendita assegnati agli agenti di vendita, denominati « prospetti target » in cui erano riportati gli importi degli ordini), difformi dagli ordinativi di vendita portati a termine -si accertavano maggiori ricavi, con recupero di IRES, IRAP e IVA.
La CTP di Latina ha rigettato il ricorso.
La CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, con sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello della società contribuente , ritenendo -per quanto qui ancora rileva che l’Ufficio non avesse assolto il proprio onere della prova, in quanto l’avviso di accertamento era fondato su presunzioni prive di pregnanza indiziaria. In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto che la documentazione extracontabile relativa agli obiettivi di vendita assegnati alla rete degli agenti e gli ordinativi raccolti dagli agenti non potessero costituire idonea presunzione del maggior reddito in difformità degli ordinativi portati a termine dagli agenti, posto che molti degli ordini erano risultati inevasi. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello, con la sentenza impugnata, che l’avviso di accertamento era viziato dalla mancata acquisizione di documentazione relativa all’importo delle provvigioni erogate, così
facendo venir meno ogni riscontro all’accertamento dei maggiori ricavi. La sentenza impugnata ha, poi, accertato che in sede di accertamento con adesione era stata prodotta ulteriore documentazione da parte della società contribuente che, per il periodo di imposta in esame, comprovava sia l’effettivo importo delle provvigioni, sia la mancata evasione degli ordini (« ordini annullati »), presuntivamente portati a termine dall’Ufficio .
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a due motivi, cui resiste con controricorso la società contribuente, ulteriormente illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per motivazione apparente, illogica e contraddittoria. Censura la ricorrente l’affermazione secondo cui l’accertamento sarebbe sprovvisto di presunzioni dotate di pregnanza indiziaria, non avendo il giudice di appello valutato ulteriori elementi indiziari, incentrati sul disallineamento tra provvigioni e ordinativi riscontrati anche per altri esercizi , sull’esistenza di fatture da ricevere imputate a provvigioni . Osserva, inoltre, come la mancanza del dato relativo alle provvigioni dell’esercizio 2008 non sia decisivo, in quanto « a ricavo non dichiarato potrebbe corrispondere provvigione non fatturata ».
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 39 d.P.R. n. 600/1973 e 2697, 2727, 2729 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’avvis o di accertamento fosse fondato su presunzioni prive di pregnanza indiziaria. Deduce la ricorrente che la documentazione extracontabile sulla quale si fonda l’accertamento impugnato contenesse sia l’importo degli obiettivi di vendita assegnati agli agen ti, sia l’importo degli ordini raccolti,
documentazione che inficiava di validità (a giudizio del ricorrente) la contabilità della società resistente e l’importo del fatturato riscontrabile in base alle provvigioni fatturate. Deduce, pertanto, l’illegittima svalutazione della forza probante riconosciuta alla documentazione extracontabile e l’omessa valutazione dell’elemento indiziario costituito dal costante disallineamento tra dati contabili e dati extracontabili nei successivi periodi di imposta.
Va dichiarata inammissibile l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione di una autonoma ratio decidendi , non essendo stata individuata con chiarezza quale sarebbe l ‘autonoma ratio decidendi, peraltro incentrata sull’accertata infondatezza dell’accertamento condotto sulla documentazione extracontabile, motivazione censurata nel suo complesso dall’Ufficio in termini di nullità della sentenza e di violazione della disciplina in materia di onere della prova.
Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del primo motivo, essendo la censura incentrata sulla assenza di percorso logico seguito dal giudice di appello ai fini della decisione (come il controricorrente ripropone in memoria) ed essendo il motivo esposto dalla ricorrente sufficientemente ancorato ai fatti e ai documenti di causa.
Il primo motivo è infondato, essendo la nullità della sentenza per apparenza della motivazione predicabile solo in caso di incomprensibilità del percorso logico seguito dalla sentenza impugnata ai fini della decisione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). Percorso logico basato sulla mancanza nell’avviso di accertamento impugnato di ogni riscontro alla presunzione secondo cui i « prospetti target » contenenti gli importi degli ordini effettuati fossero decisivi ai fini del maggior reddito accertato, avendo la società contribuente dato prova degli ordini annullati.
Il secondo motivo è inammissibile (qui accogliendosi l’eccezione del controricorrente) in quanto la ricorrente, attraverso la censura di violazione di legge relativa alle norme di distribuzione dell’onere della prova, di valutazione degli elementi indiziari e relative alla metodologia di accertamento analitico-induttiva, intende giungere alla rivalutazione dei fatti e degli elementi di prova operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758; Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8315).
Nella specie, la sentenza di appello ha ritenuto che alle indicazioni provenienti dalla documentazione extracontabile, anche relative agli ordinativi effettuati dagli agenti, facesse da contraltare la documentazione acquisita agli atti del giudizio (ma resa ostensibile all’Ufficio già nella precedente fase amministrativa), relativa agli ordini annullati, così da ricondurre i ricavi a quelli fatturati e non a quelli ipotizzati dall’Ufficio. Come correttamente espone la controricorrente nel proprio controricorso (e come riassume in memoria), il giudice non ha affatto negato valore probatorio alla documentazione extracontabile, ma l ‘ ha ritenuta insufficiente e, in ogni caso, superata dalla documentazione prodotta dalla società contribuente (annullamento degli ordini e coerenza tra provvigioni e fatturato). La censura di parte ricorrente non può, pertanto, ascriversi a falsa applicazione della legge, bensì a rivalutazione degli elementi di prova.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida in
comples sivi € 7.600,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, 15% per rimborso forfetario e accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 27 febbraio 2024