Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10549 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10549 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
Oggetto: accertamento – indagini finanziarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25421/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore che agisce anche in proprio e NOME COGNOME, rappresentati e difesi, giusta procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOMEcon indirizzo PEC: EMAIL ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore in Messina, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (con indirizzo PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, n. 5143/02/2022 depositata in data 06/06/2022;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-con riferimento all’anno d’imposta 2012 il nucleo di polizia tributaria di Messina ha eseguito nei confronti della società ricorrente una verifica fiscale che si è conclusa con il PVC del 22/05/2013, regolarmente sottoscritto dal legale rappresentante della società ed allo stesso consegnato; poiché nel corso della predetta verifica fiscale la Guardia di finanza aveva rilevato anomale movimentazioni nei conti di bilancio denominati ‘NOME c/prel. RAGIONE_SOCIALE‘ e Soci c/finanz. RAGIONE_SOCIALE.’ e due agende contenenti appunti contabili vari e documentazione bancaria, era richiesta al Comandante regionale della Guardia di finanza l’autorizzazione ad acquisire a norma dell’art. 32, comma 1, n. 7, d. P.R. 633/1972 i dati bancari sia direttamente riconducibili alla società che ai soci NOME, COGNOME NOME e NOME (gli ultimi due genitori del NOME, legale rappresentante della società);
-gli operanti avevano quindi proceduto agli accessi presso le banche acquisendo tutti i rapporti finanziari dei conti correnti direttamente o indirettamente riconducibili alla società;
-ne derivavano l’avviso di accertamento notificato il 15/03/2016 con il quale l’Agenzia delle entrate ha rettificato il reddito imponibile della società RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2012, da euro 163.688,00 ad euro 1.175.536,00, quantificando una maggiore Ires per euro 278.258,00, una maggiore Irap per euro 48.771,00 ed iva per euro 69.538,00, con l’irrogazione di sanzioni per complessivi euro 391.100,25 per infedele dichiarazione e l’avviso di accertamento
-ulteriore avviso di accertamento era poi notificato in data 16/03/2016 al NOME con il quale era irrogata la
sanzione di euro 500,00 per la non conforme tenuta della contabilità e la sanzione di euro 258,00 per l’omessa comunicazione telematica dei dati ai fini IVA;
-la CTP accoglieva i ricorsi; appellava l’Ufficio;
-con la sentenza impugnata il giudice del gravame ha accolto l’appello e confermata la legittimità degli atti impugnati;
-ricorrono a questa Corte la società contribuente e il NOME, in proprio, con unico atto affidato a sei motivi di doglianza;
Considerato che:
-il primo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.; secondo parte ricorrente la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha erroneamente ritenuto valido il documento depositato dall’agenzia delle entrate per dimostrare la sussistenza del potere sostitutivo in capo al funzionario che ha sottoscritto l’avviso di accertamento.;
-il motivo è infondato;
-la CGT di secondo grado ha operato sul punto un puntuale accertamento di fatto in ordine alla sussistenza e legittimità della delega in argomento; essa scrive che «l’atto dispositivo 14/2016, già prodotto in primo grado in seno al ricorso r.g. 2483/2016, è stato nuovamente prodotto in questo grado d’appello, e poiché ‘nel processo tributario, le parti possono produrre in appello nuovi documenti, anche ove gli stessi comportino un ampliamento della materia del contendere e siano preesistenti al giudizio di primo grado, purché ciò avvenga, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio nei confronti delle altre parti, entro il termine di decadenza di cui al d. Lgs. n. 546 del 1992, art. 32’ (v. Cassazione civ., sez. trib., 29/07/2021, n. 21741), il Collegio è legittimato ad esaminare
tale documento e ad accogliere l’appello anche con riferimento al ricorso r.g. 3818/2016, tenuto conto che dall’esame dell’atto dispositivo 14/2016 emerge che il dott. COGNOME Giuseppe è stato regolarmente delegato, quale Capo team area imprese, alla sottoscrizione degli atti di contestazione fino al valore di euro 50.000,00 (v. Allegato C all’atto dispositivo 14/2016)»;
-quanto alla motivazione delle risultanze di tale accertamento, la stessa, come si evince dalla chiara affermazione resa ut supra , è del tutto idonea a rendere manifeste le ragioni che hanno condotto a decisione, ponendosi nel suo contenuto ben al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’ (Cass. Sez. Un. Sent. N. 8053 del 2014);
-il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 3 c.p.c., lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la CTR della Sicilia omesso di verificare se l’Agenzia delle Entrate controparte avesse fornito la prova della legittimità e della fondatezza della pretesa erariale contenuta nell’avviso di accertamento prima di richiedere all’istante la prova del contrario e per avere del tutto ignorato le argomentazioni di parte privata;
-il motivo è inammissibile;
-esso, infatti, articola nel concreto in pure doglianze di merito, con le quali si chiede in sostanza una rivalutazione del materiale probatorio in atti;
-il terzo motivo, proposto i n relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. si duole dell’ omesso esame, da parte della sentenza impugnata dell’eccezione di parte privata che denunciava la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento; il motivo in argomento -poiché ad esso strettamente connesso logicamente e giuridicamente -può esaminarsi congiuntamente con il quarto motivo che si incentra -ex art. 360, comma 1, n.
3 c.p.c. sulla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 56 del D.P.R. n. 633/72 e sull’omessa motivazione dell’avviso di accertamento;
-con riguardo all’omessa pronuncia in relazione al difetto di motivazione, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, non occorrendo specifica argomentazione in proposito; nel qual caso è sufficiente quella motivazione che fornisca una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 6 dicembre 2017, n. 29191). L’accoglimento nel merito della pretesa dell’Ufficio comporta, nella specie, rigetto implicito delle questioni pregiudiziali, tra cui quella indicata nel motivo in argomento;
-in ogni caso, poi, l’aver il contribuente spiegato ampie difese anche nei gradi di merito fa concludere per l’idoneità della motivazione dell’avviso di accertamento;
-il quinto motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. deduce l’omesso esame e decisione sulla eccezione di parte privata che denunciava la illegittima ed erronea irrogazione delle sanzioni;
-il motivo è infondato;
-come si evince dalla lettura dell’avviso di accertamento, a pag. 15 l’Ufficio illustra il calcolo della sanzione e la connessa irrogazione della sanzione più mite derivante dall’applicazione, in luogo del c.d. ‘cumulo materiale’ del ‘cumulo giuridico’, concretamente e correttamente applicato alla fattispecie;
-inoltre, come si desume dalla lettura dell’atto di contestazione, lo stesso è riferito ad altre violazioni, quali l’irregolare tenuta della contabilità e l’omessa comunicazione telematica dei dati iva; pertanto, non vi è stata alcuna duplicazione nella irrogazione delle sanzioni;
-il sesto motivo, proposto ex art. 360, comma 1, n. 3, si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in quanto la C.G.T. di II grado ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese legali;
-all’esito della decisione in ordine ai motivi che precedono, il motivo in argomento è assorbito ed è, comunque, infondato, avendo il giudice d’appello applicato la regola della soccombenza;
-conclusivamente, il ricorso va rigettato;
-le spese sono regolate dalla soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna le parti ricorrenti in solido tra di loro al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 10.000,00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei contribuenti ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2025.