Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7605 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Irpef, Irap e Iva 2003 d’ufficio ex art. 41 del
c.d. accertamento d.P.R. n. 600/73
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7605 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 11010 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso , dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso la cancelleria della Corte di cassazione, Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore ;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 2817/22/2021, depositata in data 25 ottobre 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti d ell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 3370/03/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ammi nistrazione aveva contestato nei confronti di quest’ultima, per il 20 03, ai sensi degli artt. 41, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 e 55, comma 1, del d.P.R. n. 633/72, un maggior reddito di impresa, ai fini Irpef, Irap e Iva.
E’ rimasta intimata l’Agenzia delle entrate .
Il Consigliere delegato ha depositato in data 8.6.2023 proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
1.Va preliminarmente osservato che la proposta di definizione accelerata depositata in data 8.6.2023 – che costituisce atto endo-processuale di carattere non definitorio, esplicitandosi in essa una mera comunicazione della Corte alle parti – è stata resa in violazione del contraddittorio, poiché espressa quando nel giudizio non erano presenti, non per loro colpa ma legittimamente, tutte le parti che avevano diritto di prendervi parte; va fatta, pertanto, applicazione del seguente principio di diritto: ‘ Nel procedimento per la decisione accelerata dei
ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, la proposta sintetica di definizione del giudizio, che sia stata depositata anteriormente alla scadenza del termine per la costituzione del controricorrente, è priva di effetti processuali e va revocata, in quanto resa in violazione del contraddittorio, con la conseguenza che la controversia va decisa dal Collegio ex art. 380-bis.1 c.p.c., senza che sussistano i presupposti, nel caso di rigetto del ricorso, per l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c . ‘ (Cass. sez. 5 n. 26705 del 2024). Il giudizio ne resta indenne dovendosi la proposta in argomento considerare come inutiliter data ; ne consegue la necessità di esaminare i motivi di ricorso.
2 .Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., ‘ per vizio di carenza di motivazione e falsa applicazione di norme di diritto per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ‘ per avere la CTR, con una motivazione scarna, se non totalmente priva di motivazione logico-giuridica, confermato erroneamente la legittimità di un accertamento induttivo extracontabile – emesso sulla base degli artt. 39 del d.PR n. 600/73 e 55 del DPR n. 633/72 – avvalendosi, in mancanza della presentazione della dichiarazione dei redditi per il 2003, di presunzioni c.d. super-semplici (prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza invece richieste dal richiamato art. 38, comma 3, del d.P.R. n. 600/73), quali i ricarichi applicati dalla contribuente nei precedenti anni di imposta, senza tenere conto, in violazione dell’art. 2697 c.c. e dei principi di legalità e di capacità contributiva, delle circostanze concrete documentate dalla contribuente (cessazione dell’attività di impresa alla fine del 2003 per difficoltà nella gestione della stessa ; vendita della merce in giacenza in magazzino ad un costo di realizzo inferiore a quello di acquisto in ragione delle difficoltà economiche sopravvenute; particolare deperibilità della merce -generi alimentarioggetto dell’attività esercitata). In particolare, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe confermato la validità dell’avviso di accertamento in questione sebbene viziato sotto il profilo motivazionale (in vi olazione dell’art. 7 della legge 212/2000) e della violazione del divieto di doppia presunzione. Peraltro, in caso di accertamento sintetico ex
art. 38 del d.P.R. n. 600/73, l’Amministrazione avrebbe dovuto fondare la ricostruzione dei ricavi (in caso di incompletezza, la falsità e l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione) sulla base di presunzioni semplici, dotate dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, lì dove, nella specie, l’accertamento era stato basato su presunzioni c.d. super -semplici senza alcuna considerazione degli elementi presuntivi di eguale natura offerti, a contrario , dalla contribuente.
3 . Con il secondo motivo si denuncia ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/73 e dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. per vizio di carenza di motivazione e falsa applicazione di norme di diritto e per violazione e falsa applicazione dell’art.132 c.p.c. ‘ per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione, limitandosi a motivare per relationem con riferimento a quanto statuito dal giudice di primo grado, senza indicare le ragioni della conferma in relazione ai proposti motivi di impugnazione e, in particolare, senza esplicitare i motivi per discostarsi dalle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio .
3.I motivi- da trattare congiuntamente per connessione- si espongono a profili di inammissibilità.
3.1.In primo luogo, in entrambi i motivi, vengono cumulati indistintamente vizi eterogenei ( di violazione di legge, di omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio e di carenza motivazionale) dando luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione, richiedendo un inesigibile intervento della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio dedotto; occorre ribadire, al riguardo, l’orientamento secondo il quale nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass. n. 18021 del 14.09.2016; Cass., sez. 5, n. 20690 del 2023).
3.2.Posto quanto sopra, il primo motivo nella parte in cui denuncia una violazione di legge (peraltro, senza indicare in rubrica le norme che si assumono specificamente violate) non coglie la ratio decidendi atteso che il giudice di appello, lungi dal confermare- come sostenuto dalla ricorrente- la validità di un accertamento sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600/73 né tantomeno di una rettifica del reddito di impresa eseguita ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/73, ha chiaramente ricondotto l’operato dell’Amministrazione, nel caso di specie, alla fattispecie disciplinata, stante l ‘ omessa dichiarazione dei redditi da parte della contribuente, dall’art. 41, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 ai sensi del quale « l’ufficio determina il reddito complessivo del contribuente, e in quanto possibile i singoli redditi delle persone fisiche soggetti all’imposta locale sui redditi, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui al terzo comma dell’art. 38 e di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze della dichiarazione, se presentata, e dalle eventuali scritture contabili del contribuente ancorche’ regolarmente tenute ».
3.3.Al riguardo, alla luce dell’intervento del Giudice delle leggi (sentenza n. 225/2005), questa Corte ha avuto modo di statuire che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, i cui poteri trovano fondamento non già nell’art. 38 (accertamento sintetico) o nell’art. 39 (accertamento induttivo), bensì nell’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (cd. accertamento d’ufficio ), può ricorrere a presunzioni cd. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, ma deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, pena la lesione del parametro costituzionale della capacità contributiva, senza che possano operare le limitazioni previste dall’art. 75 (ora 109) del d.P.R. n. 917 del 1986 in tema di accertamento dei costi, disciplinando tale norma la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente (cfr. Cass. 5, n. 1506/2017, ma già anche Cass. 5, n. 3995/09; Sez. 5, Sent. n. 1506 del
20/01/2017; Cass. Sez. 5, Ord. n. 2581 del 04/02/2021). Sicché, quanto all’accertamento globalmente induttivo del reddito d’impresa, vale sempre la regola che il fisco deve ricostruire il reddito, tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinandole induttivamente e/o presuntivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva, venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto (Cass. 6-5, n. 26748/2018; Cass. 5, n. 23314/2013; Cass. V, n. 13119/ 2020; conf. Circ. AdE, n. 9/E/2015, §2). Peraltro, la Consulta è intervenuta anche di recente, estendendo i principi di cui alla precedente pronuncia n. n. 225/2005, in virtù d’interpretazione costituzionalmente orientata, riguardo alla necessità di deduzione forfettaria di costi anche in relazione ad accertamento analitico -induttivo supportato da indagini bancarie (cfr. Corte cost. n. 10/2023; da ultimo, Cass. sez. 5, n. Sez. 5, Ordinanza n. 10192 del 2023; Sez. 5, Ordinanza n. 5267 del 2024). Inoltre, questa Corte ha precisato che, in caso di ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo ‘puro’ l’Am ministrazione può prescindere anche solo ‘in parte’ dalle scritture contabili e dal bilancio. Né è richiesta alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, purché la ricostruzione avvenga sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva (Cass. n. 1506/2017; Cass. n. 19191 del 2019; Sez. 5, Sentenza n. 16528 del 13/06/2024).
3.4.Nella sentenza impugnata la CTR, in ossequio ai suddetti principi, ha ritenuto che, stante la mancata presentazione della dichiarazione da parte della contribuente, l’Amministrazione aveva correttamente proceduto all’accertamento, per il 2003, del maggior reddito d’impresa della contribuente ai fini Irpef, Irap e Iva, non già ai se nsi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/73 ma ai sensi degli artt. 41, comma 2, del DPR n. 600/73 (e 55, comma 1, del DPR n. 633/72 ai fini Iva), avvalendosi di elementi presuntivi super-semplici (ricavi dichiarati dalla contribuente e percentuale di ricarico applicata dalla medesima
nei precedenti anni di imposta) e tenendo conto anche delle componenti negative emerse dall’accertamento compiuto (quote di ammortamento dei beni strumentali rilevate dal registro dei beni ammortizzabili e costo dei beni strumentali inferiore a euro 516,46); a fonte di tale contestazione, il giudice di appello ha ritenuto – con un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità non superate le presunzioni dell’Ufficio da validi argomenti a contrario prodotti dalla contribuente avendo quest’ultima formulato, al riguardo, rilievi generici e, dunque, insufficienti.
3.5.Quanto alla (sub) censura mossa con il primo motivo di ricorso in ordine ad un assunto vizio di motivazione (per violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000) dell’a vviso di accertamento in questione e ad una nullità dello stesso per violazione del divieto di doppia presunzione, la stessa, da un lato, si risolve inammissibilmente nella sola critica dell’atto impositivo (v. ex plurimis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6134 del 13/03/2009; Sez. 5, Sentenza n. 841 del 17/01/2014), e, dall’altro, la ricorrente non ha assolto, in punto di autosufficienza, all’onere di riportare in ricorso, nelle parti rilevanti, il contenuto degli atti difensivi dei gradi di merito (ricorso e appello) in ordine alle dette eccezioni onde consentire a questa Corte di verificare gli esatti termini della questione e di averne la completa cognizione al fine di valutare la fondatezza delle censure; invero, il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa ( ex multis , Cass. n. 7825 e n. 12688 del 2006; Cass. n. 14784 del 2015; Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18679 del 27/07/2017 Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 17881 del 2021); e ciò anche in conformità al principio statuito, di recente, dalle Sezioni Unite della Corte secondo cui «Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e
altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito» (Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950; v. da ultimo Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2703 del 2024). Il che, in ultima analisi, implica che, modulando il principio di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione ex art. 366, comma 1, nn. 3 e 6, cod. proc. civ. (alla cui stregua il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa) in conformità alle indicazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo e, dunque, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, occorre pur sempre che all’interno del ricorso siano richiamati, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, gli atti ed i documenti sottesi alle censure svolte (Cass, Sez. 3, 14.3.2022, n. 81:17, Rv. 664252-01), non essendo sufficiente a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione (fondato sulla idoneità del contenuto delle censure a consentire la decisione), il rinvio – in assenza di (trascrizione integrale o parziale ovvero, quantomeno, di tale) sintesi contenutistica – agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte (Cass., Sez. 1, 1.3.2022, n. 6769, Rv. 664103-01; Cass. sez. 5, sentenza n. 26007 del 2022).
3.6.Il primo motivo nella parte in cui denuncia un omesso esame di un fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. , la (sub) censura è inammissibile atteso che il vizio specifico denunciabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., così come riformulato dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella I. 7 agosto 2012, n. 134, richiede che il fatto asseritamente omesso sia un fatto storico, con la conseguenza che, a tali fini, non costituiscono fatti le deduzioni difensive e gli elementi istruttori (cfr. Cass., ord., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass. sez. 5, n. 18710 del 2022 tra le
stesse parti). Sotto altro aspetto si osserva che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo, per le ragioni suindicate ad un vizio inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892); nella specie, la ricorrente, nel denunciare il vizio ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., non ha assolto all’onere di dedurre l’omesso esame di un ‘fatto storico’, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, ma mira, in realtà, sotto l’apparente vizio dell’omesso esame di un fatto decisivo, ad ottenere una “revisione” del giudizio di merito, con particolare riguardo alla valutazione delle prove difensive dalla stessa dedotte.
3.7.Infine, la censura di motivazione apparente -prospettata altresì nel primo motivo di ricorso ma sviluppata nel secondo motivo di ricorso -è infondata. Premesso che, come precisato da questa Corte, «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 25456 del 2018; n. 22949 del 2018; Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021), nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata non concreta né una motivazione apparente né tantomeno una motivazione meramente per relationem atteso che la CTR, dopo avere dato atto delle doglianze proposte dalla contribuente nei gradi di merito, ha espresso chiaramente – nei termini sopra già precisati (punto n. 3.4) – le ragioni della conferma della decisione di primo grado, tenuto conto dei motivi proposti. Né il giudice del merito deve dare conto di ogni allegazione, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti non espressamente
esaminati (Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. 6-1, 17 maggio 2013, n. 12123).
4.In conclusione, il ricorso va rigettato.
5.Nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta intimata l’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, così deciso il 28 febbraio 2025