Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21444 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21444 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
Oggetto: omessa dichiarazione – accertamento d’ufficio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13584/2016 R.G. proposto da COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, nello studio de ll’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL), dal quale è rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso -ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio – Roma, depositata in data 1° dicembre 2015, n. 6369/38/15; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
Dall’esposizione in fatto operata dalla sentenza impugnata e dagli atti RAGIONE_SOCIALE parti, emerge che NOME COGNOME riceveva in data 30 settembre 2011, su sua richiesta inoltrata all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , copia di un avviso di accertamento riferito all’anno di imposta 2005 e di cui sarebbe fortuitamente venuto a conoscenza.
Con tale avviso, rilevata la omessa dichiarazione dei redditi da parte del contribuente, l’ufficio recuperava a tassazione somme a titolo di Irpef, Irap, Iva e sanzioni accessorie.
Dalla documentazione messa a disposizione dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, emergeva un tentativo di notifica dell’avviso nel mese di luglio 2010, non andato a buon fine essendo stato effettuato a Pomezia, INDIRIZZO, mentre l’esponente era domicilia to in INDIRIZZO.
Tale avviso veniva impugnato innanzi alla CTP di Roma il 17 novembre 2011, facendo valere una serie di vizi, tra i quali -per quanto qui ancora interessa -l’inesistenza o la nullità della notificazione, il mancato riconoscimento di una percentuale di costi deducibili legati all’attività di lavoro autonomo esercitata dal ricorrente e l’infondatezza dell’avviso di accertamento nella parte in cui si contestava l’omesso versamento IRAP per l’anno 2005.
La CTP dichiarava il ricorso inammissibile, osservando che dalla relata di notifica risultava che l’avviso fosse stato immesso nella cassetta postale in INDIRIZZO, luogo di domicilio del contribuente, con conseguente tardività della proposizione del ricorso.
Contro questa sentenza il contribuente proponeva appello e la CTR, rilevando che l’RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto in giudizio copia del solo frontespizio (senza la parte retrostante) dell’avviso di ricevimento della sola raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito presso la casa comunale, da un lato dichiarava la nullità della notifica dell’avviso di accertamento, dall’altro lato
riteneva tale nullità sanata per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo, applicando il principio di cui all’articolo 156, comma 3, c.p.c.
Dichiarava dunque ammissibile il ricorso presentato dal contribuente ma, nel merito, lo riteneva non fondato.
Contro questa statuizione, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo strumento di impugnazione è proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., e con esso si denuncia la violazione dell’art. 156, comma 3, c.p.c.
Il motivo di ricorso si articola in tre profili.
In primo luogo, il ricorrente contesta l’applicabilità agli avvisi di accertamento del principio di sanatoria RAGIONE_SOCIALE nullità per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo, di cui all’art. 156, comma 3, c.p.c. (pagg. 7-8 del ricorso)
In secondo luogo, deduce che il raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo non si sarebbe affatto realizzato, potendo essere configurabile solo in caso di tempestiva impugnazione dell’atto (pagg. 9-10).
Infine, la sanatoria potrebbe operare solo in presenza di un atto nullo e non anche di un atto inesistente, come dedotto nella specie con riferimento all’effettuazione di un tentativo di notifica in un luogo privo di qualsiasi collegamento con il contribuente (pagg. 10-11 del ricorso).
Il motivo è complessivamente infondato.
2.1. Nella giurisprudenza di legittimità, infatti, si è ormai stabilizzato l’indirizzo (tra le ultime, Sez. 5, Ordinanza n. 1156 del 17/01/2019, rv. 652199-01) secondo cui la natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi
nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù dell’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, RAGIONE_SOCIALE norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime RAGIONE_SOCIALE nullità e RAGIONE_SOCIALE sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.
In particolare, la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo (Sez. 5, Sentenza n. 654 del 15/01/2014).
2.2. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento RAGIONE_SOCIALE scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento (Sez. U, Sentenza n. 19854 del 05/10/2004; conf. Sez. 5, Sentenza n. 2272 del 31/01/2011).
Dalla sentenza impugnata emerge che l’avviso di accertamento di cui si tratta era relativo all’anno d’imposta 2005, che la notificazione viziata sarebbe avvenuta in data 22 luglio 2010 e che il ricorso sarebbe stato presentato in data 17 novembre 2011, dunque entro il quinquennio entro il quale l’Amministrazione avrebbe potuto esercitare il potere impositivo.
Ne deriva che correttamente la CTR ha deciso nel senso della sanatoria della nullità della notifica per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo, negato appunto dal contribuente, non essendo medio tempore maturata la decadenza a carico dell’Amministrazione finanziaria.
2.3. Infine, è senz’altro vero che l’inesistenza della notificazione non è sanabile per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo (Sez. 5, Sentenza n. 31085 del 20/10/2022, Rv. 666088-01), ma tale radicale vizio è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere
riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal moRAGIONE_SOCIALE legale nella categoria della nullità, sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo (Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016; Sez. 5, Sentenza n. 21865 del 28/10/2016, Sez. 5, Sentenza n. 384 del 13/01/2016).
In particolare, rientra nella categoria della nullità il vizio relativo all’individuazione del luogo di esecuzione, che, come tale, risulta sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo (Sez. 5, Sentenza n. 21865 del 28/10/2016, Rv. 641550-01).
L’inesistenza, del resto, sussiste solo in caso di totale mancanza di collegamento tra il luogo in cui essa è effettuata e il destinatario, mentre è nulla quando essa, nonostante l’inosservanza di formalità e di disposizioni di legge, sia, comunque, avvenuta in un luogo avente un qualche riferimento con il destinatario della notificazione (Sez. 5, Sentenza n. 28285 del 18/12/2013, rv. 629576-01).
2.3.1. Non sposta i termini del problema il nuovo art. 7-sexies della legge n. 212 del 2000, inserito dall’art. 1, comma 1, lett. g), del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, visto che, come riconosciuto nella memoria illustrativa dallo stesso contribuente, esso conferisce veste legislativa ai principi in precedenza illustrati.
2.4. Nel caso di specie, il ricorrente ha affermato (pag. 11) di aver dedotto nell’atto di appello – non allegato al ricorso per cassazione che il suo domicilio fiscale era nel comune di Pomezia (Roma) in INDIRIZZO, INDIRIZZO, luogo in cui conviveva con la madre, mentre il tentativo di notifica sarebbe avvenuto nel medesimo Comune, e nella medesima via, ma al numero INDIRIZZO, luogo ‘non avente alcuna attinenza’ con il contribuente.
La CTR, sul punto della notificazione dell’avviso, ha affermato che la documentazione prodotta dall’Ufficio, riguardante la notifica dell’avviso di accertamento, non risultava ‘sufficiente, mancando agli atti, come fatto rilevare dal contribuente, la copia del retro dell’avviso di ricevimento riferito all’invio della raccomandata contenente l’atto’.
La CTR ha dunque rilevato la nullità della notifica per mancata produzione dell’avviso di ricevimento, non anche per il fatto che la notifica sarebbe stata tentata in luogo privo di alcun collegamento con il contribuente.
Nel qualificare il vizio come nullità, come tale sanabile, ha dunque escluso, implicitamente, che essa potesse essere inesistente, sulla base della discrasia – che il ricorrente asserisce aver dedotto nell’atto di appello – tra il frontespizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la ‘comunicazione di avvenuto deposito’ presso la casa comunale (sulla quale sarebbe stato indicato l’indirizzo corretto) e la copia della raccomandata contenente l’avviso di accertamento (sulla cui prima pagina sarebbe stato indicato l’indirizzo errato).
2.4.1. In mancanza della produzione, in allegato al ricorso per cassazione, dell’atto di appello e della documentazione in esso asseritamente indicata, l’affermazione del ricorrente costituisce un mero flatus vocis , peraltro in contrasto con l’accertamento di fatto relativo alla notifica contenuto nella sentenza impugnata, che impedisce a questa Corte una verifica diretta della documentazione versata nel giudizio di merito, non avendo il ricorrente articolato l’unica censura che ciò avrebbe consentito, ossia l’omessa pronuncia sull’eccezione come innanzi illustrata.
Come ribadito da Sez. L, Ordinanza n. 29952 del 13/10/2022 (rv. 665822-01), l’omessa pronuncia su una eccezione ritualmente introdotta in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo , ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità (in tal caso giudice anche del fatto processuale) di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello.
3. Il secondo motivo è proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, e con esso si denuncia la violazione dell’art. 41, commi 1 e 2, del d.P .R. n. 600 del 1973, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione e in relazione all’art. 2967 c.p.c. e all’art. 112 c.p.c.
Il motivo è fondato.
5. La sentenza impugnata ha affermato (pag. 3) che, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, il potere-dovere dell’amministrazione è disciplinato dall’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, che consente all’ufficio impositore di determinare il reddito complessivo del contribuente utilizzando qualsiasi elemento probatorio e ricorrendo al metodo induttivo, avvalendosi anche di presunzioni c.d. supersemplici, che determinano un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’ufficio, aggiungendo che tale prova non è stata fornita dal contribuente.
6. È senz’altro vero che, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, i cui poteri trovano fondamento non già nell’art. 38 (accertamento sintetico) o nell’art. 39 (accertamento induttivo), bensì nell’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (c.d. accertamento d’ufficio), può ricorrere a presunzioni c.d. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.
Tuttavia, questa Corte (tra le ultime, Sez. 5, Ordinanza n. 2581 del 04/02/2021, Rv. 660477-01), ha precisato che l’Amministrazione finanziaria deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, senza che possano operare le limitazioni previste dall’art. 75 (ora 109) del d.P.R. n. 917 del 1986 in tema di accertamento dei costi, disciplinando tale norma la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente. L’Amministrazione finanziaria deve, quindi,
ricostruire il reddito del contribuente tenendo conto anche RAGIONE_SOCIALE componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinarle induttivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto.
Nell’omettere tale passaggio nel percorso argomentativo che ha portato alla decisione, la RAGIONE_SOCIALE non ha correttamente applicato la normativa di riferimento, come denunciato dal ricorrente nell’articolare apposito motivo di ricorso, che dunque deve essere, in parte qua , accolto.
Nessuna censura, invece, è stata proposta dal ricorrente sul capo della sentenza della CTR che ha rigettato l’appello in ordine alla ripresa fiscale relativa all’omesso versamento dell’Irap per l’anno 2005, che deve dunque considerarsi passato in giudicato.
Rigettato il primo motivo, accolto il secondo, la sentenza va cassata con rinvio al giudice d’appello che, in diversa composizione, rinnoverà il giudizio nei limiti innanzi indicati, attenendosi al principio enunciato.
PQM
Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio-Roma, in diversa