Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7130 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7130 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
Avvisi di accertamento connessi-Pregiudizialità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18488/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato, dalla quale è difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
– controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Emilia -Romagna n. 34/2016 pubblicata in data 15 gennaio 2016, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella udienza pubblica del 4/03/2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME udito il PM, in persona del sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l ‘accoglimento del secondo motivo del ricorso, assorbito il primo; udito l’avv. NOME COGNOME per l’Avvocatura generale dello Stato;
udito l’avv. NOME COGNOME per la società contribuente.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. THL03M100654/2012 per l’anno di imposta 2008 con il quale recuperava a tassazione la perdita dichiarata nell’anno di imposta 2007 e detratta nel 2008, ciò a seguito dell’azzeramento di tale perdita conseguente ad altro avviso di accertamento notificato per l’anno 2007 e con il quale erano stati recuperati maggiori ricavi.
La Commissione tributaria provinciale di Parma, preso atto della decisione della medesima Commissione n. 1 del 2013, accoglieva il ricorso compensando le spese di giudizio.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna rigettava l’appello erariale; in particolare evidenziava che l’avviso impugnato era nullo nella sua essenza in quanto «la quantificazione delle dovute rettifiche doveva essere posticipata al momento in cui le riprese a tassazione per l’anno 2007 fossero passate in giudicato, evidenziando quindi che sarebbe stata cura dell’Agenzia a tempo debito nel rispetto dei termini di prescrizione e decadenza emettere gli appositi avvisi in relazione alle rettifiche da operare per l’anno 2008 sulla base del giudicato che via via andrà a concretizzarsi», paventando
una eventuale duplicazione di imposta quale conseguenza del mancato coordinamento degli esiti del giudizio avverso i due avvisi.
Contro tale decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi.
La società resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Il ricorso è stato fissato per l ‘udienza pubblica del 4 marzo 2025 per la quale il PM ha depositato memoria con cui ha chiesto accogliersi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente respinta l’istanza di riunione del presente giudizio a quelli iscritti al n. 18487/2016 e 18489/2016, relativo quest’ultimo all’anno 2007, alla luce della trattazione contestuale all’udienza del 4 marzo 2025.
Ancora in via preliminare occorre osservare, in relazione alla generica eccezione proposta dalla società controricorrente, che il ricorso è stato tempestivamente proposto entro il cd. termine lungo di sei mesi ai sensi dell’ art. 327 c.p.c. (la sentenza è stata pubblicata in data 15/01/2016 e il ricorso avviato alla notifica il 15/07/2016).
Appare pacifico in fatto che con l’ avviso di accertamento relativo al 2007 l’ Agenzia abbia effettuato delle riprese che hanno ridotto le perdite di quell’anno; con l’avviso di accertamento relativo al 2008, oggetto del presente contenzioso, ha recuperato le perdite riportate in tale ultimo anno, da ritenersi inesistenti in base al primo accertamento.
La CTP ha annullato l’avviso in questione in base all’esito del parallelo giudizio sull’avviso di accertamento relativo al 2007.
La CTR ha confermato la decisione ritenendo però che l’avviso fosse prematuro e «nullo nella sua essenza» poiché l’amministrazione doveva attendere l’esito del giudicato sul primo avviso, nel rispetto del termine di decadenza, ponendosi altrimenti un rischio di duplicazione
di imposta, in caso di mancato coordinamento degli esiti delle due impugnazioni.
2.1. La sentenza è oggetto di due motivi di ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dei disposti di cui agli artt. 32, 39, 40 e 43 del d.P.R. n. 600 del 1973; deduce la erroneità della decisione laddove ha ritenuto che in pendenza del giudizio sull’avviso di accertamento presupposto per l’anno di imposta 2007 l’amministrazione non potesse emettere l’avviso per l’anno 2008 e che quindi questo fosse «prematuro» dovendo l’amministrazione attendere il passaggio in giudicato del primo; evidenzia che il rischio di duplicazione di imposta viene scongiurato in sede di riscossione.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la ricorrente deduce la violazione dell’art. 295 c.p.c. in relazione all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 29 del medesimo decreto legislativo.
Il primo motivo è fondato.
La pregiudizialità logico-giuridica dell’accertamento relativo all’anno di imposta 2007 , oggetto del separato contenzioso esaminato nella medesima udienza, non precludeva infatti all’amministrazione il potere di emettere il conseguenziale avviso di accertamento relativo al 2008, potere del resto da esercitare necessariamente entro il termine di decadenza previsto dall’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e a prescindere dall ‘ impugnazione o meno del primo.
Né in casi siffatti, cioè in presenza di un rapporto di pregiudizialità tra due accertamenti, appare sussistere un rischio di duplicazione di imposta.
Vale sul punto il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui in tema di contenzioso tributario, l’esito favorevole del giudizio promosso dal contribuente avverso l’atto presupposto integra un fatto estintivo della pretesa tributaria che si ripercuote sugli atti presupponenti, poiché tali atti restano privi di titolo giustificativo per mancanza sopravvenuta dell’obbligazione tributaria, anche se su di essi sia intervenuto, per il contribuente, un giudicato sfavorevole, il quale rimane travolto in virtù dell’effetto espansivo esterno ex art. 336 c.p.c. (Cass 30/11/2023, n. 33245; analogamente Cass. 14/12/2021, n. 39817, per il caso di rapporto tra accertamento nei confronti di società di persone e accertamento nei confronti del socio; Cass. 16/07/2014, n. 16294, per il caso di annullamento dell’accertamento nei confronti di società di capitali a ristretta base e conseguenze sull’avviso nei confronti del socio per i redditi di capitale). Inoltre, Cass . 28/11/2018, n. 30775 e Cass. 13/01/2017, n. 718 hanno applicato il principio anche ai rapporti tra accertamento e iscrizione a ruolo.
Non incide su tale conclusione il fatto dedotto dalla società, sia nel controricorso che nella memoria, che si sia in pendenza di un accertamento di natura esecutiva, dovendo provvedere l’Ufficio attraverso gli atti rideterminativi previsti dall’art. 29, comma 1, lett.a), del d.l. n.78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, circostanza che non preclude al giudice la rideterminazione del quantum preteso in conseguenza dell’annullamento parziale dell’atto impugnato e non pregiudica gli effetti del giudicato.
4. Il secondo motivo è inammissibile in quanto la ratio decidendi della CTR (a differenza di quanto ritenuto dalla CTP, come sopra evidenziato) non è di carattere processuale ma sostanziale e si fonda sulla preclusione all’emissione di un avviso di accertamento dipendente dagli esiti di altro accertamento.
Concludendo, il primo motivo del ricorso va accolto, dichiarato inammissibile il secondo.
La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia-Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame della fattispecie. Alla Corte di secondo grado è altresì rimessa la regolazione delle spese di lite anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiarato inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘ Emilia-Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame della fattispecie, cui demanda altresì di provvedere sulle spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 4 marzo 2025.