Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18319 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18319 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
Oggetto: IRES ed IVA 2006 Accertamento ex artt. 43 d.P.R. 600/1973 e 51 d.P.R. 633/1972 -Conti correnti intestati a terzi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25640/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , già rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, da ll’ Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, Sezione Staccata di Latina, n. 1132/18/2021, depositata in data 24 febbraio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate di Latina notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale
recuperava a tassazione, ai fini IRES ed IVA, per l’anno di imposta 2006, maggiori ricavi non dichiarati (pari ad Euro 1.002.602,56), sulla base degli esiti di indagini finanziarie sui conti correnti intestati a NOME COGNOME padre di NOME COGNOME (amministratore e socio al 60% della società).
La società impugnava l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Latina, evidenziando che NOME COGNOME svolgeva autonoma attività d’impresa agricola; la CTP accoglieva il ricorso evidenziando che le conclusioni dell’Ufficio circa la riferibilità di tutte le movimentazioni bancarie all’attività della società non potevano essere condivise, proprio alla luce dello svolgimento di una propria attività da parte di NOME COGNOME.
Interposto gravame dall ‘Ufficio , la Commissione tributaria regionale del Lazio, Sezione Staccata di Latina, rigettava l’appello , ritenendo incombente sull’Agenzia l’onere della prova della sostanziale riferibilità al contribuente dei conti correnti intestati a terzi.
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale l’Ufficio propose ricorso per cassazione, affidato a due motivi:
violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 600/1973, 51, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 633/1972, degli artt. 2697, 2727 e ss. cod. civ., e 5 del d. lgs. n. 446/1997, anche in riferimento all’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere, riguardo al fondamento dell’accertamento su indagini bancarie effettuate su conti correnti appartenenti al padre convivente del socio di maggioranza (titolare quest’ultimo del 60% del capitale sociale) ed amministratore della società, da un lato affermato che fosse «comunque onere dell’amministrazione fornire la prova, anche tramite presunzioni, della natura fittizia dell’intestazione e della loro sostanziale riferibilità al contribuente accertato dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati», dall’altro ritenendo che la contribuente avesse «offerto prova contraria
adeguata per superare la presunzione iuris tantum offerta dall’Ufficio finanziario»;
b) violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per essere la sentenza impugnata incorsa in difetto assoluto di motivazione quanto alla sufficienza della prova che la contribuente avrebbe offerto per superare la presunzione legale posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600/1973 e 51 del d.P.R. n. 633/1972.
Questa Corte, con ordinanza n. 22224/2018, depositata il 12/09/2018, accoglieva il primo motivo di ricorso (ritenuto manifestamente fondato), rigettando il secondo.
In particolare, affermava che: « 3.1. La pronuncia impugnata, statuendo nei termini sopra indicati, si è posta, infatti, in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte per cui, in tema di accertamenti fiscali, tanto in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600/1973, quanto in materia di IVA, ex art. 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633/1972 le rispettive presunzioni ivi stabilite secondo cui le movimentazioni sui conti bancari risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio si presumono conseguenza di operazioni imponibili, operano anche in relazione alle società di capitali con riferimento alle somme di denaro movimentate sui conti intestati ai soci o ai loro congiunti, conti che debbono ritenersi riferibili alla società contribuente stessa, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari soggetti a verifica, risultando, in tal caso, particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci e dei loro familiari debbano, in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario, ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20851; Cass. sez. 5, 11 marzo 2016, n. 4788; Cass. sez. 5, 12 giugno 2015, n. 12276; Cass. sez. 5, 14 gennaio 2015, n. 428; Cass. sez. 5, 18 dicembre
2014, n. 26829). 3.2. Nel caso di specie, in presenza della ricorrenza congiunta di tutti i suddetti elementi sintomatici, società a ristretta base, costituita da soli due soci, conto intestato a padre convivente del socio di maggioranza ed amministratore della società, movimentazioni bancarie su detto conto assolutamente incompatibili con i dati relativi alle dichiarazioni del soggetto terzo titolare di autonoma ditta individuale agricola, la sentenza impugnata ha escluso che detti elementi potessero integrare la presunzione (legale) relativa di cui alle citate disposizioni di legge sulla base del dato relativo all’estraneità di rapporti familiari tra l’altro socio ed il padre dell’amministratore della società, dall’altro ha comunque inteso affermare la sufficienza di quella che sarebbe stata la prova contraria offerta dalla contribuente, sebbene a tal fine la giurisprudenza di questa Corte abbia più volte affermato che «non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche causali dell’affluire di somme sui conti bancari, ma è indispensabile che la parte contribuente offra la prova analitica della correlazione di ogni movimentazione a operazioni già risultanti nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse all’attività d’impresa (cfr. le già citate Cass. ord. n. 20851/16; Cass. n. 12276/15; Cass. n. 26829/14) ».
Riassunto il giudizio dalla contribuente, la CTR accoglieva -con la sentenza richiamata in epigrafe -l’appello dell’Ufficio ritenendo non fornita dalla società la prova che ‘i versamenti erano riconducibili al reddito derivante dall’attività agraria svolta dal Sig. COGNOME il cui reddito deve ritenersi comunque non inerente rispetto ai versamenti rilevat i’.
Avverso la decisione della CTR adottata in sede di rinvio la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 21/01/2025.
Con ordinanza n. 4354/2025 questa Corte, preso atto del decesso del difensore della ricorrente e della mancata comunicazione
dell’avviso di fissazione dell’adunanza camerale alla contribuente, disponeva il rinvio a nuovo ruolo.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 5 giugno 2025 (la comunicazione alla società è stata fatta al legale rappresentante NOME COGNOME).
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la «violazione o falsa applicazione de ll’art. 394 cpc » per avere la CTR ‘obliterato di rivalutare alla stregua dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte gli elementi istruttori allegati dalle parti circa la estensione ad ITALGIGLIO delle movimentazioni sul conto bancario intestato al terzo NOMECOGNOME (pag. 1 5 del ricorso). In particolare, la CTR avrebbe fatto applicazione solo di uno dei due principi di diritto affermati dalla Suprema Corte nell’ordinanza di rinvio, ovvero quello ‘attinente la prova contraria analitica posta a carico del contribuente’ (pag. 16).
Il motivo è infondato.
1.1. In ipotesi di cassazione con rinvio, la struttura chiusa del giudizio di rinvio comporta che il giudice di questo è vincolato alle statuizioni della sentenza che lo ha disposto (Cass. 11/10/2024, n. 26545, secondo cui il giudice del rinvio non può prendere in considerazione l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità intervenuta successivamente alla pronuncia rescindente), salva la rilevanza dello ius superveniens che abbia abrogato la disciplina sulla base della quale era stato enunciato il principio di diritto (Cass. 24/12/2024, n. 34382).
1.2. Ciò posto, la CTR ha accolto, in sede di rinvio, il gravame proposto dall’Ufficio , avendo ritenuto che la società non aveva fornito la prova analitica della correlazione tra le movimentazioni bancarie rilevate sul conto corrente del Cesarano e le operazioni espresse nelle dichiarazioni dei redditi dello stesso; in altri termini, non aveva
provato che i versamenti erano riconducibili al reddito derivante dallo svolgimento dell’attività agraria del Cesarano.
1.3. Questa Corte, con l’ordinanza di rinvio, sul presupposto della presenza di tutti gli elementi sintomatici atti a suffragare la presunzione legale (società a ristretta base, costituita da soli due soci, conto intestato a padre convivente del socio di maggioranza ed amministratore della società, movimentazioni bancarie su detto conto assolutamente incompatibili con i dati relativi alle dichiarazioni del soggetto terzo titolare di autonoma ditta individuale agricola), pur a fronte della mancanza di rapporti familiari tra l’altro socio ed il padre dell’amministratore della società, aveva demandato alla CTR la verifica della prova contraria offerta dalla contribuente, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, deve concretarsi in una prova analitica della correlazione di ogni movimentazione a operazioni già risultanti nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse all’attività d’impresa.
1.4. La CTR ha ritenuto detta prova contraria non fornita dalla contribuente; in tal modo, ha fatto applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte nell’ordinanza di rinvio. Nessuna violazione dell’articolo 394 cod. proc. civ. è, quindi, ravvisabile nella specie.
1.5. Sotto altro aspetto deve evidenziarsi che la ricorrente si duole della mancata valutazione, da parte della CTR, di ‘ elementi istruttori allegati dalle parti’ che però nemmeno ha cura di indicare, così rendendo il motivo in esame inammissibile, in quanto generico.
Con il secondo strumento di impugnazione la ricorrente lamenta, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4 cpc. -motivazione apparente» per non avere la CTR fornito motivazione congrua circa la ‘questione della valutazione della prova indiziaria offerta dall’Ufficio in punto di estension e ad ITALGIGLIO delle movimentazioni bancarie intestate al terzo cesarano NOME‘ (pag. 18 del ricorso).
Il motivo è infondato.
2.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/04/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che
viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
2.2. Nella specie non ricorre il vizio lamentato dalla contribuente, tra l’altro riferito alla valutazione della prova indiziaria offerta dall’Ufficio in punto di estensione alla società delle movimentazioni bancarie del conto intestato al Cesarano. In primo luogo, come evidenziato in precedenza, non è tale valutazione che questa Corte aveva demandato alla CTR in sede di rinvio: pacifica la sussistenza della presunzione legale (in presenza di tutti gli elementi sintomatici), il novum iudicium doveva incentrarsi sulla prova contraria offerta dalla contribuente. Sul punto la sentenza è sorretta da una motivazione ( supra riportata), per quanto sintetica, sicuramente idonea a disvelare l’ iter logico-giuridico seguito.
Con il terzo strumento di impugnazione la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione o falsa applicazione degli artt. 32 1 nr.2) dpr 600/1973 e 51 2 nr. 2) dpr 633/1972 in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2728 c.c.» per avere la CTR ritenuto sussistente una società a ristretta base solo in virtù dell’esiguo numero dei soci, mentre lo stesso Ufficio aveva escluso ‘una sostanziale sovrapposizione tra interessi personali e societari’ (pag. 20 de l ricorso), escludendo ogni coinvolgimento dell’altro socio (NOME COGNOME titolare del 40% delle quote). Inoltre, deduce che, pur volendo ritenere integrato il presupposto della ‘società a ristretta base’ , la CTR avrebbe violato le dette norme non avendo proceduto ad una comparazione di ‘due elementi fattuali di prova contraria ‘ , ovvero l’esercizio di altra attività (agricola) svolta da NOME COGNOME e l’ingente volume di affari prodotto nell’esercizio di detta attività (pag. 24 del ricorso).
3.1. Il motivo è in parte inammissibile in quanto mira ad una nuova valutazione del compendio probatorio, valutazione non consentita in questa sede, ed in parte infondato.
Precisamente, è infondato nella misura in cui imputa alla CTR una conclusione (ossia l’esistenza di una società a ristretta base) in realtà resa, in termini chiari, da questa Corte nell’ordinanza di rinvio. Di qui, l’impossibilità, da parte della CTR, di opinare diversamente, pena la violazione, sub specie di superamento, dei limiti del giudizio di rinvio. Tra l’altro, con riferimento al coinvolgimento dell’altro socio (non legato da vincoli parentali con i COGNOME) la Guardia di finanza ha solo constatato che, nell’anno 2006, sui conti del COGNOME e dei suoi familiari non erano presenti movimentazioni riconducibili alla società.
È, invece, inammissibile nella parte in cui mira ad una nuova disamina del materiale istruttorio.
Invero, il mancato esame di un elemento probatorio può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando l’elemento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento, fattispecie che non ricorre nel caso di specie. Ora, lo svolgimento, da parte del COGNOME, di un’ attività agricola è stata presa addirittura in considerazione dalla CTR nel momento in cui è stata esclusa la riconducibilità ad essa dei versamenti contestati dall’Ufficio. Infine, l ‘avere -l’impresa agricola di NOME COGNOME – prodotto utili non è idonea ex se ad invalidare il ragionamento inferenziale operato dall’Ufficio, prima, e dalla CTR, poi.
Con il quarto (ed ultimo) strumento la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il «vizio di motivazione – Omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di
discussione tra le parti» per avere la CTR ‘obliterato fatti storici che, se adeguatamente valutati, avrebbero certamente orientato la decisione finale in termini favorevoli ad RAGIONE_SOCIALE‘ (pag. 27 del ricorso), ossia: a) il rilascio della procura a NOME COGNOME solo nel 2009; b) l’esito negativo del controllo bancario nei confronti dell’altro socio; c) lo svolgimento, da parte di NOME COGNOME, di una propria attività d’impresa nel 2009; d) il cospicuo valore dei ri cavi prodotti da tale attività d’i mpresa.
Il motivo è infondato.
4.1. L’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2012 (d.l. 83/2012) ed applicabile ratione temporis , prevede, per quanto qui rilevi, che le sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato, evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione della norma ha generato numerose questioni interpretative e questa Cort e è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo .
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazione che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», n el «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della
motivazione (Cass. Sez. U. 7/4/2014 n. 8053, cit.; Cass. 08/05/2019, n. 12111; Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. 31/01/2017, n. 2474).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. 13/04/2017, n. 9637, secondo cui non integra un fatto la supposta erroneità giuridica della pronunzia di tardività di un’eccezione ).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. 13/04/2021, n. 9637), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. 31/03/2022, n. 10525).
Quindi, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 20/06/2024, n. 17005).
Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (v., ad es., Cass. 28/06/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
4.2. Nella specie, come già rimarcato in sede di esame del terzo motivo, l’elemento sub c) è stato considerato dalla CTR, mentre gli altri tre non sono decisivi, nel senso che non avrebbero condotto ad una diversa decisione se solo si considera l’indifferenza ai fini del decidere dei medesimi, in particolare l’esito negativo delle indagini b ancarie svolte nei confronti dell’altro socio (si ripete, non legato da vincoli parentali con i COGNOME) ed il rilascio della procura a NOME COGNOME solo nel 2009, potendo la presunzione legale fondarsi, come affermato da questa Corte con l’ordinanza di rinvio, già solo sulla base del vincolo parentale tra il terzo ed il socio.
Il ricorso va, in definitiva, integralmente rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, de i compensi del presente giudizio
di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 giugno 2025.