Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5529 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
Irpef 2010 -avviso di accertamento -indagini bancarie -conti intestati a terzi-doppia attività -imputazione dei redditi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8156/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ,
-resistente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO SEZIONE STACCATA LATINA, n. 6406/2019, depositata il 15/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello del contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di
Latina che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso spiegato avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2010, l’Ufficio aveva recuperato a tassazione, ai fini Irpef, maggiori redditi.
L’Ufficio procedeva ad indagini bancarie su i conti correnti intestati al contribuente ed anche a suoi familiari e recuperava a tassazione le operazioni ritenute non giustificate imputando le medesime a maggiori redditi derivanti dall’esercizio dell’attività di intermediazione immobiliare.
L’avvocatura erariale ha depositato nota intestata «atto di costituzione», ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza ex art. 370, primo comma, cod. proc. civ. precisando di non aver depositato tempestivo controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 51, comma 2, n 2) d.P.R. 226 ottobre 1972 n. 633.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato, con riferimento ai conti correnti intestati ai suoi familiari (sorella, cognato e nipoti), che i medesimi erano nella propria disponibilità operativa e che tale circostanza giustificava l’attribuzione di tutte le movimentazioni a proprio reddito. Osserva che per i conti correnti intestati a terzi è necessario che l’Amministrazione dimostri la fittizia intestazione e la riconducibilità delle movimentazioni ivi registrate al soggetto sotto verifica. Precisa, in proposito che, sebbene avesse la delega ad operare sui conti dei propri parenti, non ne aveva mai fatto uso; che detti ultimi non erano prestanomi in quanto, a propria volta, titolari di proprie attività economiche.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 32 e 55 t.u.i.r. e dell’art. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza per aver ritenuto legittimo l’accertamento nella parte in cui aveva imputato tutti i redditi ricostruiti all’attività di intermediazione immobiliare, sebbene la propria attività prevalente fosse quella di imprenditore agricolo, soggetta ad una tassazione più favorevole, e per aver ritenuto che avrebbe dovuto dare motivazioni precise e concrete sulle cause delle movimentazioni. Osserva che, in realtà, era onere dell’Amministrazione provare l’imputabilità del reddito all’attività di interm ediazione, anziché a quella agricola, o in quota parte tra le due; ciò soprattutto perché l’attività agricola era svolta con notevole dispiego di mezzi, mentre quella di intermediazione era saltuaria ed occasionale.
Il primo motivo è fondato, restando assorbito il secondo.
3.1. In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze. (Cass. 30/062020, n. 13112).
3.2. In ordine ai conti formalmente intestati a terzi si è affermato che gli artt. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 d.P.R. n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale
anche attraverso indagini su detti ultimi, che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi ai medesimi, sulla base di elementi indiziari. Si è aggiunto che all’utilizzabilità dei dati non è di ostacolo il divieto di doppia presunzione, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame (Cass. 16/06/2017, n. 15003, Cass. 01/02/2016, n. 1898, Cass, 21/12/2007, n. 27032). Per altro, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto noto attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto ignorato, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni (Cass. 07/12/2020, n. 27982).
Si è precisato, quindi, che la disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti bancari formalmente intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, sicché si deve ritenere estesa anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti, ma alla condizione che, pur in mancanza della formale titolarità, il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale. L’onere probatorio relativo alla presenza di tali condizioni formale intestazione ovvero disponibilità di fatto del conto -compete all’Ufficio; ove il medesimo sia stato assolto, opera la presunzione legale stabilita dall’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R n. 600 del 1973 secondo cui i versamenti e i prelievi devono essere considerati proventi dell’attività svolta dall’interessato, con spostamento dell’onere probatorio sul contribuente, al quale spetta fornire la prova contraria, dimostrando che si tratti di somme comprese nella determinazione del reddito o che
non abbiano rilevanza reddituale. Pertanto, in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente, la presunzione che gli importi versati siano frutto di compensi è immediatamente applicabile; nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale in oggetto, deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti (Cass. 31/08/2022, n. 25663, Cass. 20/12/2018, n. 32974; Cass. 13/04/2012, n. 5849; Cass. 12/01/2009, n. 374).
3.3. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi; in particolare, pur avendo dato atto nello svolgimento del processo che l’accertamento si era fondato anche sull’attribuzione al contribuente delle movimentazioni registrate su conti correnti intestati a terzi, non ha verificato – come era suo onere, anche in ragione quanto dedotto dal contribuente per ciascuno di esso – che l’Ufficio avesse dato prova che gli stessi , per l’anno oggetto di ind agine, fossero riconducibili all ‘ attività imprenditoriale del primo. Così facendo, ha trattato i conti intestati a terzi alla strega di quelli intestati al contribuente incorrendo nella violazione di legge censurata.
4. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Laziosezione staccata di Latina, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa
composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2024.