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Accertamento conti correnti socio: la presunzione legale

L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento a una società unipersonale basandosi sui movimenti bancari del conto personale del suo socio unico. Dopo due gradi di giudizio favorevoli alla società, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l’ordinanza in esame, ha affermato che, nel caso di società a ristretta base partecipativa, l’accertamento sui conti correnti del socio è legittimo e fa scattare una presunzione legale di ricavi non dichiarati. Di conseguenza, l’onere di provare la natura extrabilancio di tali somme ricade sul contribuente e non sull’amministrazione finanziaria.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento conti correnti socio: la Cassazione conferma la presunzione legale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione riafferma un principio cruciale in materia di controlli fiscali: le movimentazioni sui conti correnti personali del socio unico di una S.r.l. possono essere considerate ricavi non dichiarati della società stessa. Questo orientamento, consolidato nel tempo, si basa su una presunzione legale che inverte l’onere della prova, ponendolo a carico del contribuente. L’ordinanza analizza il tema dell’accertamento sui conti correnti del socio, offrendo chiarimenti fondamentali per amministratori e società, specialmente quelle a ristretta base partecipativa.

Il Caso: Indagini Finanziarie sul Conto Personale dell’Amministratore

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata unipersonale. L’Amministrazione Finanziaria, a seguito di indagini sui conti correnti personali dell’amministratore e socio unico, contestava l’omessa dichiarazione di redditi per un importo corrispondente a versamenti e prelevamenti non giustificati. Tali somme venivano riprese a tassazione ai fini IRES, IRAP e IVA.

La società contribuente impugnava l’atto impositivo, sostenendo che il semplice riscontro di movimenti sui conti personali del socio non fosse sufficiente a dimostrare l’occultamento di redditi societari. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le ragioni della società, annullando di fatto l’accertamento. Secondo i giudici di merito, l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito elementi ulteriori per provare la riconducibilità di tali somme all’attività d’impresa.

La questione dell’accertamento sui conti correnti del socio in Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione delle norme sulle presunzioni legali in materia tributaria (in particolare l’art. 32 del D.P.R. 600/1973). Secondo il Fisco, i giudici di merito avevano errato nel non attribuire il corretto valore presuntivo alle risultanze delle indagini finanziarie, invertendo erroneamente l’onere della prova a carico dell’Ufficio.

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei principi che regolano l’accertamento sui conti correnti del socio.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha smontato le due principali argomentazioni dei giudici regionali.

In primo luogo, ha chiarito che le nuove soglie di non punibilità per i prelevamenti, introdotte nel 2016, non hanno natura retroattiva e non potevano essere applicate a un accertamento precedente.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale, ha ribadito la sua consolidata giurisprudenza in materia. L’articolo 32 del D.P.R. 600/1973 autorizza l’ufficio finanziario a procedere ad accertamenti basati su indagini su conti correnti bancari, anche se intestati a terzi, qualora vi sia motivo di ritenerli connessi al reddito del contribuente.

Nel caso di una società a responsabilità limitata a ristretta base partecipativa, e a maggior ragione in una società unipersonale, esiste una sostanziale sovrapposizione tra gli interessi del socio e quelli della società. Questa circostanza è sufficiente a far scattare una presunzione legale: i movimenti sui conti personali del socio unico, se non trovano corrispondenza nella contabilità ufficiale, si presumono essere ricavi societari non dichiarati.

I giudici di legittimità hanno specificato che la natura unipersonale della società rappresenta di per sé un elemento presuntivo idoneo a supportare questa conclusione. Contrariamente a quanto affermato dalla corte regionale, non spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire ‘ulteriori elementi’. La presunzione legale inverte l’onere della prova: è il contribuente a dover dimostrare, con una prova analitica e specifica per ogni singola movimentazione contestata, la loro natura non imponibile e la loro estraneità all’attività d’impresa.

Conclusioni: L’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza pratica: per le società unipersonali o a base ristretta, la separazione tra il patrimonio del socio e quello della società può diventare molto labile agli occhi del Fisco. Qualsiasi movimento finanziario sui conti personali dei soci che non sia chiaramente giustificato può essere attratto nella sfera reddituale della società. La sentenza chiarisce che la presunzione non è assoluta, ma per superarla è necessaria una prova rigorosa e puntuale da parte del contribuente, che non può limitarsi a negare la riconducibilità delle somme all’attività sociale. Questa decisione funge da monito per amministratori e soci, sottolineando la necessità di una gestione contabile e finanziaria trasparente e rigorosamente separata tra la sfera personale e quella aziendale.

I movimenti sul conto corrente personale del socio unico di una S.r.l. possono essere usati per un accertamento fiscale alla società?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che i movimenti bancari (versamenti e prelevamenti) sul conto personale del socio unico sono legalmente presunti come ricavi non dichiarati della società, data la sostanziale sovrapposizione tra gli interessi personali e quelli societari.

Su chi ricade l’onere di provare che tali movimenti non sono ricavi della società?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente (la società). Non è l’Agenzia Fiscale a dover fornire ulteriori prove; è la società che deve dimostrare in modo analitico e specifico che le singole movimentazioni non sono imponibili e non si riferiscono all’attività d’impresa.

La natura unipersonale della società è sufficiente a far scattare questa presunzione?
Sì. Secondo la sentenza, proprio la natura unipersonale della società è un elemento presuntivo idoneo a supportare la riferibilità delle movimentazioni bancarie del socio alla società stessa, causando il ribaltamento dell’onere probatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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