Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18050 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18050 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 17452/2016, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura a margine del controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 33/2016 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata l’11 gennaio 2016 ; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6
giugno 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Il 25 giugno 2010 l’Agenzia delle entrate notificò a RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione maggiori redditi a fini Ires per l’anno di imposta 2006, sul rilievo dell’indebita deduzione di costi e dell’om essa contabilizzazione di proventi, corrispondenti agli interessi su «finanziamenti atipici» concessi alla propria controllante RAGIONE_SOCIALE (d’innanzi ‘RAGIONE_SOCIALE‘) e ad altre società collegate.
Lo stesso avviso fu notificato a RAGIONE_SOCIALE in qualità di consolidante, che lo impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Palermo, ottenendone l’annullamento limitatamente alla contestazione relativa ai costi non deducibili.
Il successivo appello della società fu accolto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali, dopo aver svolto diverse considerazioni in relazione all’istituto del consolidato fiscale, rilevarono, con richiamo alla relativa disciplina, che la competenza ad emettere l’avviso nei confronti della consolidata spettava all’ufficio dell’Agenzia delle entrate di Alessandria, nella cui circoscrizione aveva domicilio la consolidante; si trattava, del resto, dell’Ufficio che aveva successivamente notificato l’ avviso di accertamento a quest’ultima, la quale, poi, lo aveva impugnato innanzi alla locale C.T.P., vedendo in seguito definitivamente accertato il suo reddito imponibile per il 2006 anche in forza dell’imputazione del reddito della consolidata.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello , sulla base di due motivi.
La società intimata ha resistito con controricorso.
La stessa, in data 15 luglio 2019, ha depositato istanza di definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 11 del d.l. n. 50/2017, conv. in l. 96/2017, senza tuttavia provvedere all’indicazione -e al successivo pagamento -dell’importo indica to dal comma 1 della medesima norma.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, l’Amministrazione deduce la nullità della sentenza impugnata per contrasto con l’art. 112 cod. proc. civ., evidenziando che la C.T.R. aveva deciso la causa rilevando l’incompetenza dell’ufficio di Palermo ad emettere l’avviso nei confronti della consolidata, quantunque nessuna delle parti avesse sollevato la relativa eccezione.
Con il secondo motivo, denunziando violazione o falsa applicazione degli artt. 29 del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) e 17 del d.m. 9 giugno 2004, la ricorrente assume che i giudici d’appello avrebbero «travisato i fatti di causa e male interpretato la disciplina normativa in materia di rettifiche delle dichiarazioni della società, appartenenti ad un gruppo, che aderiscono alla c.d. fiscal unit », in particolare laddove hanno ritenuto che il solo ufficio competente a muovere contestazioni sull’imponibile dichiarato sarebbe quello competente a rettificare il reddito della consolidante.
Così statuendo, infatti, essi non avrebbero tenuto conto del fatto che la disciplina delle rettifiche al consolidato vigente all’epoca (anteriore alle modifiche apportate dall’art. 35 del d.l. n. 78/2010, conv. in l. n. 122/2010), prevedeva due livelli di accertamento: il primo -volto a determinare l’imposta teorica, calcolata sulla variazione contabile accertata in capo alla consolidata -riferito a quest’ultima , e il secondo, relativo alla consolidante, con il quale viene liquidata l’imposta effettiva .
Il giudizio d’impugnazione riguardava la prima rettifica, che costituiva il presupposto per l’emanazione del secondo avviso da parte dell’ufficio di Alessandria e giustificava, perciò, l’interesse dell’Amministrazione alla conferma dell’atto impositivo, qu antunque tale ultimo non fornisse un gettito d’imposta immediato.
I motivi possono essere scrutinati congiuntamente e vanno ritenuti fondati per quanto di ragione.
3.1. Non è in discussione il fatto che, nel caso di specie, l’Amministrazione ha dato applicazione alla disciplina del consolidato fiscale nazionale vigente all’epoca dei fatti , in base alla quale l’accertamento si articolava su due livelli.
Il procedimento vigente faceva carico, in particolare, alle società consolidate di compilare la dichiarazione con la determinazione del reddito complessivo netto senza liquidazione dell ‘i mposta individuale, presentandola all’Agenzia delle entrate e trasmettendola al soggetto consolidante ; su quest’ultimo , poi, gravava l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi del consolidato con la determinazione del reddito complessivo globale di esso, mediante il calcolo della somma algebrica dei redditi complessivi netti delle consolidate e apportando a tale somma le cosiddette rettifiche di consolidamento, così da liquidare l’unica imposta.
L’emissione di due atti impositivi si giustifica va, pertanto, con riferimento dapprima alla rettifica del reddito della consolidata -idoneo a determinare la sussistenza della cd. maggiore imposta teorica -e, quindi, con la liquidazione dell’imposta a carico della consolidante.
3.2. Ed invero, come questa Corte non ha mancato di rilevare (cfr. Cass. n. 30348/2019), in tale quadro si configura un «rapporto di dipendenza, quanto meno parziale (stante l’esistenza delle rettifiche di consolidamento), tra la dichiarazione del soggetto consolidante e le dichiarazioni delle società consolidate, atteso che la prima riprende i
redditi complessivi netti risultanti dalle seconde per sommarli algebricamente».
Infatti, anche se i soggetti che esercitano l’opzione per la tassazione di gruppo mantengono la propria autonomia in relazione agli obblighi e alle correlative responsabilità individuali, la natura della solidarietà passiva tra consolidante e consolidata riflette un nesso di pregiudizialità-dipendenza, quanto alla responsabilità per l’imposta e i relativi interessi, tra la situazione giuridica della consolidata, che realizza il presupposto d’imposta, e la situazione giudica della consolidante, che risponde dell’obbligazione tributaria.
3.3. In altri termini, l ‘ accertamento di primo livello, con il quale viene operata la rettifica dell’imponibile della consolidata, costituisce il presupposto per la determinazione dell’imposta di gruppo (e delle eventuali sanzioni) contenuta nell ‘ accertamento di secondo livello.
Ne deriva, ai fini del presente giudizio:
-che l’ufficio di Palermo, luogo in cui aveva domicilio la consolidata, era competente ad emettere l’avviso relativo a quest’ultima , e qui impugnato dalla consolidante in quanto anche ad essa notificato, stante la sua qualità di partecipe al bilancio;
che sussiste l’interesse dell’Amministrazione alla conferma d ella validità di tale atto impositivo, che costituisce il presupposto d’imposta per la successiva pretesa formulata nei confronti della società controricorrente, avente ad oggetto l’imposta liquidata;
-che, pertanto, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, che la società ha formulato nel proprio controricorso, non è fondata;
che, per contro, la sentenza impugnata è errata in quanto, erroneamente omettendo di rilevare la sussistenza di un doppio livello di accertamento, ha ritenuto l’incompetenza dell’ufficio che ha emesso
il primo atto impositivo, attribuendo a tale circostanza valore assorbente rispetto all’intero disputatum.
Il ricorso va pertanto accolto in relazione a quanto specificato in motivazione; la sentenza d’appello è cassata con rinvio al giudice a quo il quale, in diversa composizione, deciderà uniformandosi al principio indicato e liquidando, altresì, le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema