Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23472 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23472 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
Accertamento con adesione – art. 15 d.lgs. 218/1997 – richiesta di rateizzo – differenze
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13071/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con domicilio digitale all’indirizzo EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 2222/23/2022, depositata in data 2 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE, notificava a NOME COGNOME l’ avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale veniva determinato il reddito per l’anno
d’imposta 2014 in € 78.242,00 (rispetto a quello dichiarato pari ad € 47.884,00), stante l’omessa dichiarazione del canone annuo derivante dalla locazione commerciale di due immobili.
La contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE deducendo: a) la violazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973 per essere l’avviso sottoscritto da funzionario diverso dal dirigente dell’Ufficio; b) il difetto di motivazione ex art. 7 l. 212/2000; c) la mancata riscossione dei canoni di locazione, a causa della morosità della società locataria.
L ‘ARAGIONE_SOCIALE si costituiva eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per la intervenuta definitività dell’accertamento conseguente alla richiesta di rateizzo del debito proposta dalla contribuente ed al pagamento RAGIONE_SOCIALE prime due rate.
La CTP , in accoglimento dell’eccezione preliminare sollevata dall’Ufficio, riteneva intervenuta la definizione dell’accertamento ex art. 15 d.lgs. 218/1997, con la rinuncia della contribuente alla impugnazione dell’atto impositivo.
Interposto gravame dalla contribuente, la CTR di RAGIONE_SOCIALE accoglieva l’appello rilevando che «dal piano di ammortamento prodotto dalla contribuente in nessuna parte risulta né un richiamo all’art 15 innanzi più volte citato, né una formale rinunzia al ricorso nei termini previsti dalla citata norma»; inoltre le circostanze che nell’avviso di accertamento venisse richiamato, al punto 2 RAGIONE_SOCIALE avvertenze, il testo dell’articolo 15, e che nel provvedimento di rateizzazione fosse scritto ‘omessa impugnazione’, non valevano «ad esprimere in maniera netta ed inequivocabile la volontà della contribuente di rinunziare in via definitiva al ricorso» (pag. 3 della sentenza). La CTR, ritenuto quindi ammissibile il ricorso, esaminava nel merito i motivi riproposti dalla contribuente, ritenendo fondato il primo, relativo alla violazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973 , stante la mancata prova, da parte dell’Ufficio, della delega richiamata in calce all’atto impugnato .
Per la cassazione della citata sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso affidato a due motivi. NOME COGNOME ha resistito con controricorso. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 20/06/2024. La contribuente ha depositato memoria il 31/05/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l ‘RAGIONE_SOCIALE lamenta « violazione e falsa applicazione dell’art. 15 D.Lgs. n. 218/1997, in relazione al l’art. 360 comma 1 n 3 c.p.c.». Osserva, in particolare, che contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR l’accertamento oggetto di impugnazione era stato oggetto di definizione ex art. 15 d.lgs. n. 218/1997, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE.
A seguito della notifica dell’avviso di accertamento, la contribuente si recava, in data 15/07/2019, presso gli uffici dell’ARAGIONE_SOCIALE chiedendo il rateizzo dell’importo; veniva, quindi, redatto il piano di ammortamento e la contribuente provvedeva al pagamento della prima rata (il 29/07/2019) e della seconda (il 25/10/2019). Dal pagamento discenderebbe automaticamente la rinuncia del contribuente all’impugnazione , senza necessità, quindi, di una rinuncia formale. Nel piano di ammortamento, inoltre, venivano i ndicate l’assenza di contenzioso e l’ omessa impugnazione a fianco di ciascuno degli importi (Irpef, interessi e sanzioni). Inoltre, le sanzioni erano indicate nell’importo di € 4.010,00, corrispondente al terzo di quelle irrogate, in applicazione di quanto disposto dall’art. 15 d.lgs. n. 218/1997, così come pre visto anche nell’avviso di accertamento.
1.2 Il motivo è infondato, poiché non può ritenersi integrata nella fatti specie la definizione prevista dall’art. 15 d.lgs. n. 218/1997 (cd. accertamento con adesione).
1.3. È noto che in presenza della formulazione, da parte del contribuente, di una proposta di accertamento ai fini dell’eventuale adesione, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 218/1997, l’accordo
eventualmente raggiunto, redatto con atto scritto in duplice esemplare, sottoscritto dal contribuente (o da un suo procuratore speciale) e dal capo dell’ufficio (o da un suo delegato) (cfr. il successivo art. 7), indica gli importi dovuti dal primo, anche in via rateale (cfr. l’art. 8, commi 1 e 2), e la definizione si perfeziona ‘ con il versamento di cui all’articolo 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata, prevista dall’articolo 8, comma 2 ‘ (cfr. l’art. 9, comma 2, nella formulazione applicabile ratione temporis).
Il sistema appena esposto è stato ricostruito nel senso che: a) quando l’istanza di adesione abbia avuto buon esito, nel senso che il concordato si sia concluso, l’accertamento così definito – mediante anche la fissazione del quantum debeatur – diventa intangibile tanto da parte del contribuente, che non può più impugnarlo, quanto da parte dell’Ufficio, che non può integrarlo o modificarlo (art. 2, comma 3, d.lgs. 218/1997); b) diverso dalla conclusione dell’accordo è, invece, il ‘ perfezionamento della definizione ‘ concordata, che si ottiene mediante il versamento all’erario di quanto concordemente stabilito (o mediante il versamento della prima rata); c) solo dopo il perfezionamento e, cioè, dopo il pagamento del debito tributario scaturente dall’accordo, l’atto im positivo perde efficacia (art. 6, comma 4, ult. per.) (v. Cass. 23/11/2022, n. 34576).
1.4. Ora, nella specie non può ritenersi sussistente un accertamento con adesione ex artt. 6 e ss. d.lgs. n. 218/1997, atteso che difetta un accordo formale e sottoscritto dalle parti, riconducibile nell’alveo della citata normativa. A ben vedere, v i è soltanto una richiesta di rateizzo avanzata dalla contribuente, richiesta poi accettata dall’Ufficio mediante la predisposizione di un piano di rateizzo.
Come ha sempre affermato questa Corte « costituisce principio generale nel diritto tributario che non si possa attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente d’essere tenuto al pagamento di un tributo e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni,
pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario. Siffatto riconoscimento esula, infatti, da tale procedura, regolata rigidamente e inderogabilmente dalla legge, la quale non ammette che l’obbligazione tributaria trovi la sua base nella volontà del contribuente. Le manifestazioni di volontà del contribuente, pertanto, quando non esprimano una chiara rinunzia al diritto di contestare l’an debeatur, debbono ritenersi giuridicamente rilevanti solo per ciò che concerne il quantum debeatur, nel senso di vincolare il contribuente ai dati a tal fine forniti o accettati. Ciò non esclude che il contribuente possa validamente rinunciare a contestare la pretesa del fisco, ma, perché tale forma di acquiescenza si verifichi, è necessario il concorso dei requisiti indispensabili per la configurazione di una rinuncia, e cioè: 1) che un controversia tra contribuente e fisco sia già nata e risulti chiaramente nei suoi termini di diritto o, almeno, sia determinabile oggettivamente in base agli atti del procedimento; 2) che la rinuncia del contribuente sia manifestata con una dichiarazione espressa o con un comportamento sintomatico particolare, purché entrambi assolutamente inequivoci » (Cass. 04/07/2023, n. 18905).
Né rileva, nel senso della conclusione di un concordato ex d.lgs. 218/1997, la circostanza c he l’avviso di accertamento contenesse l’avvertiment o al contribuente della possibilità della definizione dell’accertamento ex art. 15, comma 1, d.lgs. 218/1997; né, parimenti, la circostanza che l’Ufficio nel piano di rateizzo abbia richiesto a titolo di sanzioni proprio la misura (un terzo) prevista dalla citata norma ed abbia aggiunto la dicitura ‘OMESSA IMPUGNAZIONE’ nel riepilogo RAGIONE_SOCIALE somme da versare.
Si tratta, infatti, di elementi che non possono superare e sostituire i presupposti formali previsti dalla legge sopra richiamati, necessari ai fini della conclusione dell’accertamento con adesione.
Tra l’altro , l’impugnativa dell’avviso di accertamento veniva proposta dalla contribuente prima del pagamento della prima rata del piano di rateizzo ; ciò, all’evidenza, impedisce di riconoscere nel comportamento della contribuente la manifestazione di una volontà di rinunciare alla contestazione della pretesa del fisco.
In definitiva la sentenza impugnata ha fatto buon governo dei principi sopra enunciati, ritenendo esclusa sia la configurazione di un accertamento con adesione sia la rinuncia della COGNOME alla contestazione della pretesa del fisco.
Con il secondo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), del codice di procedura civile».
Censura, in particolare, la decisione della CTR nella parte in cui ha annullato l’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizion e, ovvero per la carenza di legittimazione del funzionario che lo ha emesso, in difetto di prova, da parte dell’Ufficio, dell’esistenza della delega di firma. Assume la ricorrente che nella specie era mancata una contestazione specifica, da parte della contribuente, sul punto, per cui nessuna prova incombesse sull’Ufficio.
2.1. Il motivo è infondato.
Invero, la COGNOME, sin dal ricorso introduttivo del primo grado, aveva specificatamente contestato l’esistenza di una valida delega, seppur di firma; precisamente, la ricorrente aveva eccepito che l’atto era stato sottoscritto da funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato.
Pertanto, come correttamente evidenziato dalla CTR, era onere dell’Amministrazione finanziaria produrre la delega richiamata in calce all’atto impugnato, eventualmente anche in sede di gravame. Non avendo l’Ufficio provveduto a tanto, la CTR ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali costantemente affermati in
materia da questa Corte ( ex multis , Cass. 17/07/2019, n. 19190, secondo cui, in virtù del principio di vicinanza della prova, l’Ufficio ha l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere, allegando la delega, anche se solo di firma).
Il ricorso va, per tutto quanto esposto, integralmente rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, con attribuzione all’AVV_NOTAIO, dichiaratosi antistatario .
Rilevato che risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , al pagamento, in favore di NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE spese processuali che si liquidano in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA, se dovute, oltre rimb. forf. nella misura del 15% dei compensi, con attribuzione all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 giugno 2024.