Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20192 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5947/2016 R.G. proposto da COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOMECOGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA n. 1734/05/15, depositata il 27 luglio 2015;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 18 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Bari dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME>, un avviso di accertamento con il quale,
previo disconoscimento della deducibilità di un complesso di spese per un ammontare complessivo di 150.538,81 euro, rettificava il reddito d’impresa, il valore della produzione netta e il volume d’affari dalla stessa dichiarati in relazione all’anno 2007, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA. Tale accertamento veniva definito con adesione mediante la sottoscrizione di un atto con il quale la contribuente assumeva l’impegno di estinguere il debito tributario scaturente dall’accordo raggiunto con il Fisco in virtù del pagamento di dodici rate trimestrali.
Dopo aver versato la prima rata, la COGNOME non provvedeva, però, al pagamento delle ulteriori somme dovute, risolvendosi ad impugnare l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari.
Il giudice adìto dichiarava inammissibile il ricorso della contribuente, alla luce del disposto dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 218 del 1997, secondo cui l’accertamento definito con adesione non è soggetto a impugnazione.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che, con sentenza n. 1734/05/15 del 27 luglio 2015, respingeva sia l’appello principale della parte privata sia quello incidentale dell’Amministrazione Finanziaria, con cui era stata riproposta la sollevata eccezione di tardività dell’originario ricorso, disattesa dai primi giudici.
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso , formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 9 del D. Lgs. n. 218 del 1997.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente ritenuto inammissibile il ricorso proposto da essa ricorrente avverso un avviso di accertamento definito con adesione.
1.2 Viene, al riguardo, obiettato che il mancato pagamento delle rate successive alla prima, in violazione dell’accordo concluso con il Fisco, aveva impedito il perfezionamento della definizione con adesione, sicché la stessa contribuente rimaneva legittimata a impugnare l’originario atto impositivo, non essendo ancora decorso il termine a tal proposito stabilito dalla legge.
1.3 Il motivo è infondato.
1.4 Ai fini di una migliore comprensione delle questioni che esso pone, conviene ricostruire brevemente il quadro normativo di riferimento, costituito dagli articoli da 6 a 9 del D. Lgs. n. 218 del 1997, nel testo, applicabile «ratione temporis», risultante dalle modifiche apportate dal D.L. n. 98 del 2011, convertito in L. n. 111 del 2011 (cfr. Cass. n. 16646/2020).
Vengono, in particolare, in rilievo le disposizioni di sèguito trascritte:
-art. 6 :
«2. Il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto dall’invito di cui all’articolo 5, può formulare, anteriormente all’impugnazione dell’atto innanzi la commissione tributaria provinciale, istanza in carta libera di accertamento con adesione (…)
Entro quindici giorni dalla ricezione dell’istanza di cui al comma 2, l’ufficio, anche telefonicamente o telematicamente, formula al contribuente l’invito a comparire (…) All’atto del perfezionamento della definizione, l’avviso di cui al comma 2 perde efficacia»;
-art. 7:
«1. L’accertamento con adesione è redatto con atto scritto in duplice esemplare, sottoscritto dal contribuente e dal capo dell’ufficio o da un suo delegato. Nell’atto sono indicati, separatamente per ciascun tributo, gli elementi e la motivazione su cui la definizione si fonda, nonché la liquidazione delle maggiori imposte, delle sanzioni e delle altre somme eventualmente dovute, anche in forma rateale» (…);
-art. 8:
«1. Il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro venti giorni dalla redazione dell’atto di cui all’articolo 7, mediante delega ad una banca autorizzata o tramite il concessionario del servizio di riscossione competente in base all’ultimo domicilio fiscale del contribuente.
Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire. L’importo della prima rata è versato entro il termine indicato nel comma 1. Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell’atto di adesione» (…);
-art. 9:
«La definizione si perfeziona con il versamento di cui all’articolo 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata, prevista dall’articolo 8, comma 2».
1.5 Il complessivo sistema normativo dianzi esposto è stato ricostruito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 34576/2022) nel senso che:
(a) qualora l’istanza di accertamento con adesione avanzata dal contribuente abbia avuto esito positivo, conducendo alla conclusione del concordato, l’atto impositivo in tal modo definito
diventa intangibile, tanto da parte dello stesso contribuente, che non può più impugnarlo, quanto da parte dell’Ufficio, che non può integrarlo o modificarlo, giusta quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 218 del 1997;
(b) diverso dalla conclusione dell’accordo è il «perfezionamento della definizione», che si realizza mediante il versamento all’Erario delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione o dell’importo della prima rata, ove il contribuente sia stato ammesso al pagamento dilazionato;
(c) soltanto dopo il perfezionamento l’atto impositivo perde efficacia, ai sensi dell’art. 6, comma 4, ultimo periodo, del citato decreto legislativo.
1.6 Il pagamento dell’importo dovuto o della prima rata non costituisce, quindi, una mera modalità di esecuzione della procedura, ma rappresenta un suo presupposto fondamentale e imprescindibile, in difetto del quale la procedura medesima non può dirsi perfezionata, con conseguente permanenza, nella sua integrità, dell’originaria pretesa tributaria (cfr. Cass. n. 22510/2013).
1.7 Si è così, condivisibilmente, statuito che, una volta definito l’accertamento con adesione, al contribuente non resta che eseguire l’accordo mediante il versamento di quanto in base ad esso risulta dovuto, essendo normativamente esclusa la possibilità di impugnare un simile accordo e, a maggior ragione, il sottostante atto impositivo, il quale conserva efficacia soltanto a garanzia del Fisco finché non sia stata ‘perfezionata’ la procedura, e cioè non sia stata eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato (cfr. Cass. n. 10086/2009, Cass. n. 2161/2019, Cass. n. 25115/2020, Cass. n. 25497/2022, Cass. n. 10522/2024).
1.8 Ai suenunciati princìpi di diritto si è correttamente uniformata la CTR con la sentenza qui impugnata, onde deve escludersi la sussistenza del dedotto «error in iudicando» .
Con il secondo motivo sono denunciate:
(a) a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 del D.P.R. n. 633 del 1972;
(b)ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento.
2.1 Si rimprovera alla CTR di aver erroneamente affermato che spettava al contribuente dimostrare che il funzionario sottoscrittore dell’avviso di accertamento fosse privo della qualifica dirigenziale, quando invece il possesso di tale requisito soggettivo avrebbe dovuto essere provato dall’Amministrazione Finanziaria, in presenza di una specifica contestazione sul punto.
2.2 Viene, inoltre, posto in risalto che l’art. 42, commi 1 e 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede espressamente la nullità dell’avviso di accertamento non sottoscritto dal capo dell’ufficio, o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, e che con sentenza n. 37 del 2015 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 8, comma 24, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, il quale consentiva alle Agenzie fiscali di conferire incarichi dirigenziali a propri funzionari anche senza l’espletamento del relativo concorso pubblico.
2.3 Si soggiunge che detta nullità, in quanto , .
2.4 La doglianza rimane travolta per assorbimento cd. improprio dall’accertata inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla COGNOME contro l’avviso di accertamento definito con adesione, come la stessa CTR non ha mancato di evidenziare nel contesto di una più ampia motivazione ( «…non può essere accolta l’eccezione sollevata all’odierna udienza dal nuovo difensore della contribuente,
circa la sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte di soggetto non dotato della qualifica dirigenziale…. perché -ove pure la questione fosse fondata- non potrebbe comunque che ribadirsi, sulla base di quanto si è già affermato, la radicale inammissibilità del ricorso…» ).
2.5 Sovviene, in proposito, il consolidato insegnamento di legittimità secondo cui «l’assorbimento ‘proprio’ postula che la decisione della domanda assorbita divenga superflua per effetto della decisione sulla domanda assorbente, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse all’esame della domanda rimasta assorbita; l’assorbimento ‘improprio’ presuppone che la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto della domanda formulata e dichiarata assorbita» (cfr. Cass. n. 26507/2023, Cass. n. 17720/2022, Cass. n. 12193/2020, Cass. n. 32415/2018).
2.6 Giova, comunque, precisare, avuto riguardo al tenore delle difese svolte dalla ricorrente, che la sanzione di nullità comminata dall’art. 42, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 non consente di aggirare l’esplicita previsione della non impugnabilità dell’accertamento definito con adesione contenuta nell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 218 del 1997; e ciò perché in materia tributaria non trova applicazione il regime di diritto sostanziale e processuale dei vizi di ‘nullità’ dell’atto amministrativo, che ha trovato riconoscimento positivo nell’art. 21 -septies della L. n. 241 del 1990 e nell’art. 31, comma 4 del D. Lgs. n. 104 del 2010 ( c.d. c.p.a.), avendo il legislatore, nella sua piena discrezionalità politica, ricondotto tutti i vizi ritenuti tali da inficiare la validità dell’atto tributario, indipendentemente dalla peculiare natura di ciascuno, nella categoria unitaria dell”invalidità -annullabilità’ e fissato per la loro deduzione il termine decadenziale di cui all’art. 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. n. 22803/2015, Cass. n. 381/2016, Cass. n. 6430/2019).
2.7 Nel delineato contesto, non essendo la nullità trattata diversamente dalle altre fattispecie di invalidità dell’atto tributario contemplate dal legislatore, non può ammettersi che, a fronte di una disposizione espressamente contemplante la non impugnabilità dell’accertamento definito con adesione, senza distinzioni di sorta, siano configurabili vizi più gravi in grado di sottrarsi a una siffatta preclusione.
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione ex art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore de ll’Agenzia delle Entrate , delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 6.500,00 per compensi, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione