Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19781 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 19781 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
IRAP IRES IVA ACCERTAMENTO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10516/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale
dello Stato, presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 2530/2016, depositata il 25 ottobre 2016; udita la relazione svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME
nella pubblica udienza del 5 giugno 2025;
dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il 27 novembre 2014 l ‘Agenzia delle entrate notificò a RAGIONE_SOCIALE quattro avvisi di accertamento con i quali riprendeva a tassazione maggiori redditi a fini Irap, Ires e Iva per gli anni d’imposta 200 9, 2011 e 2012, rettificando altresì il reddito del 2010 per omesse ritenute, ed irrogava sanzioni.
Il 23 giugno 2015 la società presentò istanza di accertamento con adesione per ciascuno degli atti impositivi; instauratisi i relativi procedimenti, il 9 settembre 2015 l’Agenzia delle entrate depositò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari una richiesta di misure cautelari e conservative, ex art. 22 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, a garanzia degli importi dovutile a seguito dell’attività accertativa.
Conclusisi positivamente i procedimenti di adesione, e permanendo la domanda cautelare dell’Ufficio, la C.T.P. autorizzò l’iscrizione di ipoteche sui beni della contribuente per importo pari ad € 8.814.606,08, pari al doppio dell’ammontare del credito erariale.
Successivamente, effettuato il versamento di tre ratei di pagamento concordati in sede di adesione, la società formulò al
Presidente della C.T.P. una domanda di revoca o riduzione dell’ipoteca, che fu accolta fino alla concorrenza del minore importo di € 3.400.000,00.
TraRAGIONE_SOCIALE propose comunque appello avverso la decisione della C.T.P., come modificata, innanzi alla C.T.R. della Puglia, che respinse il gravame con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali rilevarono che il perfezionamento dell’accertamento con adesione non comportava il venir meno della pretesa impositiva, ma soltanto la sua modificazione (in termini che giustificavano l’ulteriore contenimento del credito garantito in € 1.700.000,00); persisteva, in ogni caso, il periculum in mora , ravvisabile nel rilevante ammontare del credito erariale e, per contro, nella «non particolarmente florida situazione patrimoniale» della società.
La sentenza d’appello è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L ‘Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione degli artt. 22 del d.lgs. n. 472/1997, 9 del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, e 1300 cod. civ.
Secondo la ricorrente, i giudici d’appello avrebbero errato nel confermare l’iscrizione ipotecaria sugli immobili quantunque il credito erariale garantito si fosse nel frattempo estinto per novazione, tale dovendo considerarsi il perfezionamento del procedimento di accertamento con adesione relativo ai quattro atti impositivi notificati.
A tale procedimento, infatti, andrebbero riconosciuti gli effetti propri del richiamato modo di estinzione dell’obbligazione , così
come accade, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, per l’ipotesi di conciliazione giudiziale sulla pretesa erariale; anche in questo caso, infatti, l’obbligazione concordata si sostituirebbe a quella originaria.
Con il secondo motivo di ricorso, denunziando violazione dell’art. 22 del d.lgs. n. 472/1997, la contribuente lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto ancora sussistente il fumus boni juris della pretesa impositiva, assumendo che la C.T.R. avrebbe trascurato di considerare che, come da lei eccepito, «se le parti in causa hanno definito, in sede di adesione, una pretesa impositiva diversa da quella accertata, le ragioni di credito dell’Erario non erano così certe da gius tificare l’iscrizione ipotecaria autorizzata».
Il terzo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe omesso di pronunziarsi sul motivo di gravame che, denunziando violazione dell’art. 8, comma 3 -bis , del d.lgs. n. 218/1997, lamentava l’avvenuta iscrizione di ipoteca pur in assenza dei presupposti in relazione al debito residuo dopo il perfezionamento della procedura adesiva.
Infine, con il quarto mezzo la ricorrente svolge analoga censura in relazione al motivo di gravame con il quale essa aveva denunziato la violazione del principio di affidamento ex art. 10 della l. 27 luglio 2000, n. 212, poiché l’Ufficio aveva insistito nella sua richiesta di iscrizione ipotecaria nonostante le parti fossero prossime a perfezionare il procedimento di accertamento con adesione.
Il primo motivo non è fondato.
La tesi della ricorrente si pone, infatti, in contrasto con i principii espressi da questa Corte regolatrice in punto alla natura dell’accertamento con adesione (ben compendiati nella sentenza n. 4636/2024, richiamata anche dal Pubblico Ministero), che ne escludono la qualificazione in termini di transazione novativa.
È stato affermato, in particolare, che l’accertamento con adesione non può essere assimilato ad un contratto di transazione, «stante l’evidente disparità delle parti e l’assenza di discrezionalità in ordine alla pretesa tributaria» che lo configurano, piuttosto, «come un accordo di diritto pubblico, ovverosia un atto bilaterale, consensuale ed ineguale, cui intervengono, su posizioni non pari ordinate, l’Amministrazione finanziaria e il contribuente privato, la prima nell’esercizio di una funzione pubblica, il secondo nella sfera dell’autonomia privata» (così la pronunzia poc’anzi menzionata).
Non è pertanto condivisibile la tesi della ricorrente che muove dall’applicabilità a tale accordo delle disposizioni del codice civile relative alla transazione, restando esso disciplinato esclusivamente dalla normativa speciale, di natura pubblicistica, che lo prevede, ed in particolare dal d. lgs. n. 218/1997, le cui disposizioni, di carattere cogente perché relative all’obbligazione tributaria, ai suoi presupposti e alla base imponibile, non hanno alcuna pertinenza con le «reciproche concessioni» fra le parti coessenziali all’accordo transattivo.
Può, al riguardo, essere formulato il seguente principio di diritto: « La definizione della pretesa tributaria mediante accertamento con adesione non comporta estinzione per novazione dell’ obbligazione del contribuente; nella disciplina del relativo rapporto, infatti, non vengono in rilievo le ‘reciproche concessioni’ di cui all’art. 1965 cod. civ., bensì la normativa
speciale, di natura pubblicistica, che lo regola, caratterizzata da disposizioni di carattere cogente ».
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella richiesta di una rivalutazione dei presupposti per l’adozione della misura cautelare che non è consentita in questa sede.
Del resto, nel ritenere sussistenti le circostanze fattuali poste a fondamento dell’ipoteca, i giudici d’appello hanno svolto un apprezzamento di fatto il cui sindacato non rientra nel perimetro proprio del giudizio di legittimità.
Il terzo e il quarto motivo, meritevoli di scrutinio congiunto per il loro contenuto, sono infondati.
È noto, infatti, che il vizio di omessa pronunzia non sussiste, nonostante la mancata deliberazione su uno specifico motivo di impugnazione, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo ( ex multis , Cass. n. 1855/2020; Cass. n. 20718/2018; Cass. n. 29191/2017).
Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie; i giudici di appello, infatti, nell’affermare con motivata statuizione -la sussistenza dei presupposti per il mantenimento della misura cautelare sul credito impositivo anche all’esito del perfezionato accertamento con adesione, hanno reso una decisione incompatibile con l’accoglimento degli ulteriori rilievi della contribuente sul possibile venir meno del fumus boni juris in presenza di detta evenienza.
8. Il ricorso è dunque complessivamente meritevole di rigetto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in € 13.200,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di