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Accertamento con adesione: Fisco viola la buona fede

Una società in accomandita semplice, dopo aver aderito a un processo verbale di constatazione per diverse annualità, si è vista notificare un avviso di accertamento per l’ultimo anno, ignorando l’adesione prestata. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale comportamento dell’Agenzia delle Entrate viola i principi di buona fede e di legittimo affidamento. Di conseguenza, l’atto impositivo è stato ritenuto illegittimo, accogliendo il ricorso del contribuente su questo specifico punto. La Corte ha invece respinto le censure relative al litisconsorzio necessario e alla mancata risposta alle osservazioni del contribuente.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento con Adesione: Quando il Silenzio del Fisco Viola la Buona Fede

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 19362/2024 offre un’importante lezione sul rapporto tra Fisco e contribuente, ribadendo la centralità dei principi di buona fede e legittimo affidamento. Il caso in esame riguarda l’illegittimità di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nonostante il contribuente avesse già manifestato la volontà di definire la propria posizione tramite un accertamento con adesione. Questa decisione chiarisce che l’Amministrazione finanziaria non può ignorare impunemente un percorso di definizione concordata già avviato.

Il Caso: Un’Adesione Ignorata dall’Agenzia delle Entrate

Una società in accomandita semplice e i suoi soci si sono trovati al centro di una complessa vicenda fiscale. A seguito di una verifica della Guardia di Finanza, la società aveva ricevuto un Processo Verbale di Constatazione (PVC) che copriva un periodo di cinque anni, dal 2004 al 2008. Prontamente, la società aveva manifestato la sua adesione a tale verbale, accettando di definire la controversia per tutte le annualità contestate, inclusa quella del 2008.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate procedeva a formalizzare gli atti di definizione solo per gli anni dal 2004 al 2007, lasciando in sospeso l’annualità 2008 senza fornire alcuna comunicazione o motivazione. Quattro anni dopo, a sorpresa, l’Amministrazione notificava alla società e ai soci un avviso di accertamento ordinario per il 2008, ignorando completamente la precedente adesione e avviando un nuovo contenzioso.

I contribuenti, sentendosi lesi nel loro diritto, impugnavano l’atto impositivo, lamentando, tra le altre cose, la violazione del principio di collaborazione e buona fede.

L’Analisi della Cassazione e la violazione dell’accertamento con adesione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha esaminato tre motivi di ricorso presentati dai contribuenti. Mentre ha respinto le censure relative alla presunta violazione del litisconsorzio necessario e all’omessa valutazione delle osservazioni difensive, ha accolto pienamente il motivo centrale della controversia.

Il Litisconsorzio Necessario tra Società e Soci

I ricorrenti sostenevano che il giudizio fosse nullo perché uno dei soci non era stato correttamente integrato nel processo fin dall’inizio. La Corte ha ritenuto il motivo infondato. Sebbene il principio del litisconsorzio necessario tra società di persone e soci sia un cardine del diritto tributario, nel caso di specie il socio pretermesso aveva comunque partecipato a entrambi i gradi di giudizio, impugnando a sua volta l’accertamento. Di conseguenza, lo scopo della norma – garantire una decisione uniforme e il diritto di difesa – era stato sostanzialmente raggiunto, rendendo un annullamento meramente formale e contrario al principio di ragionevole durata del processo.

La Violazione del Legittimo Affidamento

Il punto cruciale della decisione riguarda il secondo motivo di ricorso. I giudici hanno stabilito che la condotta dell’Agenzia delle Entrate è stata lesiva del principio di collaborazione e buona fede, nonché del legittimo affidamento del contribuente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che, nel momento in cui un contribuente presta adesione a un PVC, si crea un’aspettativa legittima sulla definizione concordata della pretesa fiscale. L’Amministrazione Finanziaria, dopo aver ricevuto tale adesione, non può rimanere inerte per anni per poi agire in modo repentino e contrario al percorso intrapreso, emettendo un avviso di accertamento per l’intera pretesa originaria.

Richiamando un proprio precedente (Cass. n. 12372/2021), la Suprema Corte ha affermato che tale comportamento mina la fiducia del cittadino nell’azione amministrativa. L’emissione di un avviso di accertamento per la pretesa originaria, dopo che il contribuente si era adoperato per una definizione agevolata, è lesiva dell’interesse del contribuente stesso a veder concluso il procedimento secondo le regole dell’adesione. La maggior pretesa avanzata dal Fisco, costituita dalla differenza tra quanto richiesto con l’avviso e quanto sarebbe stato dovuto con l’adesione (che include sanzioni ridotte), è stata quindi considerata inesigibile.

Conclusioni: L’Importanza del Principio di Legittimo Affidamento

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale nel diritto tributario: il rapporto tra Fisco e contribuente non deve essere basato sulla mera imposizione, ma sulla collaborazione e sulla correttezza reciproca. Quando l’Amministrazione finanziaria offre uno strumento deflattivo del contenzioso come l’accertamento con adesione, non può poi sottrarsi agli obblighi che ne derivano. Il silenzio ingiustificato, seguito da un’azione che contraddice le aspettative create, costituisce una violazione della buona fede che rende l’atto impositivo illegittimo. Per i contribuenti e i professionisti del settore, questa decisione rappresenta un’importante tutela contro comportamenti contraddittori e imprevedibili dell’Amministrazione finanziaria, riaffermando che la fiducia e la coerenza sono valori giuridici da proteggere.

Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate ignora la richiesta di accertamento con adesione del contribuente?
Secondo la Corte di Cassazione, se l’Agenzia delle Entrate, dopo aver ricevuto l’adesione del contribuente a un PVC, non dà seguito alla procedura e notifica un avviso di accertamento per la pretesa originaria, tale comportamento è lesivo dei principi di collaborazione e buona fede. La maggior pretesa fiscale risulta inesigibile e l’atto impositivo illegittimo.

È sempre necessaria l’integrazione del contraddittorio tra società di persone e tutti i soci in un processo tributario?
Sì, di norma sussiste un litisconsorzio necessario. Tuttavia, la Corte ha chiarito che se il socio inizialmente non coinvolto partecipa comunque al giudizio impugnando lo stesso atto, lo scopo della norma è raggiunto e non si determina la nullità del procedimento, in ossequio al principio della ragionevole durata del processo.

L’avviso di accertamento è nullo se non risponde specificamente alle osservazioni del contribuente?
No. La Corte ha ribadito che, sebbene l’Amministrazione abbia l’obbligo di valutare le osservazioni del contribuente (ex art. 12, comma 7, Statuto del Contribuente), non è tenuta a esplicitare tale valutazione nell’atto impositivo. La nullità consegue solo a irregolarità espressamente previste dalla legge o che comportino una lesione concreta del diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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