Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18801 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18801 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2304/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4503/2018 depositata il 26/06/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
La ricorrente impugnava l’avviso di accertamento mediante il quale l’RAGIONE_SOCIALE rettificava la classe e la rendita (dalla classe 8 alla 12 e da euro 40. 676,14 ad euro 74.535,06) in relazione all’art. 1, comma 335, della l. 30 dicembre 2004, n. 311, di un immobile sito in Roma INDIRIZZO (microzona 1 centro storico); la Commissione tributaria provinciale di Roma con la sentenza n. 26429/30/2016 accoglieva il ricorso e annullava l’avviso di accertamento impugnato; la Commissione tributaria regionale del Lazio , con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE in totale riforma della decisione di primo grado;
ricorre in cassazione la contribuente con quattro motivi di ricorso;
r esiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE e chiede il rigetto del ricorso della contribuente.
Considerato che
Risulta fondato il terzo motivo di ricorso che assorbe, logicamente, gli altri motivi.
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli art. 1, comma 335, legge 30 dicembre 2004, n. 311, 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, 3, legge 7 agosto 1990, n. 241, 8 e 9, d.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, nonché art. 53, Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Questa Corte di Cassazione ha costantemente ritenuto che: «In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi dell’art. 1, comma 335, della l. n. 311 del 2004 nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo
scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, atteso il carattere diffuso dell’operazione, deve essere adeguatamente motivato in merito agli elementi che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le ragioni che ne giustificano l’emanazione. (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha confermato la sentenza gravata che aveva annullato l’avviso di accertamento catastale di un immobile in quanto non era stato spiegato in che termini il mutato assetto dei valori medi di mercato e catastale, nel contesto delle microzone comunali previamente individuate, aveva avuto una ricaduta sul singolo immobile e sulla classe e rendita catastale dello stesso)» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 29988 del 19/11/2019, Rv. 655923 -01; vedi anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 31112 del 28/11/2019, Rv. 656285 -01 e Sez. 5 – , Sentenza n. 25201 del 24/08/2022, Rv. 665498 – 01).
La sentenza impugnata, invece, ritiene non necessaria una motivazione specifica dell’avviso di accertamento, ritenendo legittimo l’accertamento catastale motivato con la sola indicazione della norma utilizzata dall’ufficio nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona.
Manca un’analisi della motivazione dell’avviso di accertamento nei sensi indicati dalla giurisprudenza, ormai costante, di questa Corte di Cassazione, sopra richiamata.
Così come risulta pacificamente in atti, l ‘accertamento si riferisce a valutazioni generiche e non a caratteristiche del singolo immobile; conseguentemente lo stesso deve ritenersi carente di motivazione.
La sentenza deve, quindi, cassarsi senza rinvio in quanto non sono necessari ulteriori accertamenti di merito, con la decisione nel merito di annullamento dell’atto impugnato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Le spese dei giudizi di merito in una considerazione complessiva del giudizio possono compensarsi interamente.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, annulla l’atto impugnato accogliendo l’originario ricorso della contribuente.
Condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Compensa le spese dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, il 25/03/2024.