Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7615 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7615 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6933/2020 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BRESCIA UFFICIO PROVINCIALE TERRITORIO, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO -controricorrente- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia sez. di BRESCIA n. 3011/2019 depositata il 09/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente ha dichiarato con procedura DO.C.FA. la variazione catastale per divisione e diversa distribuzione degli spazi interni dell’unità immobiliare urbana di sua proprietà sita in Comune di Limone sul Garda (BS), INDIRIZZO distinta in Catasto Fabbricati al Foglio 20 particella 452 – che si sviluppa(va) su tre piani, dei quali l’interrato ad uso deposito agricolo e gli altri due (piano terra e piano primo) ad uso abitativo. Le due unità immobiliari urbane originate dalla soppressione della precedente (distinta al Fg. 20 mapp. 452 e classata in cat. A/8 consistenza vani 9,5, R.C. 2.060,66) hanno ottenuto il seguente classamento-rendita proposta ( ex D.M. n.701/1994): Fg.20 mapp.452 sub.1 p.T-1 categori a A/7 classe 1, cons. vanì 9 R.C. € 1.510.64 e Fg.20 mapp.452 sub.2, p.S1, categoria C/2, classe 2, cons. m g.106 R.C. € 271.35.
Con avviso di accertamento catastale – nuova determinazione di classamento e rendita catastale n.BS0045613/2015 del 02/03/2015, notificato il 17/03/2015, l’Agenzia delle Entrate ha rettificato il classamento e la rendita proposti ex D.M. n.701/1994 e ripristinato la categoria A/8 classe 1, aumentando i vani a 11 (rispetto ai precedenti 9,5) e la Rendita Catastale ad € 2.386,03 (rispetto alla precedente R.C. di € 2.060,66) della sola unità immobiliare ad uso abitativo distinta al Foglio 20.
Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento catastale innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia.
A seguito della notifica e iscrizione a ruolo della controversia, l’Agenzia delle Entrate (previo avviso) ha proceduto ad effettuare sopralluogo presso l’immobile del ricorrente, all’esito del quale non ha formalizzato alcuna determinazione. L’amministrazione si è indi costituita nel giudizio di 1° grado, senza proporre istanza di
conciliazione ex art.48 D.Lgs. n.546/1992, chiedendo il rigetto del ricorso, ma deducendo in sede processuale nuove ragioni per cui riteneva di dover rettificare nuovamente il classamento già rettificato con attribuzione di rendita catastale proposti con procedura do.c.fa.
Con sentenza n.69/7/2016, la Commissione Tributaria Provinciale di Brescia ha accolto il ricorso, ma ha rideterminato la categoria catastale in A/1, classe 3, vani 10, come proposta da ll’Agenzia in corso di causa .
Il contribuente ha interposto appello avanti alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia-sezione di Brescia, la quale ha respinto l’appello con la sentenza in epigrafe indicata.
In particolare, la CTR ha ritenuto che l”avviso di accertamento fosse adeguatamente motivato, in quanto nella procedura DO.C.FA. è sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita; ha rilevato la proposta di diverso classamento formulata in sede contenziosa e l’ha considerata corretta (così come la rendita ed il numero dei vani), ritenendo che la categoria A/8 richiedesse un ampio parco o giardino, mentre la categoria A/1 si riferisce ad abitazioni di tipo signorile senza parco.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 3 l. n.241/1990 e dell’art.7 L.n.212/2000 in relazione a ll’ art.360 comma 1, n. 3 c.p.c., in riferimento al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato.
1.1. Il motivo deve ritenersi infondato sulla base della valutazione resa dalla Corte di giustizia di II° e dell’orientamento già espresso da questa Corte in tema di motivazione dell’avviso che segue a comunicazione DOCFA, in base al quale in tema di classamento di
immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito di tale procedura, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita; mentre, ove vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. 19/11/2024, n. 29754 (Rv. 673082 – 01)).
1.2. Va anche sottolineato che la qualificazione finale adottata dalla CTR con la propria sentenza riprende la consistenza proposta dallo stesso contribuente, ancorché qualificando nella diversa categoria A/1 l’immobile.
1.3. La censura è dunque infondata.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione o falsa applicazione dell’art.48 D.Lgs. n.546/1992, de ll’ art.112 c.p.c. e degli artt. 3 L. n.241/1990 e 7 L.n.212/2000 in relazione all’art.360 co. 1, n.3 c.p.c.
Il ricorrente sostiene che la Commissione Tributaria Regionale abbia errato nel ritenere ammissibile e valida una “proposta conciliativa” avanzata dall’Agenzia delle Entrate in corso di giudizio, senza che fosse stata formalizzata una vera e propria istanza di conciliazione ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992, determinando così una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del diritto di difesa. Avrebbe dovuto invece considerare l’iniziativa della amministrazione come u na rettifica dell’avviso operata dall’Ufficio in corso di giudizio ed annullare l’avviso originario per difetto
di motivazione, senza consentire un inammissibile giudizio ex post sulla sufficienza della motivazione dell’avviso.
2.1. Trattasi di motivo misto, rubricato solo come violazione di legge ma contenente, in realtà, anche censure di nullità della sentenza per violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c.
2.2. Il motivo è infondato.
2.3. Nella fattispecie, l’avviso in questione non è stato ritenuto invalido per ragioni formali (mancata motivazione) e, quindi, il giudice tributario aveva cognizione estesa al merito.
Questa Corte ha statuito (Cass. 25/11/2022, n.34723) -trattando dei caratteri generali del processo tributario che ‘il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’Ufficio (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18777 del 10/09/2020, Rv. 658860 01).’
Il processo tributario non è perciò diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (v., ex plurimis , Cass., 30 ottobre 2018, n. 27574; Cass., 19 novembre 2014, n. 24611; Cass., 21 novembre 2013, n. 26157; Cass., 12 luglio 2006, n. 15825; Cass., 2 dicembre 1993, n. 11958; Cass., 4 maggio 1990, n. 3718; Cass., 18 giugno 1987, n. 5352).
Ciò può ovviamente avvenire a prescindere dal comportamento processuale dell’Agenzia delle Entrate, che, in questo caso, ha formulato considerazioni ulteriori in sede di giudizio.
2.4. Dunque, la CTR ha correttamente operato una nuova valutazione, sugli elementi probatori dedotti dalle parti, in base ai poteri che le sono attribuiti.
Del resto, è stato già chiarito che in tema di revisione catastale, la preclusione ad una postuma e tardiva integrazione, con valore sanante, di una motivazione carente o insufficiente del provvedimento di riclassamento non impedisce all’Amministrazione finanziaria di controdedurre rispetto alle censure del contribuente in sede processuale per difendere la motivazione ab origine adeguata, anche con la prospettazione ad abundantiam di nuovi argomenti o la produzione di nuovi documenti, che non erano stati enunciati, riprodotti o menzionati nell’avviso di rettifica catastale, ma che, comunque, assumono rilevanza processuale sul piano della delimitazione del thema decidendum e del thema probandum (Cass. 13/06/2024, n. 16573 (Rv. 671320 – 01)).
2.5. Le caratteristiche dell’immobile, nella fattispecie, sono inoltre rimaste confermate e, avendo l ‘ amministrazione prospettato la diversa classificazione nel corso del giudizio di merito, il contraddittorio e le possibilità difensive non ne sono risultate compromesse. Infine, a seguito della classificazione in A/1 è stata attribuita una minore rendita, quantificata in € 1.523,54 anziché € 2.386,03.
2.6. Non vi è dunque né la invocata violazione di legge, né una integrazione postuma della motivazione (del resto incompatibile con il diverso classamento), né una violazione del petitum .
2.7. Il motivo non merita accoglimento.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art.115 c.p.c. e degli artt.6, 7, 9 e 61 D.P.R. n. 1142/1949 in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art.132, comma 2, n.4 c.p.c., dell’art.118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 36, co. 2 D.Lgs. n.546/1992 in relazione all’rart.360 comma 1, n.4 c.p.c.
La decisione della CTR sarebbe viziata da una motivazione apparente, dall’omessa valutazione delle prove decisive e dalla violazione delle norme che regolano il classamento catastale, con conseguente erronea qualificazione del l’ immobile, in quanto la CTR si sarebbe limitata a recepire acriticamente le tesi dell’ufficio senza effettuare una valutazione comparativa, e senza tenere in considerazione i documenti e le fotografie prodotte dal ricorrente.
3.1. Trattasi anche in questo caso di motivo misto.
3.2. Con riferimento alla motivazione apparente, deve rilevarsi che per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354) (Cass. 20/07/2023 n. 2023).
3.3. La ipotesi non ricorre nella fattispecie, in cui la CTR ha argomentato espressamente le ragioni del proprio convincimento, al termine della valutazione del materiale probatorio. Non risulta quindi violato il c.d. minimo costituzionale della motivazione.
Sotto tale profilo la censura dedotta è infondata.
3.4. Quanto al diverso profilo con cui si contesta che la CTR non avrebbe effettuato una valutazione comparativa, e non avrebbe tenuto in considerazione i documenti e le fotografie prodotte dal ricorrente, trattasi di aspetto non sindacabile in questa sede.
E’ consolidato il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 c.p.c., non richiede che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di
appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
3.5. Il motivo va dunque rigettato.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art.360, comma 1 n.5 c.p.c., in violazione o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n.4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art.36, co. 2 D.Lgs. n.546/1992 in relazione all’art.360 comma 1, n.4 c.p.c. Il ricorrente lamenta che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) non abbia considerato la documentazione da lui prodotta riguardo al calcolo della consistenza dell’immobile, in particolare il numero e la destinazione dei vani e l’omessa valutazione delle planimetrie, e che abbia quindi errato nel confermare la valutazione dell’ufficio.
Con il quinto motivo di ricorso, si contesta la violazione dell’art.51 D.P.R. n.1142/1949 in relazione all’art.360, co. 1 n.3 c.p.c.
La Commissione Tributaria Regionale avrebbe erroneamente applicato l’aumento del 10% alla consistenza dell’immobile, previsto per le aree pertinenziali, senza verificare se tale circostanza fosse già stata considerata nell’attribuzione della classe e senza fornire adeguate motivazioni.
Il ricorrente deduce nello specifico che il giardino è elemento caratteristico della categoria catastale A/7-abitazioni in villino e che dunque non poteva essere tenuto in considerazione perché l’art.51 del D.P.R. n.1142/1949 rubricato “computo delle dipendenze” dispone che: ‘E’ aumentata di una percentuale non maggiore del 10% la consistenza delle unità immobiliari alle quali siano annesse aree formanti parti integranti di esse … quando tali circostanze non siano state tenute presenti nell’attribuzione d ella classe’.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta connessione.
6.1. La questione sottoposta con i motivi n. 4 e n. 5 attiene a profili sostanzialmente fattuali, in particolare inerenti alla valutazione del giudice di merito della consistenza delle unità immobiliari, sottratta, in quanto tale, al sindacato di legittimità, ed in ogni caso operati dalla CTR alla luce delle prove prodotte in atti.
6.2. Inoltre, bisogna evidenziare che si tratta di c.d. ‘ doppia conforme ‘ , e quindi, con riferimento alla dedotta doglianza di cui all’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., la censura, per come proposta, non può essere fatta valere. Difatti, in siffatta ipotesi, prevista dall’art. 348 -ter , quinto comma, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente per cassazione -per evitare l’inammissibilità del motivo – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 5 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., 6 agosto 2019, n. 20994; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, n. 19760; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2022, n. 10644; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2022, n. 11707; Cass., Sez. 6^-5, 28 aprile 2022, n. 13260); nella specie, però, a fronte della soccombenza nel doppio grado di merito, il ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto differenti a seconda del giudizio; ne discende che le questioni sono state esaminate e decise in modo uniforme dai giudici del doppio grado di merito, per cui non ne è possibile alcun sindacato da parte del giudice di legittimità in relazione alla violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (art. 348ter , quinto comma, c.p.c.). (Cass. 29/02/2024, n. 6501).
6.3. In ogni caso la censura, sotto il profilo della violazione di legge ( ex art. 360 c. 1, n. 3) per il numero dei vani, sarebbe anche infondata, atteso che il numero degli stessi è stato correttamente applicato. In particolare, nella fattispecie si trattava di dieci vani, risultanti dal calcolo che segue: otto vani più uno (derivante dal moltiplicatore dello 0.33 x 3) oltre l’ulteriore vano derivante dall’ aumento del 10 % per la loggia scoperta . Difatti, l’invocato art. 51 D.P.R. n.1142/1949 dispone, in tema di computo delle dipendenze, che ‘È aumentata di una percentuale non maggiore del 10% l a consistenza delle unità immobiliari alle quali siano annesse aree formanti parti integranti di esse, ovvero sia congiunto l’uso, in comune con altri, di locali per deposito per bucato e simili, quando tali circostanze non siano state tenute presenti nell’attribuzione della classe’.
Alla luce di tali argomentazioni, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3500,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, in data 11/03/2025.