Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5449 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2979/2023 R.G., proposto
DA
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL );
RICORRENTE
CONTRO
NOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo ex art. 86 cod. proc. civ., in qualità di Avvocato, con studio in Roma, nonché dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato (indirizzi pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL ), giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
CONTRORICCORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 28 novembre 2022, n. 5469/14/2022, notificata a mezzo pec il 29 novembre 2022;
CATASTO ACCERTAMENTO PROCEDURA DOCFA SOLLECITAZIONE EX ART. 1, COMMA 336, L. 311/2004
PRINCIPIO DI DIRITTO
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
L ‘Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 28 novembre 2022, n. 5469/14/2022, notificata a mezzo pec il 29 novembre 2022, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento catastale n. RM0406945/2017 del 16 agosto 2017, con rettifica della rendita da € 2.600,00 ad € 14.800,00 e l’assegnazione della categoria D/8 in luogo della categoria C/6, a seguito di procedura DOCFA (in base a denuncia di variazione del 13 luglio 2016, prot. n. RM0437749) su sollecitazione di Roma Capitale ex art. 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in relazione ad un locale sito in Roma alla INDIRIZZO posto al piano seminterrato, adibito a parcheggio a pagamento e censito in catasto con la particella 154 sub. 606 del folio 548, di cui NOME COGNOME era proprietario, ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 23 giugno 2020, n. 3964/13/2020, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso originario del contribuente -nel senso di ripristinare la categoria C/6 e di ridurre l a rendita ad € 4.950,00 , sul presupposto dell’erronea attribuzione della categoria D/8 rispetto alla destinazione dell’immobile e della commisurazione della rendita alla
superficie dell’immobile in base al raffronto con situ azioni viciniori.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione delle disposizioni in materia di catasto edilizio urbano di cui al r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, al d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, al d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, ed al d.m. 19 aprile 1994, n. 701, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non essere stato tenuto conto dal giudice di appello che « l’avviso di accertamento de quo è stato emesso nell’ambito della procedura Docfa, regolata dal DM n. 701 del 1994, la quale viene attivata su iniziativa della Contribuente, mediante la presentazione della dichiarazione stilata da un tecnico professionista di fiducia espressamente incaricato, ove vengono riportati i dati catastali che si ritengono corretti ».
Pertanto, al di là della sollecitazione proveniente da Roma Capitale, secondo la ricorrente: « L’attribuzione di una categoria catastale diversa da quella inizialmente proposta, pertanto, avrebbe dovuto essere oggetto di una successiva dichiarazione Docfa, da sottoporre al vaglio e al collaudo dell’Amministrazione finanziaria e non, come accaduto, in corso di giudizio ».
2.1 Il predetto motivo è fondato.
2.2 Il giudice tributario non può ripristinare una categoria, la cui variazione in catasto era stata richiesta dallo stesso
contribuente mediante l ‘instaurazione di procedura DOCFA (con denuncia di variazione per aggiornamento), essendo irrilevante che il classamento sia modificato su espressa sollecitazione del Comune ex art. 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Invero, i n ordine all’applicazione dell’art. 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, qualora il contribuente presenti la dichiarazione DOCFA al preciso scopo di ottemperare alla richiesta dell’amministrazione comunale di adeguare il classamento al mutamento apportato dal medesimo allo stato dei luoghi in conseguenza degli interventi edilizi eseguiti (attraverso il testuale richiamo alla nota ricevuta dal Comune, che ne deve contenere l’esplicita enunciazione per giustificare la sollecitazione dell’interessato all’aggiornamento dei dati catastali), non occorre che il successivo avviso di accertamento catastale -con il quale l’amministrazione finanziaria, all’esito delle conseguenti verifiche, apporti eventuali rettifiche delle risultanze catastali (in particolare, della categoria e/o della rendita) contenga anche un’ulteriore elencazione delle variazioni edilizie, che -in quanto presupposto della richiesta di adeguamento – possono ormai considerarsi un dato consolidato ed acquisito tra le parti (stante anche la comunicazione fattane al contribuente), essendo sufficiente che l’onere motivazionale sia soddisfatto mediante la ordinaria e consueta rivalutazione degli elementi fattuali prospettati dal contribuente (in termini: Cass., Sez. Trib., 14 ottobre 2022, n. 30228).
Per cui, l’atto impositivo non deve contenere una motivazione diversa da quella consueta in caso di procedura DOCFA su spontanea iniziativa del contribuente, per la quale è sufficiente la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita
solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, è necessario specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass., Sez. 5^, 31 ottobre 2014, n. 23237; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 6^, 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., Sez. 6^-5, 7 ottobre 2019, n. 25006; Cass., Sez. 5^, 13 agosto 2020, n. 17016; Cass., Sez. 5^, 2 febbraio 2021, n. 2247; Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2021, nn. 3104, 3106 e 3107; Cass., Sez. 6^5, 15 marzo 2021, n. 7210; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41179; Cass., Sez. 5^, 7 aprile 2022, n. 11281; Cass., Sez. Trib., 8 novembre 2023, nn. 31032 e 31073; Cass., Sez. Trib., 5 aprile 2024, n. 9127).
2.3 Nella specie, la sentenza impugnata ha correttamente evidenziato che « i dati contenuti nell’atto impugnato, ivi compresa l’indicazione della categoria D/8 e lo svolgimento di lavori sul bene, sono stati tratti direttamente da quanto risultante dalla stessa dichiarazione di variazione e di riclassificazione catastale dell’immobile operata nell’interesse del ricorrente da professionista incaricato della quale non appare dimostrata l’erroneità, nemmeno alla luce della nuova perizia sull’immobile peraltro p rodotta tardivamente soltanto all’atto del deposito della memoria illustrativa ».
2.4 Si consideri, inoltre, che l’art. 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, prevede che: « Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni
dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita ». Per cui, il contribuente, che non voglia ottemperare alla sollecitazione comunale di aggiornamento catastale, potrà, dopo la conclusione del procedimento d’ufficio, presentare una dichiarazione DOCFA difforme ed impugnare il conseguente avviso di accertamento catastale dell’amministrazione finanziaria (in tal senso, vedasi la circolare emanata dall’Agenzia del Territorio il 4 agosto 2005, n. 10, par. 8, secondo cui: « Nel caso che ad accertamento d’ufficio concluso, la parte, attraverso il proprio tecnico, produca un documento di aggiornamento perfettamente conforme allo stato di fatto rilevato dall’Ufficio, la pratica DOCFA sarà respinta all’atto della presentazione. Qualora lo stato dichiarato dalla parte differisca dallo stato accertato dall’Ufficio, la pr atica DOCFA dovrà essere accettata, ma la stessa sarà oggetto di verifica sopralluogo e di controllo della rendita proposta »).
2.5 Su tali premesse, il collegio ritiene di poter enunciare il seguente principio di diritto:
«In tema di catasto, per l’ipotesi in cui il Comune, dopo aver constatato la presenza di immobili non dichiarati in catasto di proprietà privata ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richieda ai titolari di diritti reali su tali immobili , ai sensi dell’art. 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, di presentare atti di aggiornamento, entro il termine di novanta giorni dalla notifica della richiesta, secondo le formalità previste dal d.m. 19 aprile 1994, n. 701
(mediante « dichiarazioni per l’accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione », ai sensi dell’ art. 56 del d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, ovvero « dichiarazioni di variazione dello stato dei beni », ai sensi dell’art. 20 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall’art. 2 del d.lgs. 8 aprile 1948, n. 514 ), l’avviso di accertamento catastale con cui l’Agenzia delle Entrate rettifichi il classamento aggiornato su iniziativa del contribuente in conformità alla sollecitazione del Comune non deve contenere una motivazione diversa da quella consueta in caso di procedura DOCFA, per la quale è sufficiente la mera indicazione dei dati amministrativo -censuari (categoria, classe, consistenza, superficie e rendita), all’esito della verifica fattane d’ufficio, soltanto se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra dati proposti e dati attribuiti derivi da una valutazione tecnica degli immobili, mentre nel caso in cui vi sia una divergente apprezzamento degli elementi di fatto indicati dal contribuente, è necessario specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso. Viceversa, nel caso in cui il contribuente non ottemperi alla richiesta del Comune nel suddetto termine e l’Agenzia delle Entrate provveda d’ufficio , con oneri a carico dell’interessato, all ‘ iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla rettifica del classamento degli immobili segnalati, è fatta salva la facoltà del contribuente, dopo la conclusione del procedimento d’ufficio, di presentare una dichiarazione DOCFA difforme e, se del caso, di impugnare il conseguente avviso di accertamento catastale dell’ Agenzia
delle Entrate. Ne consegue che, in caso di spontanea ottemperanza all’aggiornamento sollecitato dal Comune , il contribuente non può impugnare il conseguente avviso di accertamento catastale -che abbia parzialmente rettificato il classamento aggiornato – per ottenere il ripristino di dati variati in conformità alla dichiarazione DOCFA ed accettati dall’Agenzia delle Entrate ».
Con il secondo motivo, si denuncia nullità per violazione degli artt. 132 co. proc. civ. e 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4 ), cod. proc. civ. , per essere stato deciso l’appello con motivazione meramente apparente in relazione alla rettifica della categoria e della rendita.
Secondo la ricorrente, « il Giudice di appello non ha esplicitato i motivi per i quali ha assunto che ‘appare evidente che è totalmente errata la categoria D8 e l’immobile va riportato in categoria C6’ e che ‘ Viceversa la rendita catastale che va assegnata deve essere certamente superiore a quella richiesta dall’appellante che chiede che venga riportata ad euro 3.579,00 mentre questa Corte in base al conteggio dei metri quadrati e al raffronto con situazioni viciniori ritiene che vada portata ad euro 4.950,0 0’ ».
3.1 Il predetto motivo è fondato.
3.2 Come è noto, l’art. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), rispetto alla cui violazione la censura può considerarsi implicitamente formulata in base al tenore espositivo del mezzo, dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa
esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 9 aprile 2024, n. 9446).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni co ntrollo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib, 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 9 aprile 2024, n. 9446).
In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6^-5, 14 dicembre 2021, n. 39885; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
3.3 Nella specie, a ben vedere, la motivazione sulla rideterminazione della rendita si rivela solo fittizia, anche all’esito della decisione sul primo motivo, dal momento che la relativa riduzione è strettamente collegata al caducato ripristino della categoria C/6, come si desume dall’espresso riferimento alla pretesa del contribuente di diminuire la rendita fino ad € 3.579,00.
4. Alla stregua delle precedenti argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio