Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19227 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19227 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
Avv. Acc. IRPEF -2012 Movimentazioni bancarie –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27159/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata ex lege .
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 79/2019, depositata in data 21 gennaio 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME iscritto AIRE dal 2005 con domicilio eletto in Varazze, in data 28 giugno 2017, presso la società RAGIONE_SOCIALE
l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con cui l’Ufficio accertava, a seguito di indagini finanziarie, il reddito imponibile per il 2012 ai fini della tassazione IRPEF nella misura di euro 111.000,00 quali redditi diversi e nella misura di € 78.605,53, quali redditi di lavoro autonomo in collaborazione coordinata e continuativa, oltre interessi e sanzioni. L’avviso di accertamento scaturiva dalle risultanze delle indagini della G..di F. con cui si era constatato che il contribuente si era limitato a presentare il modello Unico compilando il solo quadro RW per indicare trasferimento di denaro verso l’estero laddove veniva contestata la fittizietà della residenza estera nel Principato di Monaco.
Avverso l’avviso di accertamento, il contribuente ricorreva dinanzi la C.t.p. di Savona lamentando la mancanza della motivazione dell’atto impositivo e il mancato riconoscimento dei rimborsi spese; si costituiva anche l’ente erariale, deducendo la fittizietà del trasferimento della residenza nel Principato di Monaco, la carenza di prova circa la giustificazione a titolo di rimborso spese degli accrediti pari ad € 111.000,00 e la mancata dichiarazione dei redditi per l’importo di € 78.605,53 che invece risultavano percepiti.
Con sentenza n. 187/2018, la C.t.p. rigettava il ricorso sulla base della considerazione che, in mancanza di esposizione in dichiarazione dei redditi comunque percepiti in varia forma, era legittimo che l’ufficio riprendesse la mancata denuncia dei redditi in Italia delle movimentazioni bancarie relative ad operazioni di accredito in due conti correnti bancari intestati a NOME COGNOME accesi presso la Banca Popolare di Novara; analogamente, riteneva che costituissero reddito i compensi percepiti in qualità di amministratore delle società nei quali ricopriva tale carica.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Liguria; si costituiva l’Ufficio chiedendo il rigetto dell’appello.
La C.t.r. della Liguria, con sentenza n. 79/2020, depositata in data 21 gennaio 2020, rigettava l’appello, confermando la decisione del giudice di prime cure.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Liguria, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 maggio 2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 1 e 3 d.P.r. 22 dicembre 1986, n. 917, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», il contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha violato un fondamentale principio di diritto tributario relativo all’imposizione per cassa da applicarsi alle persone fisiche. In particolare, il contribuente NOME COGNOME è persona fisica per il quale vale il principio impositivo per cassa; conseguentemente, non può essere sommato al totale degli importi accreditati nel 2012 e quindi materialmente incassati dal contribuente quanto già regolarmente dichiarato dal medesimo contribuente con il CUD.
Il motivo di ricorso è inammissibile.
Anzitutto, esso riveste una natura meritale profilandosi la censura evidentemente preordinata ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie in quanto il ricorrente propone elementi attraverso i quali ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata; la prospettazione è evidentemente finalizzata ad ottenere una valutazione delle prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla C.t.r.
In altri termini viene chiesto di effettuare un nuovo esame sul merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal Collegio di seconda istanza la cui decisione dà contezza di come, con riferimento alla rilevanza del principio di cassa e di competenza, i proventi conseguiti dal contribuente come reddito da lavoro dipendente percepito dalla RAGIONE_SOCIALE (che andavano dichiarati nel proprio modello Unico) dovevano essere sommati ai redditi accertati, atteso che il recupero scaturiva da indagini bancarie posto in essere dalla GDF ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 600/73.
2.2. Sotto altro profilo, il motivo è inammissibile anche perché la censura non adempie all’onere di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., di specifica indicazione delle ragioni per le quali la decisione della C.t.r. debba ritenersi emessa in violazione di legge atteso che non sono specificati quali importi siano stati duplicati a cagione della mancata utilizzazione del principio dell’imposizione per cassa; in particolare, il ricorrente ritiene che non può essere sommato al totale degli importi accreditati nel 2012, e quindi materialmente da lui incassati, quanto già regolarmente dichiarato con il CUD, obliterando qualsivoglia argomentazione in ordine all’assunto declinato.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 21 maggio 2025