Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22505 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22505 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
Oggetto: Tributi -Accertamento bancario
ordinanza
all’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO sul ricorso iscritto al n. 25031/2023 R.G. proposto da Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa d Portoghesi n. 12;
-ricorrente –
Contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in atti; PEC: EMAILpec.EMAIL
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, n. 6312/09/2022, depositata il 11.07.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Agrigento accoglieva il ricorso proposto da COGNOME NOME, esercente l’attività di notaio, avverso l’avviso di
accertamento, relativo ad imposte dirette ed altro, per l’anno d’imposta 2008;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate osservando, per quanto qui rileva, che:
la consulenza tecnica di parte, prodotta solo in sede contenziosa, era utilizzabile ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ.;
-la sanzione di inutilizzabilità, prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale di esibizione da parte dell’Amministrazione;
il primo giudice non aveva esaminato solo l’elaborato del consulente di parte, ma anche la documentazione prodotta, formandosi un proprio convincimento in ordine ai vizi di cui risultava affetto l’atto impositivo;
nel caso in esame non era stata fornita alcuna prova sulla sussistenza di compensi non dichiarati dalla contribuente, desumibili dalle operazioni bancarie, in quanto l’accertamento si fondava su operazioni finanziarie considerate più volte, su operazioni bancarie di segno contrastante che si elidevano a vicenda e su operazioni giustificate dall’appellata con adeguata documentazione; nel recupero di operazioni per masse risultavano operazioni non contestate dall’appellante che si era limitato a riportare le giustificazioni espresse per il rigetto in occasione dell’accertamento con adesione;
-l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
NOME COGNOME resisteva con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 d.P.R. n. 600/1973 e 52 d.P.R. 633/1972,
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere il giudice di appello considerato ai fini della decisione documenti che la contribuente aveva prodotto solo in giudizio, sebbene fossero stati richiesti dall’Amministrazione finanziaria già nella fase istruttoria del procedimento tributario con specifico invito corredato dall’avviso d’inutilizzabilità, amministrativa e processuale, degli stessi documenti, laddove non esibiti;
il motivo è inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza;
-occorre premettere che l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 (richiamato dall’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 quanto all’IVA) prevede che « le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile ».
– secondo un orientamento ormai consolidato di questa Corte, « in tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purché
accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco » (Cass. n. 11765 del 26/05/2014; Cass. n. 453 del 10/01/2013; Cass. n. 27069 del 27/12/2016);
-l’omessa o intempestiva risposta sui dati richiesti dall’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento comporta, quindi, ai sensi dell’art. 32, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1972, l’automatica inutilizzabilità, amministrativa e processuale, della documentazione prodotta tardivamente, in quanto è direttamente ed oggettivamente riferita alla sussistenza di tale condotta, per il solo fatto oggettivo della mancata trasmissione della documentazione, non essendo richiesto alcun ulteriore meccanismo di attivazione di parte; l’eventuale deroga all’inutilizzabilità deve essere fatta valere dal contribuente con le modalità previste dalla norma entro il termine per il deposito dell’atto introduttivo di primo grado (Cass. 22/07/2020, n. 15600, Cass. 22/06/2018, n. 16548; Cass. 23/3/2016, n. 5734);
tale preclusione processuale, peraltro, è prevista a prescindere dalla proposizione, da parte dell’Ufficio, di una tempestiva eccezione e prevale anche rispetto all’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, non potendosi ritenere sanata nemmeno ove l’Amministrazione finanziaria non sollevi la relativa eccezione in sede di udienza di discussione della causa, atteso il carattere perentorio del termine di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973; pertanto, l’omessa o intempestiva risposta è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa e neppure trova applicazione l’art. 57 d.lgs n. 546 del 1992, che non consente alle parti di proporre in appello domande ed eccezioni nuove (Cass. n. 1539 del 2024 e Cass. n. 15600 del 2020);
– nel caso in esame, come si evince dal contenuto del ricorso per cassazione, l’Ufficio ha invitato la contribuente a fornire « chiarimenti con riguardo ai movimenti finanziari (versamenti e prelevamenti di importo superiore a € 250,00) recati da un supporto informatico allegato allo stesso invito e relativi agli anni 2008, 2009 e 2010 » e « a produrre il registro delle fatture emesse, quello degli incassi e pagamenti, quello degli onorari e quello degli acquisti e vendite ai fini dell’IVA» , convocando il notaio presso i locali dell’Agenzia;
– non risulta, invece, rispettata la sequenza procedimentale prevista dall’art. 32 cit. -condizione necessaria anche alla luce della sentenza n. 137 del 2025 della Corte costituzionale -non avendo l’Amministrazione riportato il contenuto dell’invito ad esibire la documentazione, nella parte in cui risultavano indicati i termini e le modalità con i quali la richiesta di esibizione era stata formulata nei confronti della contribuente, ivi compreso l’avvertimento che, nell’ipotesi di omesso adempimento dell’invito, non sarebbe più stato possibile produrre in giudizio la documentazione richiesta;
– con il secondo motivo, denuncia la nullità del procedimento per falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (principio di non contestazione) , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 d.P.R. 600/1973 e 51 d.P.R. 633/1972, 2697, 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. , per avere la CTR errato nell’affermare che l’Ufficio non aveva contestato specificatamente nel proprio atto di appello le giustificazioni addotte dalla contribuente a sostegno della movimentazione bancaria, in base alla quale era stato effettuato il recupero fiscale, e che era onere dell’Agenzia fornire la prova contraria alle giustificazioni della contribuente, ritenendo che tale prova non fosse stata fornita, sebbene l’Agenzia ave sse allegato la prova presuntiva dell’abitudine
della contribuente di versare sul conto corrente intestato al marito alcune somme percepite a titolo di compenso professionale, scaturendone un indizio grave, preciso e concordante circa la analoga e coerente natura degli altri accrediti sul conto corrente del coniuge, privo di fonti di reddito proprie;
il motivo è fondato nei termini di seguito indicati;
secondo un indirizzo ormai consolidato di questa Corte, cui questo collegio intende dare seguito, qualora l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. n. 21303/2013);
-la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; fermo restando che, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore
presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass. n. 29572 del 2018);
il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici e il giudice di merito deve ‘individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative’ (Cass. n. 11102 del 2017);
nella specie, la CTR si è ingiustificatamente sottratta alle attività sopra descritte, in quanto ha omesso di indicare, in maniera specifica e dettagliata, su quali elementi forniti dal contribuente aveva fondato il proprio convincimento;
nel richiamare la sentenza di primo grado e le conclusioni del consulente tecnico di parte, i giudici di appello si sono limitati ad affermare in maniera generica il superamento da parte del contribuente della presunzione legale posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972 ( ‘ La sentenza impugnata reca tutta una serie di evidenze messe in rilievo dalla relazione di perizia (le tabelle allegate all’avviso di accertamento risultano incomplete e riportano, per ciascuna operazione, una generica annotazione del tipo di operazione rilevata; nell’accertamento bancario vengono incluse operazioni contenute in conti di servizio delle banche (indicati dall’Ufficio come “Altri Rapporti Extraconto”), che in realtà costituiscono una contabilità interna, con la conseguenza che la stessa operazione è confluita più volte
nell’accertamento bancario; non tutte le operazioni transitate sui conti correnti della contribuente sono state incluse nell’accertamento, essendo rimaste escluse sia operazioni in uscita afferenti al pagamento di tasse di registro, valori bollati ed altro (pagamenti per conto clienti), sia operazioni in entrata (versamenti da riscossione fatture) che vanno a bilanciare l’accertamento; l’Ufficio ha proceduto al recupero di operazioni risultanti da conti di servizio delle banche per la ricezione del protesto ed ha tramutato in compensi i relativi importi non riscossi; nel recupero effettuato per masse, l’Ufficio ha fatto confluire operazioni di giroconto, operazioni di addebito/accredito, di assegni insoluti e protestati che il notaio in precedenza aveva versato sul conto, operazioni di emissione assegni bancari per l’acquisto dello studio notarile ed operazioni di emissione di assegni circolari per il pagamento dei contributi dovuti alla cassa notarile) che non vengono in alcun modo anche in questa sede presi in esame e contestate dall’appellante, che si è limitato a riportare le giustificazioni espresse per il rigetto in occasione dell’accertamento con adesione’ ) , ma non hanno fornito spiegazioni in relazione a ciascuno degli elementi probatori indicati dal contribuente e, soprattutto, con specifico riferimento alle singole poste accertate come ricavi non dichiarati; – in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al motivo accolto e rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame e anche per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa
composizione, per nuovo esame e anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 28 maggio 2025.