Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14707 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14707 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14386/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sé medesimo, ex art. 86 c.p.c.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LIGURIA-GENOVA n. 1422/2018 depositata il 31/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
COGNOME NOME , di professione avvocato, era attinto da avviso di accertamento mediante il quale, ai sensi degli artt. 32, comma 1, DPR n. 600 del 1972 e 51, comma 2, DPR 633 del 1972, in difetto di presentazione della dichiarazione annuale, veniva rideterminato il reddito professionale per l’a.i. 2009 ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette ed indirette, con maggiorazione di interessi e sanzioni.
Successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014 era intervenuto atto di autotutela parziale mediante il quale dai recuperi sono stati espunti i prelevamenti, residuando i soli versamenti (fg. 3 sent. in epigrafe).
Con sentenza n. 178/3/2015 del 28 gennaio 2015, la CTP di La Spezia, adita impugnatoriamente dal contribuente, rigettava il ricorso.
Il contribuente proponeva appello, respinto dalla CTR della Liguria, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
-l’obbligo per l’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale ‘sussiste, in materia di tributi non armonizzati, solo se specificamente previsto, quindi non nel caso dei cosiddetti accertamenti ‘a tavolino”;
-la questione relativa all’applicazione di C. Cost. n. 228 del 2014 è superata a seguito dell’atto di autotutela parziale, fermo restando che la presunzione legale viene meno solo in relazione ai prelevamenti, ma non anche in relazione ai versamenti, ingiustificati;
-circa la ‘pretesa insussistenza dei presupposti per il ricorso alle indagini bancarie’, le relative censure ‘sono palesemente infondate’, stante la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi;
-‘non sussiste il vizio di difetto di motivazione denunciato , atteso che l’Amministrazione, anche qualora abbia concretamente avviato il contraddittorio endoprocedimentale, non è certo tenuta a confutare analiticamente tutti gli elementi di valutazione allegati dal privato. La censura, peraltro, è inammissibilmente generica in quanto l’appellante ha omesso di indicare gli elementi o le circostanze che, in ipotesi, avrebbero potuto determinare un diverso esito dell’azione accertativa’;
-‘parimenti inammissibili sono le doglianze sollevate con i residui motivi di impugnazione che si sostanziano in generici richiami ai precetti costituzionali ovvero prospettano l’implausibile ipotesi di indebito arricchimento dell’RAGIONE_SOCIALE‘.
Propone ricorso per cassazione il contribuente con sei motivi. Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.
1.1. La sentenza impugnata si limita ad affermazioni apodittiche, non contenendo alcuno degli elementi previsti dalle rubricate disposizioni di legge.
1.2. Il motivo è manifestamente infondato.
È sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per rilevare come la stessa esibisca una motivazione effettiva sia dal punto di vista grafico che dal punto di vista contenutistico, in tal guisa integrando pienamente il requisito del cd. minimo costituzionale, solo violato il quale rileva il denunciato vizio di omessa od apparente motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Secondo motivo: nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame di fatti decisivi controversi.
2.1. Nessuna RAGIONE_SOCIALE censure proposte con il ricorso introduttivo e con il ricorso in appello è stata affrontata dalla CTR, che esprime solo affermazioni apodittiche, prive di valore motivazionale.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Esso, in disparte che non evoca la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., come invece avrebbe dovuto coerentemente con il preteso vizio di pretermissione RAGIONE_SOCIALE censure sollevate, alla luce del dedotto art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non paventa alcun fatto storico -unico rilevante agli effetti del corrispondente paradigma -di cui il giudice di rinvio avrebbe omesso l’esame.
Esso, inoltre, incorre in difetto di precisione ed autosufficienza a misura che non riproduce, mediante congrua citazione letterale, le ‘censure’ che suppone pretermesse, essendo, a tal fine, del tutto insufficienti i brevissimi ed a loro volta generici richiami contenuti nella parte del ricorso dedicata allo svolgimento del processo.
Esso, ad ogni buon conto, è manifestamente infondato, sol che si consideri che la CTR, enunciati i motivi devolutile (senza che sul punto emergano contestazioni), li confuta, poi, finanche ‘singulatim’.
Terzo motivo: violazione o falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, DPR n. 600 del 1973 e dell’art. 54, comma 2, DPR n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
3.1. Incongruamente l’RAGIONE_SOCIALE ha affermato non essere stata fornita dal contribuente alcuna giustificazione. Illegittima è la mera adesione del giudice d’appello alla prospettazione agenziale.
3.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile perché non riproduce, nella parte saliente, la motivazione dell’avviso, né indica, localizza negli atti di merito e riproduce, o almeno riassume, i documenti attestanti le giustificazioni fornite, dapprima all’RAGIONE_SOCIALE, indi alla CTR.
Esso è manifestamente infondato, poiché, come rammentato dalla CTR, la S.C. insegna che, ‘in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza RAGIONE_SOCIALE relative risultanze’ (cfr., ad es., Sez. 5, n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 -01). In ragione di quanto precede, la presunzione ‘consente all’Amministrazione finanziaria di riferire ‘de plano’ ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai
conti correnti bancari del contribuente’ (Sez. 5, n. 10249 del 26/04/2017, Rv. 644098 -01). Ciò significa che, ‘qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova, non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili’ (in termini, da ultimo, Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618 -01).
Il motivo non si confronta minimamente con – né ‘a fortiori’ propone concreti ed analitici elementi di valutazione per contrastare – l’accertamento in fatto compiuto dalla CTR, ad esito di esame documentale, circa il non avere il contribuente fornito elementi giustificativi in ordine all’estraneità dei singoli versamenti all’attività professionale.
Quarto motivo: violazione o falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, DPR n. 600 del 1973 e dell’art. 54, comma 2, DPR n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
4.1. A seguito di C. Cost. n. 228 del 2014, la previsione dell’art. 32, comma 1, DPR n. 600 del 1973, è stata ‘ripristinata nella forma precedente, che, quindi, torna a non essere applicabile ai professionisti’.
4.2. Il motivo è infondato.
Costituisce costante principio di diritto, da cui non v’è ragione di discostarsi, quello a termini del quale, ‘resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con
riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti’ (cfr., da ult., Sez. 5, n. 22931 del 26/09/2018, Rv. 650334 -01; Sez. 6 -5, n. 7951 del 30/03/2018, Rv. 647721 -01; Sez. 5, n. 16697 del 09/08/2016, Rv. 640983 -01).
Quinto motivo: violazione o falsa applicazione dell’art. 12 st. contr., dell’art. 24 l. n. 4 del 1929, richiamato dall’art. 13 D.Lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
5.1. Poiché l’accertamento riguarda anche l’IVA, erano dovuti il rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12 st. contr. e la notifica del verbale conclusivo di cui agli artt. 24 l. n. 4 del 1929 e 13 D.Lgs. n. 472 del 1997.
5.2. Il motivo è infondato.
Sez. U, n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 -01 – cui si deve il principio di diritto a termini del quale, ‘in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi ‘armonizzati’, mentre, per quelli ‘non armonizzati’, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito’ -osserva (in motivazione, par. IV.1, pp. 20 ss.) che
le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, l. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (cfr.: Cass. 15010/14, 9424/14, 5374/14, 2593/14, 20770/13, 10381/11). Nel senso indicato militano univocamente il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) e, soprattutto, quello del primo comma dell’art. 12 l. 212/2000 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite ‘in loco’), che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”; ad operazioni, cioè, che costituiscono categorie d’intervento accertativo dell’Amministrazione tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui all’art. 52, comma 1, d.p.r. 633/1972, richiamato, in tema di imposte dirette dall’art. 32, comma 1, d.p.r. 600/1973 e, in materia di imposta di registro, dall’art. 53 -bis d.p.r. 131/1986 .
Si è, dunque, in presenza di una situazione, in cui il ravvisare nella disposizione in rassegna la fonte di un generalizzato diritto del contribuente al contraddittorio fin dalla fase di formazione della pretesa fiscale comporterebbe un’inammissibile interpretazione abrogans di parte qualificante del dato normativo. Ciò tanto più in considerazione del fatto che non irragionevole proiezione teleologica del riportato dato testuale -univocamente tendente alla limitazione della garanzia
del contraddittorio procedimentale di cui all’art. 12, comma 7, l. 212/00 alle sole verifiche ‘in loco’ -è riscontrabile nella peculiarità stessa di tali verifiche, in quanto caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, in quanto intromissione pertinenza del di elementi peculiarità stessa di tali verifiche, valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali.
Al riguardo, non può, d’altro canto, trascurarsi di riflettere, ulteriormente, sul fatto che Cass., ss.uu., 18184/13 -nel definire il principio di diritto affermato (in merito alla nullità, pur non espressamente comminata dell’atto impositivo emanato senza il rispetto del termine dilatorio di cui all’articolo 12, comma 7, l. 212/2000) -ha, non a caso, espressamente correlato la decorrenza del termine dilatorio, destinato all’espletamento del contraddittorio, al momento del rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni “al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività”.
‘Ergo’, secondo le Sezioni Unite, ‘le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, l. 212/2000’ non si applicano al di fuori dei casi tassativamente previsti di attività ‘invasive’ (accessi, ispezioni e verifiche fiscali).
La successiva giurisprudenza è allineata all’insegnamento RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, affermando che il processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, della cui copia l’art. 12, comma 7, st. contr., richiede il rilascio al contribuente almeno sessanta giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento,
deve intendersi riferito alla conclusione di accessi, ispezioni e verifiche fiscali svolte nei locali dell’impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni, quando esse siano state completate presso gli uffici dell’ente impositore (Sez. 6 -5, n. 17818 del 01/06/2022).
D’altronde, premesso che dalla sentenza impugnata si evince avere avuto il contribuente la concreta possibilità di interloquire con l’Amministrazione nel corso del procedimento, lamentandosi infatti dell’insufficienza motivazionale dell’avviso rispetto alle giustificazioni addotte, di guisa da essere stato ossequiato il contraddittorio endoprocedimentale, in riferimento al vertersi, nella specie, anche di IVA (oltreché di imposte dirette), il medesimo, a tutto voler concedere, non dimostra di aver adempiuto all’onere di indicare concrete ragioni non meramente pretestuose che avrebbe potuto far valere già innanzi alla RAGIONE_SOCIALE.
Sesto motivo: violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
6.1. ‘Relativamente alle ulteriori censure mosse in primo grado e riportate in premessa si fa rinvio a quanto riportato nell’originario ricorso , chiedendo, anche per dette violazioni, la cassazione della sentenza impugnata’.
6.2. Il motivo è inammissibile.
Esso incorre in difetto di precisione ed autosufficienza: invero, come già rilevato in sede di disamina del secondo motivo di ricorso, le ‘ulteriori censure di cui si tratta’ non sono minimamente sviluppate nella parte del ricorso dedicata allo svolgimento del processo.
D’altronde esso oblitera quanto espressamente osservato dalla CTR nel sancire l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE ‘doglianze sollevate con i
residui motivi di impugnazione’, siccome consistono ‘in generici richiami ai precetti costituzionali ovvero prospettano l’implausibile ipotesi di indebito arricchimento dell’RAGIONE_SOCIALE‘.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate in euro 2.500, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 24 aprile 2024.