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Accertamento bancario professionisti: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29739/2025, ha chiarito un punto fondamentale sull’accertamento bancario professionisti. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, la presunzione che i prelievi ingiustificati costituiscano compensi non si applica più ai lavoratori autonomi. Tuttavia, la Suprema Corte ha ribadito che la presunzione legale per cui i versamenti bancari non giustificati sono considerati ricavi imponibili rimane pienamente valida. Di conseguenza, ha cassato la sentenza di merito che aveva annullato integralmente l’accertamento, rinviando la causa per un nuovo esame che tenga conto di questa distinzione.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Bancario Professionisti: I Versamenti Ingiustificati Sono Sempre Ricavi

L’ordinanza n. 29739/2025 della Corte di Cassazione offre un chiarimento cruciale in materia di accertamento bancario professionisti, un tema di grande interesse per lavoratori autonomi e liberi professionisti. La Suprema Corte ha ribadito una distinzione fondamentale tra versamenti e prelievi, confermando che la presunzione di ricavo per i versamenti ingiustificati sul conto corrente rimane pienamente operativa, anche dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale.

Il Caso: Un Avviso di Accertamento Basato su Indagini Finanziarie

Un lavoratore autonomo riceveva un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relativo all’anno d’imposta 2011. L’atto si basava sulle risultanze di indagini finanziarie che avevano evidenziato versamenti e prelievi sui suoi conti correnti ritenuti non giustificati. Il contribuente impugnava l’atto e la Commissione Tributaria Regionale (CTR) accoglieva le sue ragioni, annullando integralmente la pretesa fiscale. La CTR riteneva che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, la presunzione legale prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973 non fosse più applicabile ai professionisti, né per i prelievi né per i versamenti. Contro questa decisione, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in Cassazione.

La questione dell’accertamento bancario per professionisti

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione degli effetti della sentenza della Consulta n. 228/2014. Tale pronuncia aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma che presumeva i prelievi ingiustificati come compensi per i lavoratori autonomi. La CTR aveva esteso erroneamente questo principio anche ai versamenti, annullando di fatto ogni possibilità per il Fisco di utilizzare le indagini bancarie come strumento di accertamento per questa categoria di contribuenti. La Cassazione è stata chiamata a fare chiarezza su questo punto, definendo i confini precisi della presunzione legale.

La Decisione della Corte di Cassazione: Una Distinzione Cruciale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR e chiarendo in modo definitivo la portata della presunzione nell’accertamento bancario professionisti.

La Presunzione sui Versamenti Resta Valida

Il punto centrale della decisione è che la sentenza della Corte Costituzionale ha inciso esclusivamente sulla presunzione relativa ai prelievi. Resta, invece, pienamente valida e invariata la presunzione legale secondo cui i versamenti effettuati su un conto corrente da un professionista o lavoratore autonomo, se non adeguatamente giustificati, sono considerati ricavi non dichiarati. Questo perché un’entrata di denaro sul conto corrente è logicamente e naturalmente riconducibile a un’entrata economica derivante dall’attività professionale.

La Differenza con i Prelevamenti

Per i prelievi, il discorso è diverso. La Corte Costituzionale ha ritenuto irragionevole equiparare un prelievo a un compenso, poiché il denaro prelevato dal professionista può essere destinato a spese personali, familiari o a investimenti non inerenti all’attività. Per questo motivo, la presunzione è stata dichiarata incostituzionale, ma solo per questa specifica tipologia di movimentazione.

Le motivazioni

La Cassazione, nel motivare la sua decisione, ha richiamato un proprio consolidato orientamento (in particolare, la sentenza n. 22931/2018), secondo cui l’esito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 non ha intaccato la presunzione legale che assiste i versamenti. L’equiparazione tra attività imprenditoriale e professionale è venuta meno solo per i prelevamenti. Per i versamenti, invece, l’onere della prova resta a carico del contribuente, il quale deve dimostrare in modo analitico che le somme accreditate sul proprio conto non costituiscono ricavi imponibili, ma provengono da fonti diverse e lecite.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: per i professionisti e i lavoratori autonomi, i controlli basati sulle movimentazioni bancarie rimangono uno strumento efficace per l’Amministrazione Finanziaria. La distinzione tra prelievi e versamenti è netta: mentre i primi non possono più essere automaticamente considerati compensi, i secondi, se non giustificati, sono legalmente presunti come ricavi. Questa decisione sottolinea l’importanza per ogni professionista di mantenere una contabilità chiara e di essere sempre in grado di documentare l’origine di ogni accredito sui propri conti correnti, per non incorrere in un oneroso accertamento fiscale.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, i versamenti sul conto di un professionista possono ancora essere considerati ricavi non dichiarati?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la sentenza della Corte Costituzionale ha eliminato la presunzione solo per i prelievi. La presunzione legale secondo cui i versamenti ingiustificati costituiscono ricavi imponibili per i professionisti rimane pienamente in vigore.

Qual è la differenza tra la presunzione applicata ai versamenti e quella applicata ai prelievi per un lavoratore autonomo?
Per i versamenti, vige una presunzione legale: si considerano ricavi a meno che il professionista non provi il contrario. Per i prelievi, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, questa presunzione non è più applicabile, poiché è stato ritenuto irragionevole equiparare un prelievo a un compenso non dichiarato.

Cosa deve fare un professionista per evitare che un versamento sul proprio conto venga considerato un ricavo imponibile in un accertamento bancario?
Il professionista ha l’onere di provare in modo analitico che ogni versamento non giustificato non deriva da compensi professionali. Deve quindi dimostrare l’origine lecita ed estranea all’attività lavorativa delle somme accreditate, fornendo documentazione adeguata a supporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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