Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34722 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34722 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
STOCCO NOME COGNOME
– intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 3323/2016 depositata in data 29 novembre 2016, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 28 novembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Irpef -indagini bancarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28499/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
La CTR della Calabria accoglieva in larga parte l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza della CTP di Cosenza che ne aveva rigettato il ricorso contro un avviso di accertamento per imposte dirette dell’anno di imposta 2006, fondato sulle risultanze delle indagini bancarie; in particolare i giudici di appello evidenziavano che negli atti di parte fosse incontestato che i ricavi erano superiori all’ammontare dei versamenti bancari e che la parte aveva dato conto della riferibilità di ogni singola movimentazione delle somme versate sul proprio conto a quelle oggetto di dichiarazione mentre l’ufficio per sole tre operazioni aveva segnalato discrasie tra ricavi e versamenti, nulla analiticamente opponendo alle deduzioni di parte; di conseguenza riducevano il valore dell’accertato ad euro 10.699,00.
Contro tale decisione l ‘Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La contribuente intimata, alla quale il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. presso il difensore in appello, non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28 novembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la difesa erariale deduce violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la motivazione sarebbe meramente parvente laddove attribuisce rilevanza, quale prova offerta dal contribuente, all’ammontare complessivo dei ricavi dichiarati in quanto, evidentemente, l’accertato è un dato ulteriore rispetto al dichiarato.
Col secondo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., deduce l’omesso esame di fatti decisivi e oggetto di discussione tra le parti , in quanto laddove ha evidenziato che l’ufficio
aveva segnalato solo tre casi di discrasia ha omesso di esaminare che in realtà aveva contestato l ‘ assenza di giustificazione di ogni versamento oggetto di ripresa e che la parte non aveva affatto documentato tale giustificazione.
Col terzo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. , avendo la CTR omesso di esaminare l’appello dell’ufficio che , solo per esempio, aveva fatto riferimento a tre specifiche operazioni.
Con il quarto motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 in quanto in tema di indagini bancarie spetta al contribuente dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili a operazioni imponibili mentre l’onere probatorio dell’amministrazione è soddisfatto dai predetti dati e la prova che il contribuente deve fornire deve essere analitica.
1.1. Va preliminarmente osservato che il ricorso per cassazione è tempestivo avendo l’Agenzia delle entrate proposto lo stesso usufruendo del termine di sospensione semestrale previsto dall’art. 11, comma 9, del d.l. n. 50/2017, conv. nella legge n. 96/2017.
In particolare, l’art. 11, comma 9, decreto-legge n. 50/2017, prevede che: «Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017»; in base a tale disposizione il termine di sospensione di sei mesi si aggiunge al termine previsto per l’impugnazione della sentenza qualora lo stesso viene a scadere nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto-legge e il 30 settembre 2017 (Cass. n. 7510/2024; Cass. n. 26175/2024); con riferimento, poi, al computo del periodo di
sospensione feriale, questa Corte (Cass. n. 19587/2019; Cass. n. 12488/2021) ha precisato che nel caso in cui il termine di impugnazione scada entro il periodo compreso tra la data di entrata in vigore della previsione normativa in esame ed il 30 settembre 2017, non risulta applicabile la sospensione feriale dei termini, essendo la stessa già compresa nel periodo di sospensione previsto dall’art. 11, comma 9, decreto legge n. 50/2017, e non essendo ipotizzabile, in assenza di espressa disposizione normativa, che in relazione al medesimo periodo di tempo si applichi una doppia sospensione; il suddetto principio è stato affermato da questa Corte (Cass. n. 10252/2020) anche con riferimento al periodo di sospensione legale di cui all’art. 39, comma 12, decreto-legge n. 98/2011, che aveva previsto che erano sospesi, sino al 30 giugno 2012, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio; invero, anche in relazione al suddetto periodo di sospensione è stato affermato che non deve prorogarsi ulteriormente la scadenza del termine de quo in ragione del periodo di sospensione feriale compreso tra l’1 agosto 2011 ed il 15 settembre 2011, in quanto quest’ultimo è già interamente assorbito dal concorrente decorso della sospensione stabilita in via eccezionale (dal 6 luglio 2011 al 30 giugno 2012) dal d.l. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12 (Cass. n. 14898/2007; Cass. n. 5924/2010; Cass. n. 16876/2014).
Nel caso di specie, essendo stata la sentenza di appello depositata in data 29 novembre 2016, il termine per impugnare, per effetto del regime di sospensione di cui all’art. 11, comma 9, decreto-legge n. 50/2017, scadeva il 29 novembre 2017, data in cui l’Ufficio ha notificato il ricorso, a mezzo pec, all’indirizzo di posta elettronica del difensore dei contribuenti dei gradi di merito.
I motivi vanno esaminati congiuntamente e sono fondati nei termini che seguono.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. n. 13112/2020).
In dettaglio – secondo questa giurisprudenza di legittimità – in materia di accertamenti bancari, all’onere probatorio gravante sul contribuente, che vuole superare la presunzione legale posta dalle predette disposizioni a favore dell’erario, di fornire non una prova generica, ma una prova analitica (sul punto, vedi Cass. n. 26111/2015 e la giurisprudenza ivi richiamata) idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081/2010, Cass. n. 22179/2008 e Cass. n. 26018/2014), corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione
accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica.
Nella fattispecie concreta, il giudice d’appello non ha fatto corretta applicazione di questi canoni giuridici in quanto in primo luogo ha dato rilievo ad un fatto evidentemente non idoneo di per sé a costituire la prova di quanto sopra (e cioè la circostanza che i ricavi dichiarati fossero superiori a quelli accertati, il che non implica affatto una necessaria coincidenza degli uni con gli altri); ha poi omesso di compiere un’accurata e puntuale verifica della idoneità dimostrativa degli elementi offerti dalla contribuente a giustificazione dell’irrilevanza fiscale di ciascuna movimentazione, in relazione a ciascuno dei conti correnti che ella aveva acceso, limitandosi, per il primo, ad affermare del tutto apoditticamente che la parte ha ribadito nell’ atto di appello come ciascun versamento bancario avesse a monte una o più operazioni imponibili, dando conto della riferibilità di ogni singola movimentazione d’ingresso di somme sul proprio conto corrente ad operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ; infine ha errato laddove ha ritenuto che fosse onere ulteriore dell’ufficio evidenziare per ogni singola operazione le eventuali incongruenze, mentre l’ufficio aveva invece evidenziato la mancata produzione degli assegni, il che rendeva impossibile verificare la corrispondenza tra il versamento e la fattura.
Concludendo, il ricorso deve essere accolto; la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, cui si demanda la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa
composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 28 novembre 2024.