Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27260 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27260  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/10/2025
Irpef -Avviso di accertamento -Indagini bancarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6899/2017 R.G. proposto da: COGNOME NOME rappresentato e difeso dal l’Avv
. NOME COGNOME,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore pro  tempore, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ,
-controricorrente – avverso  la  sentenza  della  COMM.  TRIB.  REG.  LAZIO,  SEZIONE STACCATA LATINA, n. 4911/2016, depositata il 26/07/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME COGNOME avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2006, a  seguito  di indagini finanziarie, e dopo aver instaurato il contraddittorio, recuperava a tassazione un maggiore reddito ai fini Irpef.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla CTP di Latina  che  lo  annullava  integralmente.  La  CTR,  invece,  accoglieva l’appello dell’Ufficio.
 Avverso  detta  sentenza  il  contribuente  propone  ricorso  per cassazione  nei  confronti  dell’ RAGIONE_SOCIALE,  che  resiste  con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art . 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 32 cit. ritenendo arbitrario ipotizzare, con riferimento ai lavoratori autonomi, che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari fossero destinati ad un investimento nell’ambito della attività professionale e che questo fosse a sua volta produttivo di reddito. Assume che, a seguito della citata pronuncia, non è più prospettabile l’equipara zione tra attività di impresa e attività professionale ai fini della presunzione di cui all’art. 32 cit.; che, pertanto, è venuta meno la presunzione di imputazione sia dei prelevamenti che dei versamenti ai ricavi conseguiti nell’ attività di lavoratore autonomo o libero professionista e che grava sull’Amministrazione l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati siano stati utilizzati per acquisiti inerenti alla produzione del reddito e
che i versamenti corrispondano ad importi riscossi nell’ambito dell’attività professionale.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art . 32 d.P.R. n. 600 del 1973 cit. dell’art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli artt. 2697 e 2728 cod. civ.
In via subordinata rispetto al primo motivo, censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto della documentazione prodotta sia nella fase stragiudiziale che in giudizio per dimostrare la non attinenza RAGIONE_SOCIALE movimentazioni contestate con l’attività esercitata ; assume che, pertanto, la CTR ha fatto mal governo del potere di apprezzamento e valutazione della prova. A ciò aggiunge che si sarebbe dovuto tener conto, ai fini della prova contraria, si del fatto che nell’anno 2006 era un lavoratore dipenden te sicché non aveva a disposizione documentazione contabile atta a giustificare i versamenti contestati sia RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni sostitutive rese da terzi ed allegate.
Il primo motivo è infondato.
3.1.  Dall’avviso  di  accertamento  allegato  in  atti  dallo  stesso ricorrente  risulta  che  le  movimentazioni  prese  in  considerazione dall’Ufficio per la ricostruzione di un maggior reddito, hanno avuto ad oggetto esclusivamente versamenti (e non prelevamenti) eseguiti dal contribuente  su  propri  conti  correnti,  e  ritenuti  ingiustificati  per  un totale di euro 61.875,43.
3.2. Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della presunzione posta dall’ultima parte dell’art. 32, comma 1, n. 2, cit. e dell’inversione dell’onere probatorio che ne discende, la Corte costituzionale, con sentenza 24 settembre 2014, n. 228, ha rilevato la contrarietà della medesima al principio di ragionevolezza e di capacità contributiva, ritenendo «arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati
ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito», dichiarando, quindi, l’illegittimità costituzionale della sopra riportata disposizione limitatamente alle parole «o compensi».
Ciò posto, questa Corte ha chiarito che la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass. 08/04/2024, n. 9403).
Resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti (tra le più recenti Cass. 04/07/2025, n. 18346)
A ciò deve aggiungersi che l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi dell’art.32 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art 51 d.P.R. n.  633  del  1972  non  è  subordinata  alla  previa  dimostrazione  che  il
contribuente  rivesta  la  qualifica  di  imprenditore:  infatti,  i  medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta di impresa (o arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare  che  i  movimenti  bancari  non  sono  fiscalmente  rilevanti (Cass.  23/09/2021,  n.  25812,  Cass.  28/02/2017,  n.  5135;  Cass. 13/10/2011, n. 21132, Cass. 23/04/2007, n. 9573).
In quest’ottica si è altresì precisato che la norma in esame stabilisce in maniera chiara ed incondizionata che i dati e gli elementi risultanti dai conti sono posti a base RAGIONE_SOCIALE rettifiche e degli accertamenti, sia ai fini del quantum che ai fini dell ‘an . La ricostruzione della qualifica del contribuente non costituisce necessariamente un prius rispetto alla quantificazione della materia imponibile; tanto più ove si consideri che l’onere di provare che gli elementi acquisiti non si riferiscono ad operazioni imponibili grava sul contribuente, per espressa disposizione. Il legislatore, infatti, ha stabilito una presunzione di inerenza dei movimenti risultanti dai conti ad operazioni imponibili, che può essere superata soltanto dalla prova contraria offerta dal contribuente.
Questa conclusione non contrasta con l’art. 2697 cod. civ. in quanto l’emersione di movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del contribuente è un fatto in relazione al quale solo quest’ultimo può  dimostrare che i conti stessi non  siano fiscalmente  rilevanti  o  che,  comunque,  non  diano  luogo  a  recuperi (Cass. 19/02/2001, n. 2435).
3.3.  L’assunto  del  ricorrente,  secondo  il  quale  a  seguito  della sentenza della Corte costituzionale sopra richiamata, nei confronti del lavoratore autonomo dovrebbe escludersi la rilevanza sia dei prelevamenti che dei versamenti è, pertanto, da disattendere.
A ciò deve aggiungersi che il ricorrente, a fronte della motivazione spesa in sentenza, che ha fatto espresso richiamo alla giurisprudenza
di questa Corte relativa a redditi derivanti da un’attività di impresa (cfr. ultimo  periodo,  ultimo  capoverso  di  pag.  2),  richiama  la  diversa categoria  dei  lavoratori  autonomi  senza  in  alcun  modo  esplicitare quando la relativa questione di fatto sia stata portata all’attenzione del giudice del merito.
Il secondo motivo è fondato.
4.1. Gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica. Ad un tale specifico onere probatorio gravante sul contribuente, corrisponde un altrettanto specifico obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza RAGIONE_SOCIALE risultanze di quella verifica cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza RAGIONE_SOCIALE relative risultanze (Cass. n. 18346 del 2025 cit., Cass. 30/06/2020, n. 13112).
5.1. Quanto poi, alle dichiarazioni rese da terzi questa Corte ha chiarito che anche al contribuente, oltre che all’Amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta -in attuazione dei principi del giusto processo e della parità RAGIONE_SOCIALE parti di cui al nuovo testo dell’art. 111 Cost. -la possibilità d’introdurre nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, e, quindi, anche dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà; queste ultime, poi, hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e come tali devono essere valutate -non potendo
costituire da sole il fondamento della decisione -nel contesto probatorio emergente dagli atti; il giudice tributario, dunque, ha il potere-dovere di valutare l’attendibilità del contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni, comportando la corretta applicazione del principio della libera valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, l’obbligo di confrontare le prove raccolte e di valutare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, quali la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con eventuali altri elementi acquisiti. (Cass. 30/10/2024, n. 28022, Cass. 27/02/2020, n.5340, cit.; conformi Cass. Cass. 16/03/2018, n. 6616 e Cass. 21/01/2015, n. 960). Tali documenti, e le risultanze da essi emergenti, al pari RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di terzi raccolte e prodotte dall’Ufficio, rilevano quindi quali elementi indiziari che possono concorre a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice (cfr. Cass. 16/03/2018, n. 6616; Cass. 07/4/2017, n. 9080; Cass. 05/04/2013, n. 8639).
4.2. La sentenza non si è attenuta a questi principi in quanto, a fronte RAGIONE_SOCIALE giustificazioni rese, si è limitata a riferire che il contribuente si era limitato ad affermazioni assertive, generiche, non provate, sia per quanto riguardava le operazioni attive che quelle passive (sebbene l’accertamento avesse ad oggetto solo versamenti) mentre avrebbe dovuto procedere ad un esame analitico con riferimento a ciascuno dei versamenti oggetto del contendere, valutando le prove addotte, ivi include le dichiarazioni di terzi.
 Ne  consegue,  in  accoglimento  del  secondo  motivo  di  ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla  Corte  di  giustizia  tributaria  di  secondo  grado  del  Lazio  sezione staccata  di  Latina,  in  diversa  composizione,  la  quale  provvederà  al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo  grado  del  Lazio,  sezione  staccata  di  Latina  in  diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME