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Accertamento bancario: onere della prova per le vincite

Un promotore finanziario, soggetto a un accertamento bancario per maggiori redditi, giustificava i versamenti con una vincita al gioco. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito, ribadendo che la prova della provenienza non reddituale delle somme deve essere rigorosa e analitica. Non basta un’attestazione bancaria generica, ma occorre dimostrare il nesso causale tra l’incasso della vincita e ogni singolo versamento contestato.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento bancario: la prova delle vincite al gioco deve essere rigorosa

Quando si subisce un accertamento bancario, giustificare la provenienza dei fondi versati sul proprio conto corrente diventa cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce sul rigoroso onere della prova che grava sul contribuente quando questi sostiene che le somme derivino da una vincita al gioco. L’ordinanza chiarisce che non basta affermare di aver vinto, ma è necessario fornire una documentazione puntuale e specifica che colleghi in modo inequivocabile la vincita ai versamenti contestati.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un promotore finanziario a cui l’Amministrazione finanziaria aveva notificato un avviso di accertamento per maggiori imposte (Irpef, Iva e Irap) relative all’anno 2006. L’accertamento si basava sulle risultanze delle indagini bancarie, che avevano evidenziato significative movimentazioni sui suoi conti correnti.

Il contribuente si opponeva, sostenendo che le maggiori disponibilità economiche non derivavano da redditi non dichiarati, bensì da una cospicua vincita al Superenalotto ottenuta diversi anni prima, nel 1999. A suo dire, i proventi della vincita erano stati affidati a una parente, la quale glieli stava restituendo ratealmente.

Nei primi due gradi di giudizio, le commissioni tributarie avevano parzialmente accolto le ragioni del contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva ridotto l’importo accertato, ritenendo provata la vincita e giustificati parte dei versamenti. L’Amministrazione finanziaria, insoddisfatta, ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione e l’onere probatorio nell’accertamento bancario

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa a un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione della sentenza d’appello “apparente e intrinsecamente contraddittoria”.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di accertamento bancario: spetta al contribuente superare la presunzione legale di cui all’art. 32 del D.P.R. 600/1973, secondo cui i versamenti su conto corrente si considerano ricavi, se non giustificati. La prova contraria deve essere analitica e rigorosa.

La prova della vincita al gioco

Il punto centrale della decisione riguarda la modalità con cui un contribuente può dimostrare che i fondi derivano da una vincita. La Cassazione ha specificato che non è sufficiente produrre una generica attestazione bancaria relativa all’incasso di un titolo vincente. Questo tipo di documento, spesso privo di dettagli essenziali come il nome di chi ha presentato il titolo all’incasso, è considerato un semplice indizio e non una prova piena.

Per vincere la presunzione legale, il contribuente ha l’onere di:
1. Produrre il relativo “scontrino” di gioco.
2. Dimostrare, in modo puntuale e specifico, l’avvenuta presentazione dello scontrino per l’incasso.
3. Provare la “effettiva riconducibilità di ogni incasso delle vincite ai versamenti bancari contestati”.

Nel caso specifico, non solo mancava questa prova analitica, ma la parente indicata dal contribuente aveva addirittura negato di aver ricevuto le somme a titolo di custodia, dichiarando invece di aver effettuato versamenti per restituire un prestito personale.

La presunzione sui prelevamenti per il promotore finanziario

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un altro importante principio. L’attività del promotore finanziario produce reddito d’impresa. Di conseguenza, la presunzione legale prevista dall’art. 32 del D.P.R. 600/1973 si applica non solo ai versamenti (“versamenti”), ma anche ai prelevamenti (“prelevamenti”) non giustificati dal conto corrente, che si presumono essere costi non documentati per l’acquisto di beni o servizi destinati alla vendita.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di garantire l’effettività della presunzione legale posta a fondamento degli accertamenti bancari. Permettere al contribuente di superare tale presunzione con prove generiche o indiziarie, come una semplice attestazione bancaria, svuoterebbe di significato la norma. La motivazione della CTR è stata giudicata contraddittoria perché, pur riconoscendo la debolezza delle prove fornite dal contribuente, aveva comunque confermato parzialmente l’accoglimento del ricorso originario. La Corte ha sottolineato che il giudice di merito deve effettuare una verifica rigorosa sull’efficacia dimostrativa delle prove, dando conto in motivazione del percorso logico seguito per ogni singola movimentazione contestata. La mancanza di tale analisi dettagliata rende la sentenza nulla per motivazione apparente.

Le conclusioni

In conclusione, questa ordinanza rafforza la posizione dell’Amministrazione finanziaria negli accertamenti bancari e definisce con chiarezza gli obblighi probatori del contribuente. Chi intende giustificare versamenti sul proprio conto corrente con proventi derivanti da vincite al gioco deve essere in grado di fornire una prova analitica e inconfutabile, che crei un collegamento diretto e dimostrabile tra l’incasso della vincita e ogni singolo movimento bancario. Una difesa generica è destinata a soccombere di fronte alla presunzione legale di ricavi non dichiarati.

Come può un contribuente dimostrare che i versamenti sul suo conto derivano da una vincita al gioco?
Il contribuente deve fornire una prova puntuale e specifica. Secondo la Corte, non basta una generica attestazione bancaria, ma è necessario provare l’avvenuta presentazione del relativo ‘scontrino’ di gioco per l’incasso e, soprattutto, dimostrare l’effettiva riconducibilità di ogni incasso della vincita ai singoli versamenti bancari contestati.

La presunzione legale sui movimenti bancari si applica anche ai promotori finanziari?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’attività del promotore finanziario è considerata produttrice di reddito d’impresa. Pertanto, la presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R. 600/1973 si applica sia ai versamenti non giustificati (presunti ricavi) sia ai prelevamenti non giustificati (presunti investimenti).

È sufficiente indicare i beneficiari dei prelevamenti per superare la presunzione fiscale?
No. Per i prelevamenti, la mera indicazione dei beneficiari (ad esempio, tramite assegni bancari) non è sufficiente. Il contribuente deve fornire la prova analitica di ogni singola operazione, dimostrandone la causale e l’inerenza con l’attività d’impresa o, in alternativa, la sua estraneità a fatti imponibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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