Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18172 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18172 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
COGNOME
OGGETTO: Irpef 2006 -Promotore finanziario – Beni indice e movimentazioni bancarie -Vincita al Superenalotto -Regime probatorio.
-intimato –
avverso
la sentenza n. 1046/2020, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia il 7.2.2020, e pubblicata il 3.6.2020;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava il 13.6.2011 a Palumbo Gustavo, esercente l’attività di promotore finanziario, l’avviso di accertamento n. TVM010501577/2011, relativo al maggior reddito di euro 497.233,00 ritenuto conseguito nell’anno 2006 ai fini Irpef, Iva ed Irap, in considerazione degli esiti degli accertamenti bancari eseguiti, procedendo al recupero delle maggiori imposte pari ad euro 235.208,00.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, proponendo plurime censure e sostenendo che le maggiori disponibilità accertate dipendevano non da redditi occultati, bensì da una cospicua vincita al Superenalotto conseguita nel 1999, i cui proventi aveva affidato ad NOME COGNOME (indicata come una ‘parente’), che glieli stava restituendo in più rate.
La CTP accoglieva il ricorso pronunciando nel merito, con l’ annullamento del l’avviso di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la sentenza pronunciata dai giudici di primo grado innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia.
La CTR riteneva provata la vincita al Superenalotto e, basandosi anche sulla CTU svolta nel primo grado del giudizio, accoglieva solo parzialmente l’appello dell’Amministrazione finanziaria, riducendo il maggior reddito accertato alla somma di € 102.204,00.
L’A genzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia del giudice dell’appello, affidandosi a quattro motivi d’impugnazione.
Il contribuente ha ricevuto la notificazione del ricorso presso il difensore costituito nel secondo grado del giudizio, in data 4.1.2021, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del sost. PG Generale NOME COGNOME con cui ha chiesto l’a ccoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione dell’art. 36, secondo comma, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, deducendo la contraddittorietà e la mera apparenza della motivazione adottata dal giudice dell’appello, che ha ritenuto sfornite di prova le giustificazioni fornite dal contribuente, ma ha poi confermato l’accoglimento del suo originario ricorso.
Mediante il secondo mezzo di impugnazione, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il contribuente abbia assicurato la prova giustificativa della provenienza non reddituale di ampia parte dei redditi accertati, mediante la mera attestazione bancaria della presentazione all’incasso di una schedina vincente del Superenalotto, che nulla dimostra, ed ha pure ritenuto che il COGNOME abbia fornito la prova della provenienza non reddituale di ogni versamento, neppure essendo stato dimostrato che i versamenti effettuati sul suo conto da NOME fossero riconducibili alla restituzione frazionata della vincita.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Ente impositore prospetta il vizio di nullità della decisione impugnata, per avere il giudice del gravame ritenuto giustificativi di somme non imponibili i versamenti sul conto corrente del contribuente effettuati da NOME COGNOME e NOME COGNOME, sebbene neppure il ricorrente li avesse invocati, ed avendo lo stesso CTU chiarito che non vi erano elementi per valutare le cause degli stessi.
Mediante il quarto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione della presunzione di cui all’art. 32 del D.p.r. n. 600 del 1973, per avere il giudice dell’appello ritenuti giustificati i prelevamenti operati sui conti correnti, perché la prova non consiste nella mera indicazione dei beneficiari, peraltro di assegni bancari, titoli di credito privi di indicazione della causa, dovendo invece il contribuente assicurare la prova analitica di ogni singola operazione, dimostrandone la causale.
Con i primi due motivi di ricorso, l’Amministrazione finanziaria deduce, innanzitutto, la nullità della sentenza per apparenza e contraddittorietà della motivazione, avendo la CTR prima ritenuto sfornite di prova le giustificazioni fornite dal contribuente ed avendo, poi, ampiamente confermato l’accoglimento del suo originario ricorso.
L’Agenzia delle Entrate critica quindi la sentenza impugnata, perché la CTR ha erroneamente ritenuto che il contribuente abbia assicurato la prova giustificativa della provenienza non reddituale delle accertate disponibilità economiche del contribuente, mediante l’esibizione di una attestazione bancaria relativa alla presentazione all’incasso di una schedina vincente del Superenalotto, non corrispondente al richiesto ‘scontrino’ e quindi inidonea a dimostrare alcunché, ed aver pure reputato che il Palumbo abbia fornito la prova della provenienza non reddituale di ogni versamento, neppure essendo stato dimostrato che i versamenti effettuati sul suo conto da NOME fossero riconducibili alla restituzione frazionata della vincita.
I motivi di impugnazione in esame presentano elementi di connessione e possono essere trattati congiuntamente.
Essi sono fondati.
5.1. La pronuncia impugnata della CTR risulta effettivamente apparente e pure intrinsecamente contraddittoria.
Il giudice dell’appello ricorda che la Cassazione richiede di provare la giocata alla lotteria mediante lo ‘scontrino’, ma poi recupera la valenza probatoria, qualificandolo come un indizio, di una documentazione bancaria relativa alla presentazione all’incasso di un titolo che, evidenzia l’Agenzia delle Entrate, è un’attestazione stesa su foglio privo di timbro di ricevuta che neppure indica chi abbia presentato il documento all’incasso, né dove le somme siano state riversate.
Scrive poi il giudice del gravame: ‘Difetta qualunque prova che il COGNOME abbia consegnato effettivamente le somme in questione, rinvenienti dalla vincita al supere nalotto, anzitutto a NOME COGNOME‘ (sent. CTR, p. IV), ma poi considera i versamenti effettuati dalla NOME (che ha peraltro negato di aver ricevuto somme a tale titolo), e non solo da lei, giustificate proprio dalla restituzione della dazione ricevuta in dipendenza dalla vincita al gioco.
5.2. Occorre, allora, osservare che, per quanto invero segnalato anche dalla CTR (senza, però, trarne le necessarie conseguenze giuridiche), questa Corte (v. Cass. sez. V, 5.2.2009, n. 2752) ha avuto puntualmente modo di evidenziare, in proposito, che ‘ In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora la relativa dichiarazione sia rettificata sulla base dell’accertamento, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, di versamenti su conti correnti del contribuente, quest’ultimo, nel dedurre che le somme versate provengono da vincite al lotto, non può vincere la presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili limitandosi a produrre le ricevute di giocata – aventi la sola funzione, ai sensi dell’art. 10 della legge 2 agosto 1982, n. 528, di attestare la giocata del possessore e di consentirgli di richiedere il pagamento della vincita – ma ha l’onere di provare, in modo puntuale e specifico, l’avvenuta presentazione, per ognuna delle giocate, del relativo “scontrino” e, solo all’esito favorevole di
tale riscontro, l’effettiva riconducibilità di ogni incasso delle vincite ai versamenti bancari contestati’.
Pertanto, la CTR avrebbe dovuto esigere dal COGNOME il pieno assolvimento di tale complesso onere e motivare adeguatamente e logicamente al riguardo.
Occorre ancora ribadire che NOME COGNOME la quale avrebbe ricevuto in consegna cospicue somme riconducibili alla invocata giocata vincente, che avrebbe progressivamente riconsegnato, ha invece dichiarato di avere effettuato le sue rimesse sul conto del contribuente al fine di restituire un prestito personale ricevuto.
I primi due motivi di ricorso risultano, pertanto, fondati e vanno, quindi, accolti.
Mediante il terzo motivo di ricorso l’Ente impositore prospetta nuovamente la nullità della decisione impugnata, per avere il giudice del gravame ritenuto giustificativi di introiti non reddituali i versamenti sul conto corrente del contribuente effettuati da NOME COGNOME e NOME COGNOME sebbene neppure il ricorrente li avesse invocati, ed avendo lo stesso CTU chiarito che non vi fossero elementi per valutare le cause degli stessi.
6.1. Anche questa censura è fondata.
Non risulta che il contribuente avesse domandato di considerare una provvista non reddituale i versamenti effettuati in suo favore da NOME COGNOME e NOME COGNOME. Inoltre, lo stesso CTU del primo grado, alle cui conclusioni la CTR si riporta ampiamente, ha attestato di non aver rinvenuto elementi per poterli ricondurre alla restituzione di somme ricevute in consegna in conseguenza della vincita al Superenalotto.
Con il quarto mezzo d’impugnazione l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione della presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere il giudice dell’appello ritenuti giustificati i prelevamenti operati sui conti correnti dal contribuente, promotore finanziario, perché la prova non consiste nella mera
indicazione dei beneficiari, dovendo invece il contribuente assicurare la prova analitica di ogni singola operazione, dimostrandone la causale.
7.1. Pure questa doglianza è fondata.
Sembra opportuno premettere come questa Corte regolatrice abbia già avuto occasione di ribadire (cfr. Cass. n. 18.10.2021, n. 28580) l’orientamento espresso a partire da Cass. SS.UU. n. 12108 del 2009, secondo cui ciò che costituisce la base dell’applicazione della presunzione di cui all’art. 32 cit. nei confronti dell’imprenditore, sia pure individuale, è la qualificazione del reddito prodotto come di impresa ai sensi dell’art. 55 del T.U. n. 917 del 1986, alla stregua del quale costituiscono redditi di impresa quelli che derivano dall’esercizio delle imprese commerciali.
Per esercizio di imprese commerciali si intende, invero, l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 cod. civ., e di quelle indicate alle lettere b) e c) del comma 2 del citato art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa.
Orbene, la richiamata decisione delle Sezioni Unite ha ricondotto la figura dell’agente di commercio, del promotore finanziario, l’equiparabile posizione dell’agente in affari di mediazione immobiliare, alle figure ausiliarie di cui all’art. 2195, primo comma, n. 5 cod. civ. Pertanto, quello che giustifica l’applicazione della presunzione di ricavi di cui all’art. 32 cit., in capo all’imprenditore, sia pure individuale, come definito dall’art. 2195 c.c., è la produzione del reddito di impresa, in quanto esercente impresa commerciale (anche di carattere ausiliario), a prescindere dalla sussistenza di una autonoma organizzazione (sulla irrilevanza, ai fini del TUIR, del requisito organizzativo, cfr., da ult., Cass. sez. V, 4.12.2019, n. 31643), sicché opera la presunzione legale di cui all’art. 32 cit. non solo riguardo ai “versamenti” ma anche ai “prelevamenti” non giustificati’ .
Peraltro, non si era mancato già in precedenza di chiarire che ‘in tema di indagini bancarie, ai fini dell’operatività della presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, i redditi degli agenti e dei rappresentanti di commercio devono essere considerati redditi d’impresa, perché riguardano l’esercizio di attività commerciale, in conformità a quanto disposto dall’art. 2195 c.c., sicché, nei confronti di tali contribuenti detta presunzione opera sia con riferimento ai versamenti che ai prelevamenti risultanti dalle verifiche effettuate sulle movimentazioni del conto corrente’ (v. Cass. sez. VI-V, 22.11.2018, n. 30211).
7.2. Tanto premesso, dagli atti di causa non emerge che il contribuente abbia fornito la prova analitica della causale dei prelevamenti bancari accertati.
Merita ancora di essere ricordato come si sia stato pure chiarito che ‘in tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione’ (v. Cass. sez. VI-V, 3.5.2018, n. 10480; Cass. sez. V, 30.6.2020, n. 13112; Cass. sez. V, 20.2.2025, n. 4553).
In definitiva, il ricorso proposto dall’Ente impositore deve essere accolto, con cassazione della decisione impugnata ed il rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia perché proceda a nuovo esame, oltre a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso de ll’ Agenzia delle Entrate , cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di
secondo grado della Puglia perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio e provveda anche a regolare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5.6.2025.