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Accertamento bancario: onere della prova e garanzie

Un contribuente subiva un accertamento bancario per IRPEF e IRAP. Le corti di merito annullavano l’atto per vizi procedurali. La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, chiarendo che le garanzie del contraddittorio per verifiche in loco non si applicano agli accertamenti a tavolino e che l’onere della prova sui movimenti bancari spetta al contribuente. Il caso è stato rinviato.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Bancario: Garanzie del Contribuente e Onere della Prova

L’accertamento bancario rappresenta uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’amministrazione finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Tuttavia, il suo utilizzo deve bilanciarsi con le garanzie procedurali previste per il contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su alcuni aspetti cruciali di questo bilanciamento, in particolare sulla differenza tra controlli “a tavolino” e verifiche in loco, e sulla ripartizione dell’onere della prova.

I Fatti di Causa: Dall’Avviso di Accertamento alla Cassazione

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava, ai fini IRPEF e IRAP, i redditi dichiarati da un contribuente per l’anno d’imposta 2009. La rettifica si basava sui risultati di indagini finanziarie sui conti correnti del soggetto, da cui erano emerse movimentazioni non giustificate.

Il contribuente impugnava l’atto e otteneva ragione sia in primo che in secondo grado. I giudici di merito ritenevano infatti che l’amministrazione avesse violato le garanzie procedurali e che l’autorizzazione alle indagini bancarie fosse viziata. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo tali conclusioni, proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a quattro motivi.

L’Accertamento Bancario e le Garanzie Procedurali

Il primo motivo di ricorso dell’Agenzia contestava la violazione delle garanzie previste dallo Statuto del Contribuente (art. 12, comma 7, L. 212/2000). Secondo i giudici di merito, l’Agenzia non aveva rispettato il termine dilatorio di 60 giorni prima di emettere l’atto.

La Corte di Cassazione ha accolto questa censura, operando una distinzione fondamentale:
* Verifiche in loco: Si tratta di accessi e ispezioni presso la sede del contribuente. Solo in questi casi si applica pienamente la garanzia del termine dilatorio di 60 giorni.
* Verifiche a tavolino: Sono controlli documentali eseguiti presso gli uffici dell’Agenzia. In questa ipotesi, il termine dilatorio non opera. Sebbene il principio del contraddittorio debba essere rispettato, non esistono forme vincolate per la sua attuazione. È sufficiente che al contribuente sia data la possibilità di esporre le proprie ragioni, come avvenuto nel caso di specie, dove era stato invitato a produrre documentazione per giustificare i movimenti contestati.

Validità dell’Autorizzazione all’Indagine Bancaria

Un altro punto centrale della controversia riguardava la presunta illegittimità dell’autorizzazione all’accertamento bancario, in quanto firmata da un funzionario diverso dal Direttore Regionale. Anche su questo punto, la Corte ha dato ragione all’Agenzia, ribadendo due principi consolidati:
1. L’autorizzazione all’indagine bancaria è un atto interno all’amministrazione e non deve essere necessariamente allegata all’avviso di accertamento. È sufficiente che ne sia fatta menzione.
2. La sottoscrizione può essere legittimamente apposta da un soggetto al quale siano state validamente delegate le funzioni dal dirigente responsabile.

Le Motivazioni della Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati anche i motivi relativi alla motivazione apparente della sentenza d’appello e alla violazione dell’onere della prova. I giudici supremi hanno osservato come la sentenza impugnata non avesse specificato quali prove il contribuente avesse fornito per giustificare le movimentazioni bancarie.

Il principio cardine in materia di accertamento bancario è chiaro: una volta che l’amministrazione finanziaria contesta movimenti non giustificati, spetta al contribuente dimostrare che tali somme non costituiscono reddito imponibile o che si riferiscono a redditi già tassati o esenti. La prova deve essere analitica e specifica per ogni singola operazione contestata. La sentenza di merito, non avendo adeguatamente valutato questo aspetto e non avendo esplicitato il percorso logico seguito, è stata giudicata viziata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida importanti principi in materia di accertamenti fiscali basati su indagini finanziarie. Per i contribuenti, ne derivano due indicazioni operative fondamentali. In primo luogo, le garanzie dello Statuto del Contribuente, pur fondamentali, hanno un’applicazione differenziata a seconda della tipologia di controllo. In secondo luogo, e più importante, in caso di accertamento bancario, è cruciale conservare e produrre tutta la documentazione necessaria a giustificare ogni singola movimentazione finanziaria. L’onere della prova ricade interamente sul contribuente, e una difesa generica, priva di supporti documentali specifici, non è sufficiente a superare le presunzioni legali su cui si fonda l’azione dell’amministrazione finanziaria.

Le garanzie dello Statuto del Contribuente si applicano sempre negli accertamenti fiscali?
No. La Corte ha chiarito che il termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente si applica solo in caso di controlli eseguiti presso la sede del contribuente (verifiche in loco), non per gli accertamenti basati su documenti effettuati in ufficio (accertamenti “a tavolino”).

Chi deve provare la natura dei movimenti su un conto corrente durante un accertamento bancario?
L’onere della prova è a carico del contribuente. Secondo la sentenza, spetta a quest’ultimo dimostrare che i versamenti e i prelevamenti sui propri conti correnti si riferiscono a operazioni non imponibili o già tassate, fornendo adeguate giustificazioni per ogni movimentazione contestata.

L’autorizzazione per l’indagine bancaria deve essere allegata all’avviso di accertamento?
No, non è necessario. La Corte ha ribadito che l’autorizzazione è un atto interno all’amministrazione. È sufficiente che di essa sia fatta menzione nell’avviso di accertamento e non è richiesta la sua allegazione o produzione in giudizio, a meno che non si contesti un pregiudizio concreto a diritti fondamentali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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