Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7687 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7687 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5829/2019 proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME con domicilio digitale eletto in secondo grado presso l’Avv. NOME COGNOME
-intimato –
AVVISO DI ACCERTAMENTO
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA -PALERMO n. 4608/12/2018, depositata in data 24/10/2018;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025;
Fatti di causa
Oggetto della presente controversia è un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificò ai fini Irpef e Irap gli imponibili dichiarati per il 2009 dal contribuente NOME COGNOME all’esito delle indagini bancarie e finanziarie disposte ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 sui conti correnti riferibili allo stesso, da cui era scaturita la ripresa a tassazione dei movimenti per i quali non erano state fornite adeguate giustificazioni.
Su ricorso alla C.T.P. di Agrigento, nel contraddittorio con l’Ufficio, il giudice di primo grado annullò l’atto impugnato.
La sentenza di primo grado fu confermata dalla C.T.R. della Sicilia.
Avverso la sentenza d’appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Il contribuente, cui il ricorso è stato notificato presso il domiciliatario eletto nel giudizio di secondo grado, è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 600/73, degli artt. 10 e 12 L. n. 212/2000 e dell’art. 24 L. n. 4/1929 (art. 360, n. 3, c.p.c.)’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che nella fattispecie vi sarebbe stata violazione del diritto del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale, oltre che
inosservanza delle garanzie procedimentali di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000.
Nella specie, si era trattato di una verifica a tavolino, senza accessi e verifiche in loco , e di conseguenza il citato art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 non era applicabile.
Anche con riferimento all’Iva la sentenza impugnata sarebbe censurabile, in quanto , pur essendo essa un tributo cd. ‘armonizzato’, le modalità di espletamento del contraddittorio non sarebbero tipizzate ed il contribuente, in caso di loro violazione, avrebbe dovuto esplicitare gli argomenti che avrebbe fatto valere se il contraddittorio fosse stato garantito, e l’esito che tali argomentazioni avrebbero potuto avere ai fini della fondatezza in fatto e in diritto della ripresa fiscale.
Peraltro, aggiunge l’Agenzia ricorrente, il contraddittorio con il contribuente si era tenuto , in quanto quest’ultimo, nelle varie sedute con i funzionari dell’Ufficio, era stato chiamato a produrre documentazione al fine di giustificare le movimentazioni contestate.
1.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte, con orientamento consolidato, ha stabilito che in tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche nella diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente ( ex coeteris , Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24793 del 05/11/2020, Rv. 659465 – 02).
Si è altresì affermato, con riferimento specifico ai tributi armonizzati, che in tema di accertamento cd. a tavolino, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare il contraddittorio endoprocedimentale, ma le modalità per la sua realizzazione non sono a forma vincolata, essendo sufficiente assicurare l’effettività dello stesso, indipendentemente dagli strumenti in concreto adottati, quali il ricorso a procedure partecipative o l’impiego di altri meccanismi finalizzati all’interlocuzione preventiva, come l’inoltro di questionari ed il riconoscimento dell’accesso agli atti (Cass., Sez. 5 – , Ordinanza n. 18489 del 08/07/2024, Rv. 671628 – 01).
Peraltro, nel caso di specie, il contribuente ha avuto la possibilità di far valere le sue ragioni durante l’ iter procedimentale sfociato nell’avviso di accertamento impugnato in prime cure, in quanto era stato invitato negli uffici dell’Agenzia per produrre documentazione rilevante in merito alle movimentazioni contestate.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 (art. 360, n. 3 c.p.c.)’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto ‘il difetto dell’autorizzazione all’accertamento bancario nella considerazione che il provvedimento autorizzativo all’indagine bancaria era stato firmato da soggetto diverso dal Direttore Regionale ‘ . Ded uce l’Agenzia ricorrente che per giurisprudenza di legittimità non è necessaria l’allegazione del provvedimento autorizzativo all’avviso di accertamento, né è necessaria la sua produzione in giudizio.
Gli estremi del provvedimento autorizzativo erano stati indicati nella motivazione dell’avviso di accertamento, mentre in appello l’Ufficio aveva prodotto la disposizione di servizio con cui il Direttore Regionale aveva nominato il dott. COGNOME quale facente funzioni.
2.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha più volte ribadito, anche in tema di imposte indirette, che la mancanza dell’autorizzazione di cui all’art. 51, comma 2, n. 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal c.p.p., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita ( ex coeteris , Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13353 del 28/05/2018, Rv. 648619 -01; Cass., Sez. 5 -, Ordinanza n. 9480 del 18/04/2018, Rv. 647827 – 01).
Nel caso di specie, l’autorizzazione era stata data, e di essa vi era menzione nell’avviso di accertamento.
Non doveva essere necessariamente allegata all’atto impositivo (Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 4853 del 23/02/2024, Rv. 670407 – 01).
La sottoscrizione del provvedimento autorizzativo, inoltre, ben può essere apposta dal soggetto cui è stata validamente conferita una delega di funzioni da parte del Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate.
3.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546/92 (art. 360, n. 4 c.p.c.)’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per motivazione apparente.
Con il quarto motivo di ricorso, proposto in subordine, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/73 e dell’art. 2697 c.c. (art. 360, n. 3 c.p.c.)’ , l’Agenzia delle Entrate censura la
sentenza impugnata per aver violato i criteri di riparto dell’onere della prova nel caso di contestazione di un avviso di accertamento per redditi d’impresa fondato sulle movimentazioni di conto corrente.
Nella fattispecie di causa, avrebbe dovuto il contribuente dimostrare che i versamenti e i prelevamenti operati sui conti correnti nella sua disponibilità si riferivano ad operazioni che nulla avevano a che fare con la produzione di reddito imponibile non dichiarato.
4.1. Il terzo e il quarto motivo, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati e decisi congiuntamente, sono fondati.
Dalla sentenza impugnata non è dato comprendere quale documentazione il contribuente abbia prodotto a giustificazione delle movimentazioni bancarie, le quali andavano analizzate singolarmente e di cui occorreva valutare, in base alle prove offerte dal contribuente, la riferibilità o meno ad operazioni imponibili.
La sentenza è cassata e la causa è rinviata, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025.