Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7563 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7563 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NONNO NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
Oggetto:
Tributi – Avviso di
accertamento – Indagini bancarie.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22283/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del liquidatore pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo n. 203/05/16, depositata il 22 febbraio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 203/05/16 del 22/02/2016 la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (di seguito CTR) accoglieva l’appello
proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nei confronti della sentenza n. 284/01/14 della Commissione tributaria provinciale di Teramo (di seguito CTP), la quale aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso due avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative agli anni d’imposta 2006 e 2007.
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, con gli atti impositivi veniva recuperato maggiore imponibile in relazione a maggiori compensi percepiti dalla società contribuente, determinati a seguito di accertamenti bancari.
1.2. La CTR accoglieva l’appello proposto da AE evidenziando che: a) l’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212 non trovava applicazione alla fattispecie e, tra l’altro, l’Ufficio aveva tenuto ampiamente conto RAGIONE_SOCIALE osservazioni effettuate dal contribuente; b) i maggiori ricavi andavano calcolati in base alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, con assorbimento RAGIONE_SOCIALE ulteriori questioni.
Avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati con memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali della UE e dei principi unionali in materia di contraddittorio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto legittima l’emissione degli avvisi di accertamento, assunti senza un pieno contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, cui non può essere assimilato il contraddittorio effettuato in sede di accertamento con adesione.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 « deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni -determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva » (Cass. S.U. n. 18184 del 29/07/2013).
1.3. Tuttavia, la nullità derivante dal mancato rispetto del termine dilatorio, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni, riguarda -anche con riferimento all’IVA (Cass. nn. 701 e 702 del 15/01/2019) -solo ed esclusivamente il triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività e non anche le verifiche cd. a tavolino.
1.4. Con riferimento a queste ultime soccorre la previsione di Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015, per la quale, con riguardo ai tributi cd. non armonizzati, « non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale », mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, « l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto
le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa » (cd. prova di resistenza).
1.5. Nel caso di specie, l’accertamento è avvenuto pacificamente a tavolino, sicché non trova applicazione la disposizione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212 del 2000. Ciò è sufficiente per escludere qualsiasi profilo di nullità con riferimento alle imposte dirette e all’IRAP.
1.6. Per quanto riguarda, infine, l’IVA, la sentenza impugnata ha accertato, in punto di fatto e diversamente da quanto argomentato dal ricorrente, la effettiva sussistenza del contraddittorio endoprocedimentale tra Amministrazione finanziaria e contribuente in data antecedente alla notifica degli atti impositivi, sicché la questione è infondata anche con riferimento a tale imposta.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR reso motivazione solo apparente, rinviando acriticamente alla consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado.
2.1. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 32, n. 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato i costi, quanto meno in misura forfetaria.
I motivi possono essere considerati unitariamente e sono fondati nei termini di cui appresso.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all’art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l’accertamento
del reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari).
3.1.1. La previsione in oggetto si articola nel modo che segue: a) i «dati ed elementi» attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo).
3.1.2. Pertanto, mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che « ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine » (così, sostanzialmente, Cass. n. 1519 del 20/01/2017; conf. Cass. n. 29572 del 16/11/2018; nel senso indicato si veda anche Cass. n. 22931 del 26/09/2018, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
3.1.3. Più nel dettaglio, il contribuente deve provare «che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione
dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità » (Cass. n. 15161 del 16/07/2020; Cass. n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25365 del 05/12/2007; Cass. n. 18016 del 09/09/2005).
3.1.4. A fronte della presunzione legale prevista dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale « non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici », la prova richiesta al contribuente è analitica, « con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza RAGIONE_SOCIALE relative risultanze » (Cass. n. 13112 del 30/06/2020; Cass. n. 10480 del 03/05/2018; Cass. n. 11102 del 05/05/2017).
3.1.5. Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità RAGIONE_SOCIALE stesse alla sua attività (Cass. n. 4829 del 11/03/2015; Cass. n. 21303 del 18/09/2013).
3.1.6. In questo contesto, « a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza
percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati » (così Cass. n. 6874 del 08/03/2023, in applicazione dei principi derivanti da Corte cost. n. 10 del 31/01/2023, innovando rispetto al precedente orientamento in materia).
3.1.7. Sotto altro profilo, « le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest’ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l’infedeltà RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone » (Cass. n. 549 del 15/01/2020; si vedano, altresì, Cass. n. 428 del 14/01/2015; Cass. n. 20668 del 01/10/2014; Cass. n. 21420 del 30/11/2012; Cass. n. 26173 del 06/12/2011).
3 .2. Con riferimento poi alla consulenza tecnica d’ufficio, è stato precisato che « Qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiché l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione » (Cass. n. 11917 del 06/05/2021).
3.3. Ciò premesso, la sentenza della CTR fa riferimento per relationem alla consulenza tecnica d’ufficio, ma, da un lato, tale consulenza ha natura parziale (non occupandosi di tutte le rimesse, ma solo di alcune) e, dall’altro, il giudice di appello non chiarisce come sia giunto al risultato finale, posto che la relazione tale risultato non fornisce.
3.4. Ne consegue che, a fronte di specifiche contestazioni della società contribuente, la motivazione resa dalla sentenza impugnata è meramente apparente, in quanto inidonea a illustrare la ratio decidendi e a chiarire nel dettaglio la debenza RAGIONE_SOCIALE singole rimesse, con conseguente fondatezza del secondo motivo di ricorso.
3.5. Inoltre, tenuto conto del decisum di Corte costituzionale n. 10 del 2003, la CTR avrebbe dovuto considerare anche i costi, quanto meno in misura forfetaria, con conseguente fondatezza anche del terzo motivo di ricorso.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 40 e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, per non avere la CTR motivato in ordine al rilievo di carenza di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, laddove non risulta chiarito quale sia il metodo di accertamento adottato dall’Amministrazione finanziaria, con conseguente lesione del diritto di difesa.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, affinché il principio di autosufficienza sia rispettato occorre che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno RAGIONE_SOCIALE censure, anche per riassunto, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. S.U. n. n. 8950 del 18/03/2022; Cass. n. 12481 del 19/04/2022).
4.3. Nel caso di specie, l’avviso di accertamento non è stato trascritto nella parte concernente la motivazione, né lo stesso è stato allegato o indicato il luogo in cui rinvenirlo nella produzione RAGIONE_SOCIALE parti. È, quindi, preclusa a questa Corte qualsiasi valutazione concernente la corretta motivazione dell’atto impositivo e la legittimità della metodologia seguita dall’Amministrazione finanziaria.
Con il quinto motivo di ricorso si contesta omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. sui motivi concernenti le sanzioni, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR tenuto conto RAGIONE_SOCIALE eccezioni conc ernenti l’applicabilità della continuazione, su cui peraltro avrebbe convenuto la stessa Amministrazione finanziaria.
5.1. Il motivo è fondato.
5.2. Effettivamente, la CTR ha omesso di pronunciare, esplicitamente o implicitamente, sulle circostanze contestate da parte ricorrente.
In conclusione, vanno accolti il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo e il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo , in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2023.