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Accertamento bancario: onere della prova e costi

Una società in liquidazione ha impugnato un avviso di accertamento bancario per IRES, IRAP e IVA. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7563/2024, ha parzialmente accolto il ricorso, cassando la sentenza di merito. I giudici hanno ritenuto la motivazione della decisione precedente meramente apparente, in quanto si limitava a richiamare una consulenza tecnica senza un’analisi critica. Inoltre, è stata censurata la mancata considerazione dei costi deducibili, almeno in via forfettaria, a fronte dei maggiori ricavi presunti, e l’omessa pronuncia sulla questione delle sanzioni. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Bancario: La Cassazione Fissa i Paletti su Prova e Motivazione

Con l’ordinanza n. 7563 del 21 marzo 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto tributario: l’accertamento bancario. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui doveri del giudice di merito e sui diritti del contribuente, in particolare riguardo all’onere della prova, alla necessità di una motivazione concreta e al riconoscimento dei costi a fronte di maggiori ricavi presunti. L’analisi di questa pronuncia è fondamentale per comprendere i limiti del potere accertativo dell’Amministrazione Finanziaria.

Il Caso: Un Accertamento Bancario Contestato

Una società immobiliare in liquidazione si è vista notificare due avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativi a due annualità d’imposta. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di indagini bancarie, aveva contestato maggiori ricavi non dichiarati, basandosi sulle movimentazioni finanziarie riscontrate sui conti della società.

Il contenzioso ha visto un primo esito favorevole per la società presso la Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate. I giudici regionali hanno ritenuto che i maggiori ricavi dovessero essere calcolati sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) svolta in primo grado. Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a cinque motivi.

I Motivi dell’Accoglimento del Ricorso: Focus sull’Accertamento Bancario

La Corte di Cassazione ha accolto tre dei cinque motivi di ricorso, ritenendoli fondati e decisivi per cassare la sentenza impugnata. Vediamo nel dettaglio le ragioni che hanno portato a questa conclusione.

Motivazione Apparente e Rinvio alla CTU

Il secondo motivo di ricorso, accolto dalla Corte, lamentava una motivazione solo apparente da parte dei giudici d’appello. La sentenza della CTR si era limitata a fare riferimento per relationem (cioè per rinvio) alle conclusioni della CTU, senza però spiegare come fosse giunta al risultato finale né affrontare le specifiche contestazioni mosse dalla società contribuente. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se il giudice aderisce a una CTU, deve dar conto del suo percorso logico, specialmente se sono state sollevate critiche puntuali. Un rinvio acritico e generico rende la motivazione meramente apparente, inidonea a spiegare la ratio decidendi.

Mancata Considerazione dei Costi Deducibili

Anche il terzo motivo è stato giudicato fondato. La società contestava che, a fronte dei maggiori ricavi presunti derivanti dall’accertamento bancario, la CTR non avesse considerato i relativi costi, neppure in misura forfettaria. La Cassazione, richiamando anche una recente pronuncia della Corte Costituzionale (n. 10/2023), ha affermato che a fronte della presunzione legale di ricavi occulti derivanti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi. Pertanto, la CTR avrebbe dovuto valutare il riconoscimento di tali costi, anche in via forfettaria, rendendo fondata la censura.

Omessa Pronuncia sulle Sanzioni

Infine, la Corte ha accolto il quinto motivo, relativo all’omessa pronuncia sulle sanzioni. La società aveva sollevato specifiche eccezioni riguardo all’applicabilità del principio della continuazione, che avrebbe potuto portare a una riduzione delle sanzioni. La CTR, però, non si era pronunciata su questo punto, né esplicitamente né implicitamente, integrando il vizio processuale di omessa pronuncia.

le motivazioni

La Corte Suprema ha cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale perché viziata su più fronti. In primo luogo, la motivazione è stata giudicata apparente: il semplice rinvio a una consulenza tecnica, senza analizzare criticamente le contestazioni del contribuente e senza esplicitare il percorso logico-giuridico seguito, non soddisfa l’obbligo di motivazione. In secondo luogo, è stato violato il principio per cui, a fronte di una presunzione di maggiori ricavi, deve essere data al contribuente la possibilità di dimostrare, e al giudice di riconoscere, i costi inerenti, anche in via forfettaria. Questo riequilibra la posizione delle parti nel processo tributario. Infine, il giudice di merito ha l’obbligo di pronunciarsi su tutte le domande ed eccezioni sollevate, inclusa quella relativa al regime sanzionatorio, pena la nullità della sentenza per omessa pronuncia.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma alcuni principi cardine a tutela del contribuente nell’ambito dell’accertamento bancario. La decisione del giudice deve essere sempre supportata da una motivazione effettiva e non apparente, che dia conto dell’analisi delle prove e delle argomentazioni delle parti. Inoltre, la presunzione di maggiori ricavi non può tradursi in un’automatica tassazione dell’intero importo, ma deve essere bilanciata dal riconoscimento dei costi sostenuti per produrre tali ricavi. La causa è stata quindi rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo per un nuovo esame che tenga conto di questi fondamentali principi.

In un accertamento bancario ‘a tavolino’ si applica il termine dilatorio di 60 giorni prima di emettere l’avviso?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il termine dilatorio di 60 giorni, previsto dallo Statuto del Contribuente, si applica solo in caso di accesso, ispezione o verifica fisica nei locali del contribuente, e non per le verifiche ‘a tavolino’ basate sull’analisi di documenti.

Può un giudice motivare una sentenza semplicemente richiamando una consulenza tecnica d’ufficio (CTU)?
No, non è sufficiente. Se il giudice aderisce al parere del consulente, deve comunque esporre le ragioni della sua scelta, delineando il percorso logico della decisione. Un rinvio acritico, specialmente a fronte di specifiche contestazioni di parte, rende la motivazione meramente apparente e la sentenza invalida.

A fronte di maggiori ricavi presunti da movimentazioni bancarie, il Fisco deve riconoscere i costi?
Sì. La Corte ha stabilito che, di fronte alla presunzione di ricavi non contabilizzati, il giudice tributario deve considerare anche l’incidenza dei costi relativi a tali ricavi, che possono essere detratti, anche in misura forfettaria. Ignorare questo aspetto costituisce un vizio della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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