Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6780 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6780 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1200/2020 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 8082/2018 depositata il 26/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’ing. NOME COGNOME è libero professionista, destinatario di questionario fiscale prima dell’avvio dello ‘scudo fiscale’ per il rimpatrio di somme detenute all’estero. Seguivano indagini bancarie, con ripresa a tassazione di maggior reddito occulto.
Il giudice di prossimità apprezzava integralmente le ragioni della parte contribuente, ma la sentenza era riformata in appello, ove solo una parte della ripresa a tassazione era annullata, rimanendone sostanzialmente confermato l’impianto.
Donde ricorre per cassazione il contribuente, affidandosi a nove motivi, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza, il Pubblico Ministero in persona del sostituto Procuratore Generale dottor NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta in forma di memoria, concludendo nella sostanza- per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti nove motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del Codice di procedura civile per violazione dell’articolo 42, secondo e terzo comma, del DPR numero 600 del 1973, nonché degli articoli 7, primo comma, 10, primo comma, e 12, settimo comma, della legge numero 212 del 2000.
Nella sostanza si lamenta che alle controdeduzioni offerte dal contribuente nell’apporto endoprocedimentale non sia stata data motivazione espressa in sede di avviso di accertamento.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del Codice di procedura
civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973.
Nella sostanza si contesta che il libero professionista sia stato equiparato ad un imprenditore per quanto riguarda anche solo i versamenti bancari.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del Codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 bis decretolegge numero 78 del 2009, nonché dell’articolo 14, settimo comma, del decreto-legge numero 350 del 2001.
Nella sostanza si lamenta che non sia stato dato seguito alla procedura di rientro dei capitali detenuti all’estero, in ragione di precedente questionario inviato dall’Ufficio al contribuente, di cui viene contestata l’idoneità ad essere avvio di attività accertativa.
1.4. Con il quarto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del Codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973 sotto diverso profilo, nonché dell’articolo 13 bis del decreto-legge numero 78 del 2009, nonché dell’articolo 14, settimo comma, del decreto-legge numero 350 del 2001.
Nella sostanza si lamenta che, a prescindere dalla validità dello scudo fiscale, le somme movimentate da un istituto di credito fiduciario ad altra banca, ma su rapporti sempre intrattenuti con il contribuente, dovevano considerarsi meri giroconti interni, privi di ogni rilevanza ai fini del maggior reddito.
1.5. Con il quinto motivo si prospetta censura in sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5 del Codice di procedura civile per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Tale circostanza sarebbe costituita dalla movimentazione bancaria da un istituto di credito all’altro.
1.6. Con il sesto motivo si profila censura i sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del Codice di procedura civile per violazione dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973, nonché degli articoli 23 e seguenti del medesimo DPR numero 600 del 1973.
Nella sostanza si afferma irrilevante la mancata compilazione di un rigo della dichiarazione dei redditi, atteso trattarsi di compensi comunque tassati per essere soggetti a ritenuta alla fonte, operata dall’erogatore -committente del lavoro, Camera di Commercio di Caserta.
1.7. Con il settimo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del Codice di procedura civile per violazione dell’articolo 112 del medesimo codice di rito per omesso esame ed omessa pronuncia.
Nella sostanza si contesta omessa pronuncia in ordine a movimentazioni bancarie sul conto corrente intrattenuto con la Banca Popolare di Puglia e Basilicata, sulle quali la parte contribuente aveva proposto doglianze in appello.
1.8. Con l’ottavo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del Codice di procedura civile per violazione dell’articolo 54 del DPR numero 600 del 1973.
Nella sostanza si contesta il calcolo dei costi per la deduzione dell’imponibile del contribuente ritenendo troppo esigua la percentuale del 20% applicata dall’Ufficio.
1.9. Con il nono ed ultimo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del Codice di procedura civile per violazione dell’articolo 112 del medesimo codice di rito per omesso esame ed omessa pronuncia in ordine a diversa questione.
Nello specifico si contesta l’irrogazione di sanzioni per prelevamento in assenza di autofatturazione sugli acquisti.
Il primo motivo non può essere accolto.
È giurisprudenza costante di questa Suprema Corte di legittimità l’affermazione per cui l’Ufficio non è tenuto a confutare analiticamente le osservazioni offerte in apporto collaborativo nel procedimento amministrativo da parte del contribuente.
Da tempo è stato affermato che in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni presentate dal contribuente ai sensi dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che la nullità consegue solo alle irregolarità per cui essa sia espressamente prevista dalla legge, oppure, in difetto di previsione, allorché ricorra una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di effetti da parte dell’atto cui ineriscono (cfr. Cass. V, n. 3583/2016).
Successivamente si è precisato che è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (Cass. VI-5, n. 8378/2017).
Tale principio è stato confermato anche di recente (cfr. Cass. T., n. 12343/2024).
Il primo motivo, pertanto, non può essere accolto.
Nemmeno può essere accolto il secondo motivo.
Correttamente il collegio di secondo grado ha confermato la ripresa a tassazione che aveva tenuto conto solo dei versamenti bancari e non dei prelevamenti, in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale numero 228 del 2014.
Per il resto, è orientamento costante, su derivazione di principio euro unitario, l’equiparazione del libero professionista al lavoratore autonomo e (con i limiti detti sopra) all’imprenditore.
Infatti, in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. V, n. 22931/2018 e Cass. VI-5, 7951/2018, nonché Cass. V, n. 22931/2018). Non vi è dunque trattamento deteriore che il contribuente possa avere subito in ragione dell’equiparazione tra lavoratore autonomo e libero professionista, rilevando unicamente la mancata giustificazione dei versamenti bancari e delle altre movimentazioni non giustificate da egli stesso operate nel periodo oggetto di indagine fiscale. Il motivo, pertanto, non può essere accolto.
4. Nemmeno può essere accolto il terzo motivo.
Correttamente il collegio di secondo grado ha ritenuto che l’avvio della procedura di rientro delle somme detenute all’estero, cosiddetto scudo fiscale, abbia avuto origine nell’aprile del 2010, in data successiva all’invio del questionario trasmesso al contribuente nel novembre del 2009. Essendo la procedura agevolata iniziata in un momento successivo all’avvio di indagini fiscali, non poteva validamente essere opposta dal contribuente all’Ufficio.
Correttamente, in questo senso, il collegio di secondo grado richiama giurisprudenza costante di questa Suprema Corte di legittimità, con orientamento che è stato confermato anche più di recente, affermando che in materia di scudo fiscale, la
presentazione della dichiarazione riservata di cui all’art. 13 bis del d.l. n. 78 del 2009, conv. dalla l. n. 102 del 2009, non è preclusiva del potere di accertamento tributario ove il contribuente, alla data di presentazione della stessa, avesse già, ai sensi dell’art. 14, comma 7, del d.l. n. 350 del 2001, conv. dalla l. n. 409 del 2001, “formale conoscenza” dell’avvio dell’attività di accertamento; tale condizione non si esaurisce nella “formale notifica” di un atto, ma ricorre anche nel caso del compimento di attività – quali, tra l’altro, gli accessi, le ispezioni, le verifiche, la partecipazione al contraddittorio, l’invio e la risposta a questionari, le acquisizioni probatorie ed istruttorie – che abbiano coinvolto il contribuente e si siano tradotte in atti del procedimento specifici e di contenuto pertinente – la cui valutazione è di competenza del giudice di merito – all’accertamento medesimo (cfr. Cass. V, n. 1321/2022, altresì Cass. V, n. 6035/2023). Il motivo non può quindi essere accolto.
Infondato è altresì il quarto motivo.
Si censura l’equiparazione a reddito occulto della movimentazione bancaria tra un conto corrente e l’altro, tutti riferibili al medesimo contribuente, a prescindere dalla procedura agevolata per il rimpatrio di capitali all’estero.
Le indagini bancarie hanno dimostrato la disponibilità di maggiori somme detenute in banca nel periodo d’imposta 2011, che pertanto erano soggette a tassazione nel momento in cui sono entrate nella disponibilità del contribuente. Spetta al contribuente la prova contraria che dette somme avessero già subito ritenuta alla fonte o avessero già assolto i propri oneri fiscali, dimostrando trattarsi di mere operazioni di trasferimento finanziario. Tale prova non è stata data.
Infatti, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del d.P.R. 26
ottobre 1972 n. 633 e art. 32 d.P.R. n. 600/1973 (in virtù della quale le movimentazioni di denaro, nella specie bancarie, risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio si presumono conseguenza di operazioni imponibili), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale (cfr. Cass. V, n. 21303/2013, in termini Cass. T., n. 25043/2024). Tale prova non è stata fornita dalla parte contribuente ed il motivo non può essere accolto. Né può essere richiesta a questa Corte una rivalutazione dall’apporto probatorio compendiato dal giudice di merito, per ottenere un risultato opposto a quello raggiunto dalla sentenza in scrutinio.
Il quinto motivo prospetta l’omesso esame circa un fatto decisivo, costituito dalla movimentazione bancaria con cui UBS RAGIONE_SOCIALE s.p.a. ha accreditato somme rilevanti sul conto corrente intrattenuto dal contribuente col Banco di Napoli. Si tratta delle medesime somme di cui al punto precedente, che non sono quindi state oggetto di mancata considerazione, ma rientrano nel rigetto della doglianza di parte contribuente sull’assunto di non aver fornito la prova liberatoria circa l’assolvimento degli oneri fiscali da parte delle predette somme accreditate da un istituto bancario all’altro sempre nella disponibilità della parte contribuente.
Il sesto motivo contesta la ripresa a tassazione in ordine a somme che la parte contribuente ritiene soggette a ritenuta alla fonte, pure in assenza di apposita compilazione della denuncia dei redditi.
Il motivo non può essere accolto, richiedendosi la prova analitica -come detto sopra- da parte contribuente che le somme
percepite abbiano già assolto i propri oneri fiscali ove non esposte in dichiarazione dei redditi. La somma predetta doveva trovare regolare esposizione nella denuncia dei redditi, anche ai fini dell’univoca riferibilità alla medesima voce di cui al compenso percepito dalla Camera di Commercio di Caserta.
8. Il settimo motivo è parimenti infondato.
Trattasi infatti, come è incontroverso, di prova documentale cui la parte contribuente non ha saputo dare giustificazione. Per parte sua, il collegio di secondo grado ha dimostrato di avere esaminato tutta la movimentazione bancaria e di essere giunto, con motivazione di merito che esula dal perimetro di cognizione di questa Suprema Corte di legittimità, alla conclusione che trattasi di movimentazione bancaria non giustificata.
8.1. Più radicalmente, non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n.2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n. 748; Cass., 23/6/1967, n.1537).
Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In
altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, n. 5583/2011).
Il settimo motivo, pertanto, non può essere accolto.
Con l’ottavo motivo si contesta la percentuale di costo applicata dall’Ufficio per ridurre l’imponibile accertato come margine di reddito in capo alla parte contribuente. Il motivo è inammissibile perché impinge nel merito, richiedendo un apprezzamento inibito a questa Suprema Corte di legittimità.
Neppure il nono ed ultimo motivo può essere accolto.
Si lamenta infatti la debenza delle sanzioni, senza tener conto della continuazione o del cumulo. Così non è, laddove il collegio di secondo grado ha disposto il ricalcolo in relazione all’importo dei compensi accertati, tenendo anche conto espressamente del favor rei introdotto dal decreto legislativo numero 158 del 2015.
In definitiva il ricorso è infondato e deve essere rigettato; le spese seguono la regola della soccombenza sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. diecimilatrecento/00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il
ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/03/2025.