Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32605 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32605 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/12/2024
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 5637/2023 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso (EMAILpec.ordineavvocatilivorno.it; EMAILordineavvocatilivorno.it);
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 953/03/2022, depositata il 19.08.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
-La CTP di Livorno accoglieva il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso l’avviso di accertamento , emesso per IRPEF, IVA
e IRAP , in relazione all’anno 20 0 5, con il quale l’Agenzia delle entrate aveva accertato, anche sulla base di verifiche bancarie, che il predetto contribuente non aveva dichiarato il reddito di impresa derivante d all’attività di commercio in oggetti d’arte e di culto ;
-con la sentenza n. 336/23/2012, la Commissione tributaria regionale della Toscana -sezione staccata di Livorno rigettava l’appello proposto dall ‘Agenzia delle entrate ;
-proposto ricorso per cassazione dall’Agenzia delle entrate, questa Corte, con ordinanza n. 29104 del 13.11.2018, accoglieva il secondo motivo di ricorso e rigettava il primo; cassava con rinvio la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto;
-a seguito del ricorso in riassunzione, proposto da COGNOME COGNOME la CTR della Toscana, quale giudice di rinvio, con la sentenza in epigrafe indicata, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, osservando, per quanto qui rileva, che:
nella specie, era emersa una (occultata) attività imprenditoriale di commercio di oggetti d’arte e di culto, dettagliatamente esposta nel PVC e nel conseguente avviso di accertamento;
-gli accertamenti bancari sono ammissibili indipendentemente dall’attività svolta dal contribuente e dalla tipologia di reddito ;
dalle allegazioni processuali (PVC ed allegati depositati nel fascicolo di primo grado) emergevano ‘non indifferenti (tenuto conto che si tratta di una verifica solo del primo bimestre 2005) movimentazioni bancarie privi di giustificazione ‘;
i dati economici esposti nell’avviso di accertamento, ai fini delle imposte contestate, venivano confermati anche dal ‘ rinvenimento domiciliare di n. 29 opere d’arte ‘;
nella determinazione del reddito di impresa andavano considerati, quindi, anche i prelevamenti bancari al netto delle spese di natura personale , già calcolate dall’Agenzia delle entrate in modo forfettario ;
COGNOME NOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
l ‘Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la violazione degli artt. 32, comma 1, n. 2 e 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR, in sede di rinvio, ritenuto erroneamente che andassero ripresi a tassazione sia i prelevamenti che i versamenti sul conto, senza alcuno specifico riferimento analitico ai redditi delle varie categorie di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 917/86, come previsto dall’art. 38 del d.P.R. 600 del 1973, e senza valutare le risultanze del processo penale celebrato davanti al Tribunale di Livorno e le giustificazioni fornite dal contribuente nella fase del contraddittorio, dalle quali era emerso che il reddito era ascrivibile a vincite derivanti dal gioco d’azzardo, sicchè non solo non si sarebbero dovuti riprendere a tassazione i prelevamenti, presumibilmente impiegati per pagare debiti di gioco, ma i versamenti si sarebbero dovuti anche depurare delle somme relative ai prelevamenti; in ogni caso, dalle giustificazioni fornite dal contribuente risulta che le movimentazioni rappresentavano caratteristiche del tutto estranee a fattispecie commerciali imponibili; – con il secondo motivo, lamenta la mancanza e/o la contraddittorietà della motivazione ovvero l’apparenza della stessa in relazione alla tassabilità dei prelevamenti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., avendo il giudice del rinvio sancito la tassabilità dei prelevamenti da parte del privato, peraltro non catalogabile in alcuna categoria reddituale, nella misura indicata dall’Agenzia, senza la pur minima e necessaria motivazione della sua decisione ovvero con motivazione in parte contraddittoria per il riferimento ai 29 quadri, indicativi di attività commerciale, come per gli anni 2003 e 2004;
per esigenze di priorità logica va esaminato prima il secondo motivo che è infondato;
è stato più volte affermato che ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass. Sez. U. 3.11.2016, n. 22232);
la CTR, dopo avere rilevato che nella specie era emersa una (occultata) attività imprenditoriale di commercio di oggetti d’arte e di culto, dettagliatamente esposta nel PVC e nel conseguente avviso di accertamento, ha affermato che da dette allegazioni processuali emergevano ‘non indifferenti (tenuto conto che si tratta di una verifica solo del primo bimestre 2005) movimentazioni bancarie privi di giustificazione , e che i dati economici esposti nell’avviso di accertamento venivano confermati anche dal ‘ rinvenimento domiciliare di n. 29 opere d’arte ‘;
avendo, quindi, qualificato come reddito di impresa quello accertato nei confronti del contribuente, il giudice di rinvio ha concluso, seguendo i principi indicati dalla Corte di cassazione, che andavano considerati anche i prelevamenti bancari, al netto delle spese personali;
le argomentazioni svolte esplicitano le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente, dovendosi ritenere che il giudice tributario in sede di rinvio abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità, non avendo il ricorrente riportato il contenuto dei documenti, degli atti difensivi e processuali dai quali si sarebbe dovuta desumere l’origine delle somme rilevate a seguito delle indagini bancarie;
il motivo sarebbe in ogni caso infondato;
-secondo l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, qualora l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria si fondi, come nella specie, su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. n. 21303/2013);
-la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; fermo restando che, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali
possono contrastarne l’efficacia solo dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass. n. 29572/ 2018);
ciò posto, il ricorrente, nel corpo dei predetti motivi, non ha specificato in modo puntuale quali siano state le prove contrarie analitiche che egli ha contrapposto alle singole movimentazioni bancarie, omettendo anche di individuare in modo preciso queste ultime, né ha riprodotto documenti, neppure nel loro contenuto essenziale, indicando la sede della loro eventuale produzione nei gradi di merito;
il mero riferimento alle risultanze del processo penale e alle giustificazioni fornite dal contribuente nella fase del contraddittorio non integra i predetti oneri, atteso che non evidenzia la correlazione analitica tra specifiche operazioni bancarie e relative puntuali giustificazioni delle stesse;
non avendo il ricorrente dimostrato di avere fornito nei gradi di merito una dettagliata spiegazione dei singoli movimenti bancari ritenuti ingiustificati, la motivazione della sentenza impugnata deve essere ritenuta sul punto esaustiva.
in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 ottobre 2024