Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15021 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15021 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3855/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma nello studio dell’avv. NOME COGNOME, INDIRIZZO
-controricorrente-
e
sul ricorso incidentale proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma nello studio dell’avv. NOME COGNOME, INDIRIZZO
-ricorrente incidentale-
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore ; -intimata- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, n. 1807/2020, depositata il 15 settembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -L’Agenzia delle entrate – Direzione di Foggia, Ufficio controlli, all’esito di un controllo sulla posizione della ditta di NOME COGNOME in relazione agli anni di imposta del 2008 e 2009, in data 27 gennaio 2013 notificava l’invito n. I00023/2013 con cui richiedeva di giustificare i movimenti finanziari in entrata e in uscita in relazione a sedici conti correnti relativi a cinque istituti bancari. In data 21 ottobre 2014 l’Ufficio notificava al contribuente l’avviso di accertamento n. TVK010503083/2013, relativo all’anno d’imposta 2008, con cui contestava, a fronte di versamenti non giustificati, maggiori ricavi non dichiarati pari a euro 1.167.075,00; nonché a fronte di prelevamenti non giustificati, maggiori ricavi non dichiarati pari a euro 1.324.932,52. In data 13 novembre 2014 notificava al contribuente l’avviso di accertamento n. TVK010500317/2014 relativo all’anno 2009 con cui contestava, a fronte di versamenti non giustificati, maggiori ricavi non dichiarati pari a euro 1.349.039,37; nonché a fronte di prelevamenti non giustificati, maggiori ricavi non dichiarati pari a euro 1.000.324,18.
Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Foggia che, con sentenza n.
1137/2017 depositata in data 12 giugno 2017, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva e, per l’effetto , annullava i provvedimenti impugnati. In particolare, la Commissione tributaria provinciale affermava che l’accertamento finanziario in esame fosse inficiato dalla mancata precisazione dei conti correnti esaminati, dall’identificazione del rapporto intrattenuto per ogni singolo istituto di credito, del numero e dell’intestazione del correntista, di un elenco dettagliato dei movimenti in entrata e in uscita, con conseguente lesione del diritto di difesa del contribuente.
-Avverso tale pronuncia l’Ufficio proponeva atto di appello.
La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 1807/27/2020, depositata in data 15 settembre 2020, rigettava l’appello .
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente si è costituito con controricorso e ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Il pubblico ministero ha depositato una requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso principale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione degli artt. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212, 42 del d.P.R. n. 600 del 1972, 56 del d .P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto che gli avvisi di accertamento fossero carenti di motivazione e perciò idonei a inficiare il diritto di difesa del contribuente, solo per il fatto che risultano privi dell’indicazione dei
numeri di conto corrente a cui si riferiscono le operazioni bancarie da giustificare.
1.1. -il motivo è fondato.
Per consolidato orientamento di questa Corte, la motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dall’art. 7 della l. n. 212 del 2002, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa tributaria; invece, la prova della pretesa tributaria attiene al diverso piano del fondamento sostanziale della pretesa tributaria ed al suo accertamento in giudizio in presenza di specifiche contestazioni dello stesso (Cass., Sez. Trib., 20 settembre 2024, n. 25321).
Nel caso di specie, come emerge dalla pronuncia impugnata (il che priva di rilevanza l’eccezione d’inammissibilità del motivo per omessa trascrizione di atti o documenti di consegna), l’amministrazione finanziaria ha consegnato alla parte il 21 gennaio 2015 file relativi a tutte le operazioni, ‘ già in precedenza consegnati al dott. COGNOME NOME (circa due anni prima )’, dai quali risultavano ‘ il nome della banca/istituto e partita iva di ogni banca ‘. Al riguardo, l’Agenzia evidenzia in ricorso che ‘ gli avvisi di accertamento ex adverso impugnati includono nella motivazione gli elenchi restituiti dal contribuente, con la colonna delle giustificazioni compilata ‘ e lo stesso contribuente in controricorso evidenzia che nella colonna 6 degli avvisi di accertamento ‘… viene riportato il nome della banca/istituto e la partita iva …’.
Non sussiste pertanto alcun vizio di motivazione dell’avviso di accertamento così come prospettato; tanto che, si riferisce in controricorso, nel corso del contraddittorio procedimentale, scandito da numerosi incontri, sulla base delle ‘ oltre 1000 pagine di
movimenti finanziari in entrata e in uscita ‘ consegnate dall’Agenzia, sia pure senza l’indicazione dei numeri di conto corrente, ‘… venivano consegnate numerose giustificazioni inerenti diverse operazioni (ricercate in contabilità solamente in base all’importo), e contemporaneamente venivano richieste agli istituti bancari, da parte del Mafrolla, le copie degli assegni bancari e circolari nonché le contabili bancarie non in possesso ‘ .
In realtà il giudice d’appello, con la statuizione censurata, ha sovrapposto il profilo della prova a quello dell’allegazione.
A fronte di tali evidenze, del tutto irrilevanti appaiono le considerazioni svolte nella consulenza tecnica d’ufficio espletata richiamate in sentenza, in cui si legge che ‘ La CTU, allo scopo nominata dal primo Giudice, nelle rassegnate conclusioni evidenziava che l’accertamento risultava carente nella motivazione riguardo i riferimenti probatori …’ .
2. -Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, 51, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per non aver la Commissione tributaria regionale considerato né che il recupero basato sull’indicazione del quantum di ciascuna pretesa favoriva il contribuente, né la circostanza che l’Ufficio aveva in ogni caso fornito gli elenchi delle movimentazioni non giustificate. A fronte di ciò, il contribuente avrebbe dovuto giustificare i versamenti effettuati sui conti correnti, analiticamente elencati negli avvisi di accertamento.
2.1. -il motivo è fondato.
In merito alla pretesa tributaria, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del
d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cass., Sez. V, 31 gennaio 2024, n. 2928; Cass., Sez. V, 29 luglio 2016, n. 15857).
La presunzione legale relativa, ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, che comporta l’onere probatorio, a carico del contribuente, di dare specifica giustificazione delle movimentazioni bancarie, oggetto di contestazione, al fine di dimostrare che le stesse non derivano da operazioni imponibili e tale conseguenza, oltre al regime legale, si riconnette altresì a quel principio di vicinanza della prova che è connaturato al disposto dell’art. 2697 c.c. e che attiene alla possibilità di conoscere, in via diretta o indiretta, i fatti materiali e storici che stanno alla base della loro evidenziazione probatoria (Cass., Sez. V, 4 ottobre 2024, n. 26014).
Analogamente, in tema di IVA e di accertamenti bancari, grava sul contribuente l’onere di superare la presunzione posta dall’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, ed il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso contribuente, avuto riguardo ad ogni singola movimentazione e dandone conto in motivazione (Cass., Sez. V, 5 maggio 2021, n. 11696).
Nel caso di specie, sussiste una palese violazione delle norme sul riparto dell’onere della prova alla luce della giurisprudenza
richiamata di questa S.C., avendo la Commissione tributaria regionale posto a carico dell’amministrazione un onere della prova che non le spettava di adempiere poiché, in base agli elementi forniti, era al contrario onere del contribuente dare la dimostrazione, con elementi certi, della circostanza che le singole operazioni fossero riconducibili all’attività d’impresa, e quindi dovessero essere sottratte alla pretesa impositiva.
-L’accoglimento del ricorso principale determina l’assorbimento del l’unico motivo di ricorso incidentale , con cui si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c.; nonché la violazione di circostanza determinante, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c. per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto di compensare le spese senza fornire adeguata motivazione sul punto.
-La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 aprile 2025.