Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11534 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11534 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28917/2017 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME difensore di se stesso, con domicilio digitale presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5198/2017, depositata il 6 giugno 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’avvocato NOME COGNOME ricorreva avverso l’atto con il quale la Direzione provinciale di Napoli accertava per l’anno d’imposta 2009 ai sensi dell’art. 39, 1 comma, del d.P.R. 600/1973 un maggior reddito imponibile ai fini delle Imposte dirette e dell’I VA. In particolare, la ricostruzione del reddito avveniva con il metodo delle indagini bancarie ricalcolando il reddito complessivo sulla base dei versamenti e prelevamenti bancari risultanti da quattro dei sei conti correnti tenuti dal contribuente e rimasti ingiustificati all’esito del contraddittorio attivato dall’ufficio prima dell’emissione dell’avviso di accertamento. Ai fini delle imposte dirette il maggior reddito di euro 299.0281,00 scaturiva dalla somma dei versamenti (euro 240.205,00) e prelevamenti (euro 58.823,00) rimasti ingiustificati; mentre ai fini dell’imposta sul valore aggiunto il maggior imponibile di euro 240.205,00 scaturiva dal computo dei soli versamenti rimasti ingiustificati considerati operazioni imponibili all’aliquota del 20% ( euro 245.205,00 x 20% = euro 48.041,00); relativamente – invece – ai prelevamenti rimasti ingiustificati, essi venivano considerati operazioni di acquisto effettuate senza fattura per le quali veniva irrogata esclusivamente la sanzione ex art. 6, comma 8, d.lgs. 471/1997, che prevede la misura del 100% dell’imposta con un minimo di euro 258,00 (euro 58.823.00 x 20% = euro 11.765,00).
L’Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio.
La Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 25597/13/2015 depositata il 18 novembre 2015, accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo il maggior imponibile accertato dei prelevamenti ingiustificati pari ad euro 58.823,00 in ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014.
-Avverso tale pronuncia l’avvocato COGNOME proponeva appello.
L’Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio.
La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 5198/18/2017 depositata il 6 giugno 2017, confermava la sentenza di primo grado, rigettando l’appello .
-Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6, 7, 10, 12 della l . 212/2000, dell’art. 24 l. 4/1929, degli artt. 51 e ss. 54, 55, 56 d.P.R. 633/72, degli artt. 32 e ss., 38, 39, e 40 d.P.R. 600/73, degli artt. 3, 24, 53, 97, 111 e 117 Cost., degli artt. 41, 47 e 48 Carta di Nizza e degli art. 6 e 8 della Cedu in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Il ricorrente contesta l’effettività del procedimento di contraddittorio attivato dall’Ufficio , a suo parere viziato di formalismo.
1.1. -Il motivo è infondato.
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali c.d. a tavolino, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale con riferimento alle imposte armonizzate, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto in giudizio all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, contenuto che può essere desunto in positivo anche dal comportamento tenuto dall’Amministrazione finanziaria nel caso concreto successivamente alla notifica dell’atto impositivo (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2022, n. 37234).
Il rispetto del contraddittorio, anche alla luce dei principi enucleabili dalla l. 212 del 2000 e dalla giurisprudenza unionale, non vuol significare che alle parti del procedimento amministrativo
(Amministrazione e contribuente) debba richiedersi nella fase endoprocedimentale capacità di critica e valutazione delle complessive allegazioni documentali, pari a quelle demandate all’organo giudiziario in sede processuale, ma che la serietà e pertinenza delle allegazioni del contribuente, qualora vagliate dall’Amministrazione finanziaria all’esito della verifica e prima della notificazione dell’atto impositivo, avrebbero potuto incidere sul “se” e sul contenuto dell’atto (Cass., Sez. V, 7 settembre 2023, n. 26068).
Nell caso di specie, in presenza di una verifica fiscali c.d. a tavolino, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale con riferimento alle sole imposte armonizzate, ma sul contribuente grava la c.d. prova di resistenza, dovendo quest’ultimo assolvere in giudizio all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa. Al riguardo, i richiami effettuati a pagina 34 del ricorso non appaiono idonei a integrare i requisiti indicati dalla giurisprudenza di legittimità in quanto contenenti circostanze generiche, che rinviano – con difetto di specificità – ad altra documentazione e che impediscono qualunque verifica circa la serietà e pertinenza delle allegazioni del contribuente e la loro idoneità a incidere sul “se” e sul contenuto dell’atto.
2. -Con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 57, co. L, d.lgs . 546/92, dell’art. 7 d.lgs . 472/97, dell’art. 13 d.lgs. 471/97 e degli artt. 24, 53, 11, e 117 Cost., dell’art. 5 TUE e dell’art. 41 della Carta di Nizza in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Parte ricorrente evidenzia che nella sentenza impugnata i giudici di secondo grado hanno rigettato l’appello proposto sul punto in cui l’appellante ribadiva che nel comminare la sanzione l’Amministrazione finanziaria e i giudici di merito non avevano considerato la sproporzione e l’ingiustizia
manifesta della sanzione tributaria statuendo che ‘ l’eccezione di sproporzione delle sanzioni irrogate nell’impugnato avviso di accertamento, non risultando specificamente proposta nell’originario ricorso iniziale, costituisce una domanda nuova ex art. 57 co. 1 d.lgs. 546/1992, cosicché essa è inammissibile e non può proprio essere valutata da questa C.T.R. ‘ . Al riguardo, il contribuente rileva che tale eccezione era invece stata proposta nell’atto introduttivo di primo grado e anche in quello di secondo grado. Il ricorrente contesta altresì la sproporzione e l’ingiustizia manifesta della sanzione.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione, nella memoria ex art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la causa petendi entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass., Sez. V, 24 luglio 2018, n. 19616; Cass., Sez. V, 24 ottobre 2014, n. 22662). Al di là del difetto di specificità della censura che sarebbe stata contenuta nel ricorso introduttivo, incentrandosi il richiamo riportato all’interno del presente motivo sia con riferimento all’atto introduttivo sia ai successivi motivi di appello -esclusivamente sull’assenza di contraddittorio (la Commissione tributaria regionale ha evidenziato che si tratta di domanda nuova che non risulta essere stata proposta nel ricorso iniziale), nulla viene concretamente dedotto in merito alla supposta sproporzione della sanzione comminata (lì dove l’Agenzia delle entrate ha evidenziato come sia stata applicata la sanzione più favorevole al contribuente attraverso il cumulo giuridico e non quello materiale, in applicazione dell’art. 12, comma 7, d.lgs. 472
del 1997), al di là di un richiamo del parametro della proporzionalità così come declinato dalla giurisprudenza nazionale ed europea, senza riferimenti al caso di specie.
-Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. e violazione e falsa applicazione degli artt. 132, 116, 214, 215 e 221 cod. proc. civ., degli artt. 2702 e 2697 cod. civ., degli artt. 7, 23, 32 e 36 del d .lgs. 546/92 e dell’art. 32 e 39 del d.P.R. 600/73 in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Il ricorrente lamenta il disconoscimento probatorio delle scritture private e delle dichiarazioni rese da terzi compiuto dalla sentenza impugnata. Tali documenti erano stati prodotti a giustificazione dei movimenti finanziari risultanti dai conti correnti bancari dell’odierno ricorrente.
3.1. -Il motivo è infondato.
La presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass., Sez. V, 8 aprile 2024, n. 9403; Cass., Sez. V, 16 novembre 2018, n. 29572).
In tema di processo tributario, anche al contribuente, oltre che all’Amministrazione finanziaria, è riconosciuta, in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti ex art. 111
Cost., la possibilità di introdurre nel giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – e, di conseguenza, dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà -, le quali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari, senza che ciò comporti il venir meno del potere-dovere del giudice tributario di valutare l’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, secondo il principio della libera valutazione delle prove, confrontando le propalazioni raccolte e valutando la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi e oggettivi, come la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con eventuali altri elementi acquisiti (Cass., Sez. V, 30 ottobre 2024, n. 28022).
La Commissione tributaria regionale non ha violato i principi espressi da questa Suprema Corte, esplicitando le ragioni per cui ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni provenienti dai terzi, confermando la valutazione compiuta in prime cure in merito alla non credibilità del loro contenuto, tenuto conto della loro evidente genericità, inverosimiglianza e non riscontrabilità. Non c’è stata, inoltre, alcuna violazione dell’onere della prova, avendo la Commissione tributaria regionale evidenziato come i documenti prodotti a giustificazione dei versamenti operati sui conti correnti bancari consistevano in scritture private senza data certa, riferite a prestiti elevati o debiti di gioco senza interessi, in assenza di modalità e tempi di restituzione, non riscontrabili con altra documentazione e in contrasto con la capacità di reddito dei mutuatari. Si tratta, di tutta evidenza, di valutazioni di merito di cui si richiede una inammissibile rivalutazione in sede di legittimità a fronte di una ‘ doppia conforme ‘ con conseguente operatività della preclusione già prevista dall’art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ. e attualmente dall’art. 360, comma 4, cod. proc. civ., nel caso in cui la sentenza di primo grado e quella di secondo grado siano state delibate nel merito (Cass., Sez. III, 11 dicembre 2024, n.
32019), senza che sia stata dedotta alcuna differenza tra l’apprezzamento compiuto nei due gradi di giudizio.
Non sussiste peraltro alcun vizio di motivazione nei limiti in cui esso è tuttora censurabile, non essendo stato violato il ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., la cui lesione è riscontrabile qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090).
4. -Il ricorso va dunque respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 31 gennaio 2025