Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31900 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31900 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26047/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende controricorrente
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 1877/2016 depositata il 07/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della C.T.R. del Lazio, che, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha riformato la sentenza della C.T.P. di Roma, con la quale era stato annullato l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2006, che accertava, ai fini IRPEF, una maggior imposta pari ad euro 12.470,00 ed una maggior addizionale regionale pari ad euro 613,00, con l’irrogazione di sanzione amministrativa pari ad euro 15.699,00.
La sentenza della C.T.R., premette che, a seguito di segnalazione, l’Agenzia delle entrate aveva richiesto a NOME COGNOME ed al coniuge NOME COGNOME chiarimenti su alcuni movimenti bancari, notificando loro apposito questionario in ordine all’anno di imposta 2006, e rappresenta che i medesimi avevano segnalato di non avere presentato alcuna dichiarazione reddituale, essendo la loro unica fonte di sostentamento costituita da redditi esenti, scaturenti dai frutti di un conto corrente bancario. Ciò posto, la C.T.R. ritiene: che correttamente l’Ufficio aveva proceduto tramite accertamento analitico, sebbene la contribuente avesse erroneamente ritenuto che si trattasse di accertamento sintetico; che correttamente l’Ufficio aveva imputato i movimenti bancari del conto corrente cointestato nella misura del 50% per ciascuno dei coniugi; che le c.d. dichiarazioni testimoniali offerte dalla contribuente dovevano ritenersi inutilmente prodotte ai sensi dell’art. 7 d. lgs. 546/1992.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente formula tre motivi di impugnazione.
Con il primo fa valere, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo della controversia. Osserva che la contribuente sia nel ricorso introduttivo, che nelle controdeduzioni in appello, aveva dedotto la violazione dell’art. 43 d.P.R. 600/1973, spiegando che le movimentazioni sul conto, oggetto dell’avviso di accertamento, erano frutto di operazioni poste in essere dal marito, il quale, a sua volta aveva fatto impugnato l’accertamento avanti alla C.T.P.. Il riconoscimento della sua qualità di persona fisica non soggetta alla dichiarazione dei redditi implicava che l’accertamento presuntivo dovesse intervenire nel termine di quattro anni, anziché in quello di cinque anni, come accaduto. La C.T.R., nondimeno, aveva omesso di pronunciarsi sul punto.
Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 5) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’omesso esame della prova documentale offerta dalla contribuente. Rileva che la sentenza di primo grado si era espressa sulla documentazione introdotta dalla ricorrente, affermando che quest’ultima aveva adempiuto all’onere probatorio e che ‘la pluralità degli elementi’ conduceva ad escludere l’attendibilità delle verifiche patrimoniali svolte dall’Ufficio. Ricorda che erano stati prodotti in giudizio l’estratto del conto corrente e della situazione patrimoniale mobiliare, nonché le copie degli assegni in entrata, dei versamenti bancari e delle scritture private autenticate, che dimostravano come i movimenti bancari fossero da imputare alla restituzione di prestiti. Assume che la C.T.R. ha inspiegabilmente omesso di valutare le prove dedotte, affermando che esse fossero inutilmente prodotte. Osserva che la violazione commessa dalla
sentenza di secondo grado, appare ancor più grave laddove si consideri che la C.T.R. non ha neppure preso in considerazione la dichiarazione con cui Poste Italiane s.p.a. rivela che la contribuente non è titolare di alcun conto corrente presso la società, il che annulla di fatto i versamenti che le vengono addebitati. Rammenta che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito come le censure che investono l’onere della prova possano essere fatte valere ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5) cod. proc. civ.
Con il terzo motivo fa valere, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 2 n. 4) d. lgs. 546/1992, 111, comma 6 Cost. e dell’art. 132, comma 2, n. 4) cod. proc. civ.. Sostiene che la motivazione della sentenza sia meramente apparente, limitandosi a confermare quanto esposto dall’Agenzia delle entrate, in particolare nella parte in cui afferma che ‘Nulla, in particolare sorregge difatti l’assunto che tali cespiti davvero vadano ascritti rispettivamente alla liquidazione di una polizza assicurativa, al distacco di alcune cedole mobiliari e, parimenti, alla restituzione di somme a suo tempo mutuate da terzi’. La C.T.R., invero, si è limitata a sostenere che ‘manca ogni riscontro documentale dell’effettiva provenienza delle componenti di reddito e, quindi, della loro non denunciabilità, ovvero separata imposizione’ rifacendosi genericamente alle presunzioni dell’Ufficio, senza mai motivare sulla pretesa non pertinenza degli elementi offerti e diretti a superarle.
Il primo motivo non può essere accolto.
5.1. Va innanzitutto chiarito, a fronte delle osservazioni introdotte dall’Amministrazione, in sede di controricorso, che la doglianza con cui si lamenta l’omessa pronuncia della C.T.R. sull’eccezione relativa alla nullità dell’accertamento per decadenza, ai sensi dell’art. 43 d.P.R. 600/1973, dedotta dalla
contribuente nel primo e secondo grado di giudizio non doveva essere formulata ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., non costituendo un vizio del procedimento. Questa Corte, infatti, ha avuto modo di chiarire che ‘Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione. (Sez. 3, Ordinanza n. 24953 del 06/11/2020; in precedenza: Sez. 2, Sentenza n. 13649 del 24/06/2005; Sez. 1, Sentenza n. 11844 del 19/05/2006; Sez. 1, Sentenza n. 7406 del 28/03/2014; nello stesso senso, da ultimo: Sez. 3 – , Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023, secondo cui ‘È configurabile la decisione implicita di una questione -connessa a una prospettata tesi difensiva- o di un’eccezione di nullità ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficioquando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che
utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività’).
5.2. Nel caso di specie, la ricorrente, pur riferendosi impropriamente al vizio di cui all’art. 360, comma 1 n. 5) cod. proc. civ., lamenta la violazione dell’art. 43 d.P.R. 600/1973, sostenendo che la qualità di persona fisica non soggetta all’obbligo di presentazione della dichiarazione reddituale, avrebbe comportato la decadenza dell’amministrazione allorquando questa non avesse provveduto alla notificazione dell’avviso di accertamento entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
5.3. Ora, contrariamente a quanto sostenuto con il ricorso, il termine di decadenza di cui all’art. 43, comma primo, d.P.R. 600/1973, originariamente fissato in cinque anni e ridotto a quattro in forza della previsione di cui all’art. 10 del d.l. n. 201/2011, conv. con modifiche in l. 214/2011, non si applica al caso di specie, avuto riguardo al fatto che siffatta disposizione non regola l’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, disciplinate dal secondo comma, che fissava -nella versione vigente all’epoca dell’accertamento – il termine decadenziale in anni cinque (art. 37, comma 24 L. 289/2002).
5.4. La censura è, dunque, manifestamente infondata, oltre che proposta in forma inammissibile.
Il secondo motivo è inammissibile. La doglianza anch’essa introdotta ai sensi dell’art. 360, comma 1 n.5) cod. proc. civ.che pure elenca le prove che sarebbero state pretermesse dal giudice di seconda cura, difetta del requisito dell’autosufficienza, non indicando né il contenuto, né la collocazione dei documenti non esaminati. Deve, invero, ribadirsi il principio secondo il quale ‘Nel processo tributario di cassazione il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i
documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, comma 3, c.p.c. – deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito’ (da ultimo: Sez. 5 – , Ordinanza n. 777 del 15/01/2019).
Il terzo motivo è inammissibile.
7.1 Deve, preliminarmente, osservarsi che nella sentenza impugnata non compaiono le frasi ad essa attribuite dalla ricorrente (in particolare la frase ‘Nulla, in particolare sorregge difatti l’assunto che tali cespiti davvero vadano ascritti rispettivamente alla liquidazione di una polizza assicurativa, al distacco di alcune cedole mobiliari e, parimenti, alla restituzione di somme a suo tempo mutuate da terzi’ e la frase ‘manca ogni riscontro documentale dell’effettiva provenienza delle componenti di reddito e, quindi, della loro non denunciabilità, ovvero separata imposizione’). Ciò rende di per sé incoerente la censura, posto che essa non si confronta con il dato letterale della sentenza gravata, sicché non risulta possibile valutarne la fondatezza.
Il ricorso va dunque rigettato, in quanto in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate euro 2.300,00 , oltre spese prenotate a debito, in favore della Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 2300,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma il 18 novembre 2024