LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accertamento bancario: no al contraddittorio preventivo

Un contribuente impugnava un avviso di accertamento basato su indagini bancarie per maggiori redditi relativi a tre annualità. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che per l’accertamento bancario “a tavolino” non è necessario il contraddittorio preventivo né il rispetto del termine dilatorio di 60 giorni. Inoltre, ha confermato che la presunzione legale per cui i versamenti su conto corrente costituiscono ricavi non dichiarati si applica anche ai soggetti in regime di contabilità semplificata, i quali hanno l’onere di fornire la prova contraria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Bancario: Quando il Fisco Può Fare a Meno del Contraddittorio?

L’accertamento bancario è uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale. Tuttavia, le sue modalità applicative sono spesso fonte di contenzioso. Con l’ordinanza n. 34632/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su alcuni aspetti cruciali di questa procedura, in particolare sull’obbligo del contraddittorio preventivo e sull’onere della prova per i contribuenti in regime di contabilità semplificata.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un accertamento bancario condotto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, dal quale erano emersi maggiori redditi per gli anni d’imposta 2009, 2010 e 2011. Dopo il fallimento del tentativo di accertamento con adesione, il contribuente aveva impugnato l’atto impositivo, ma i suoi ricorsi erano stati respinti sia in primo grado (CTP) che in appello (CTR). Di qui, il ricorso per cassazione, basato su tre motivi principali: la violazione del termine dilatorio previsto dallo Statuto del Contribuente, il difetto di motivazione dell’atto e l’inapplicabilità delle presunzioni legali sui versamenti bancari ai soggetti in contabilità semplificata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno fornito importanti chiarimenti, ribadendo principi consolidati in materia di procedure di accertamento e di ripartizione dell’onere probatorio.

Le Motivazioni: Accertamento Bancario e Regole Procedurali

La Corte ha esaminato e respinto il primo motivo di ricorso, relativo alla presunta violazione dell’art. 12 della Legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente). Il contribuente lamentava il mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni che deve intercorrere tra il rilascio del verbale di constatazione e l’emissione dell’avviso di accertamento.

Il Contraddittorio Preventivo negli Accertamenti “a Tavolino”

La Cassazione ha chiarito che l’obbligo del contraddittorio preventivo e del conseguente termine dilatorio non si applica a tutti i tipi di accertamento. Tale garanzia è prevista specificamente per le verifiche fiscali che si svolgono tramite “accesso” presso la sede del contribuente. Nel caso di specie, invece, si trattava di un accertamento bancario “a tavolino”, ovvero basato sull’esame della documentazione bancaria acquisita dall’Agenzia senza un accesso fisico nei locali del contribuente. In questi casi, secondo la Corte, la garanzia del contraddittorio non è imposta dalla legge, se non per i tributi armonizzati a livello europeo o in altre ipotesi specifiche, non ricorrenti nella fattispecie.

Motivazione dell’Atto e Limiti al Sindacato di Legittimità

Anche il secondo motivo, incentrato sul presunto difetto di motivazione, è stato giudicato inammissibile. Il contribuente sosteneva che l’atto non avesse considerato le sue difese, volte a dimostrare la coincidenza tra le somme movimentate sui conti e il fatturato d’impresa. La Corte ha osservato che tale censura mirava, in realtà, a ottenere un riesame del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che la sentenza d’appello aveva adeguatamente motivato la propria decisione, dando atto che l’ufficio aveva già considerato gli accrediti POS e altre operazioni giustificate, ma aveva rilevato una generale confusione gestionale dovuta all’uso promiscuo dei conti correnti per attività diverse.

Le Motivazioni: Contabilità Semplificata e Onere della Prova

Il punto più interessante della pronuncia riguarda il terzo motivo, con cui il contribuente contestava l’inversione dell’onere della prova prevista dall’art. 32 del d.p.r. n. 600/1973, sostenendone l’incompatibilità con il regime di contabilità semplificata.

L’Applicabilità delle Presunzioni Legali

La legge presume che i versamenti non giustificati su un conto corrente costituiscano ricavi non dichiarati. Spetta quindi al contribuente dimostrare il contrario. La difesa sosteneva che, non essendo tenuto a registrare le movimentazioni finanziarie, il contribuente in contabilità semplificata non avrebbe gli strumenti per fornire tale prova. La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi. Ha ribadito che la giurisprudenza è costante nell’affermare che l’art. 32 non opera alcuna distinzione tra contribuenti in contabilità ordinaria o semplificata. La presunzione legale è quindi applicabile in entrambi i casi.

La Scelta del Regime Contabile e le Sue Conseguenze

La Corte ha inoltre precisato che la scelta del regime di contabilità semplificata è un’opzione volontaria del contribuente. Optando per questo regime, l’imprenditore accetta di assumersene sia i vantaggi (minori adempimenti) sia gli svantaggi, tra cui la potenziale difficoltà a superare le presunzioni legali in caso di accertamento bancario. Non si configura, pertanto, alcuna violazione del diritto di difesa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza consolida tre principi fondamentali. Primo: le garanzie procedurali come il contraddittorio preventivo non sono universali, ma si applicano solo nelle ipotesi previste dalla legge, escludendo gli accertamenti “a tavolino”. Secondo: la critica alla motivazione di un atto impositivo non può trasformarsi in una richiesta di riesame dei fatti alla Corte di Cassazione. Terzo, e più importante: i contribuenti in contabilità semplificata non sono esenti dalle presunzioni legali sui versamenti bancari e devono essere in grado di giustificare l’origine delle somme accreditate sui propri conti, pena la loro ripresa a tassazione come ricavi.

L’Agenzia delle Entrate deve sempre garantire il contraddittorio preventivo prima di un accertamento bancario?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di osservare il termine dilatorio di 60 giorni e, in generale, il contraddittorio preventivo non si applica agli accertamenti “a tavolino”, basati cioè sull’esame di documentazione bancaria senza un accesso fisico presso la sede del contribuente. Tale garanzia è richiesta solo per verifiche con accesso, per i tributi armonizzati o in altre ipotesi specifiche previste dalla legge.

La presunzione che i versamenti in banca siano ricavi vale anche per chi ha la contabilità semplificata?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la presunzione legale stabilita dall’art. 32 del d.p.r. 600/1973 si applica indistintamente sia ai contribuenti in contabilità ordinaria sia a quelli in contabilità semplificata. La scelta di un regime contabile semplificato è volontaria e non esonera il contribuente dall’onere di provare che i versamenti non costituiscono reddito imponibile.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove fornite contro un accertamento?
No. Il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può rivalutare i fatti o le prove già esaminate dai giudici dei gradi precedenti. Può solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere una revisione dell’accertamento di fatto porta all’inammissibilità del motivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati