Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34632 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
contraddittorio
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME
– ricorrente
–
contro
, ;
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato – resistente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 89/3/17 depositata il primo marzo 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia, effettuato a carico del contribuente un accertamento bancario, accertava maggiori redditi per gli anni 2009, 2010 e 2011. Fallito il tentativo di accertamento con adesione, veniva dal contribuente proposto ricorso che la CTP respingeva. Anche il susseguente gravame veniva respinto dalla CTR.
Il contribuente propone così ricorso in cassazione affidandosi a due motivi, mentre l’Agenzia si è limitata a depositare istanza di partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 12, l. n. 212/2000; 3,24, 41 e 97 Cost.; 7 l. n. 241/90.
1.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
Esso è inammissibile poiché, oltre a proporre la diretta violazione di norme di rango costituzionale, senza poi individuare una specifica censura alla pronuncia impugnata, si limita a un lungo discorso di carattere generale ed astratto circa la necessità di applicare a tutti i casi di accertamento il termine dilatorio previsto dall’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000.
In ogni caso, volendo ricollegare tale astratta doglianza alla decisione impugnata – pacifico essendo che nella specie si trattò di un accertamento tramite esame della documentazione bancaria senza accesso – deve ricordarsi come la necessità di osservare il termine dilatorio suddetto, e in generale il contraddittorio preventivo, non può essere predicata con riferimento a tutti gli accertamenti, ma solo a quelli che si svolgano con accesso presso il contribuente o inerenti ai tributi armonizzati o alle altre ipotesi specificamente prevedute dalla legge, ed in proposito, e sul punto è sufficiente richiamare i precedenti di questa Corte (Cass. 24793/2020).
Con il secondo motivo si denuncia violazione per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e violazione di norme di diritto (artt. 7, l. 241/90; 10, l. 112/10; 97 Cost e 41, Carta dei diritti fondamentali dell’UE, difetto di motivazione.
2.1. Anche tale motivo è afflitto da inammissibilità, derivante dalla commistione di profili di vizio della decisione tra loro incompatibili, alcuni poi neppure normativamente previsti.
In ogni caso dalla lettura del motivo pare emergere che la critica si appunti su un’assenza di motivazione in ordine alle difese approntate dal contribuente, dalle quali sarebbe emersa la sostanziale coincidenza fra le somme movimentate nei conti correnti verificati e il fatturato dell’impresa.
La censura però, pur rivestita con l’asserita violazione di norme di vario rango e in sostanza, come premesso, consistente nell’imputazione di un difetto di motivazione, tende inammissibilmente a devolvere alla Corte di legittimità una revisione dell’accertamento di fatto già svolto dal giudice d’appello, il quale infatti ha verificato e motivato sul punto nel senso che l’ufficio aveva già riconosciuto gli accrediti ricevuti tramite p.o.s. fino alla concorrenza degli importi annotati mensilmente nei registri contabili; che dai verbali di contraddittorio risultano anche parzialmente accolte e giustificate alcune operazioni effettuate nel triennio; rilevando per il resto le difficoltà conseguenti alla commistione derivante dall’utilizzo di conti correnti per tutte le varie attività del contribuente.
Né si può individuare nella sentenza, per quanto appena osservato, un’assenza o mera parvenza di motivazione, uniche condizioni ammissibili di censura della motivazione stessa a seguito della riforma dell’art. 360 cod. proc. civ.
Col terzo motivo (così qui numerato per chiarezza espositiva) si denuncia errata o falsa applicazione degli artt. 32, dello ‘statuto del contribuente’, 24 Cost.
Con tale motivo il ricorrente censura la sentenza laddove la stessa osserva che non sarebbe condivisibile la tesi dell’incompatibilità tra il regime di contabilità semplificata e l’inversione dell’onere della prova di cui agli artt. 32 e 38 del d.p.r. n. 600/1973.
In particolare osserva la difesa del contribuente che non essendo prevista nel caso della contabilità semplificata l’annotazione delle movimentazioni finanziarie, ciò non consente di allegare la prova contraria alle registrazioni delle singole movimentazioni, per cui l’ordinamento non potrebbe chiedere al contribuente che tale regime contabile abbia prescelto, di ricostruire tutta la movimentazione dei conti correnti, e ritenere il contrario si tradurrebbe dunque in una violazione del diritto alla difesa.
3.1. Il motivo, a prescindere anche qui dalla sua formulazione al limite dell’inammissibilità, è comunque infondato. La giurisprudenza di questa Corte ha in plurime occasioni chiarito che la disposizione dell’art. 32, d.p.r. n. 600/1973 non opera alcuna distinzione tra contribuenti in contabilità ordinaria o semplificata, e dunque la stessa è sicuramente applicabile in entrambi i casi (Cass. n. 2900/2019; Cass. n. 40221/2021).
Né ciò costituisce una violazione del diritto alla difesa, poiché l’utilizzo della contabilità semplificata costituisce un’opzione volontaria del contribuente, e le relative conseguenze sono assunte dall’interessato e a suo carico o a suo vantaggio.
Al postutto il ricorso dev’essere respinto, con aggravio di spese in capo al ricorrente soccombente.
Nulla per le spese in quanto l’Agenzia non ha depositato rituale controricorso.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024