Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8565 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8565 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, n. 5108/15 depositata il 27 maggio 2015.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Si dà atto che il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO CHE
Il ricorrente impugnava l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia a seguito di indagini finanziarie accertando maggiori redditi sulla base di versamenti e prelevamenti bancari. La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo però non giustificati parte dei movimenti. La contribuente proponeva appello e l’Agenzia
CONTRADD. PREV.
a sua volta proponeva appello incidentale, ma la CTR respingeva entrambi i gravami.
La contribuente propone allora ricorso in cassazione affidato a cinque motivi, mentre l’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
Col primo motivo si deduce violazione degli artt. 32, 38 e 39, d.p.r. n. 600/73; 51 del d.p.r. n. 633/72, ritenendosi che erroneamente la CTR avrebbe ritenuto non sussistente la violazione del contraddittorio preventivo sulla base dell’osservazione per cui l’accertamento non venne emesso a seguito di processo verbale ma di rettifica compiuta sui dati emergenti da conti correnti.
1.1. Il motivo è infondato in quanto la corte territoriale ha applicato il principio secondo cui la presunzione ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, posto che il citato art. 32 prevede quel contraddittorio alla stregua di mera facoltà, non di obbligo, dell’amministrazione tributaria (Cass. n. 10249 del 2017; Cass. n. 34209 del 2019), ferme restando le facoltà del contribuente nella successiva fase. Infatti, la disponibilità dei conti costituisce elemento idoneo a legittimare il rilievo meramente probatorio (sul piano del quantum debatur) attribuito ai prelievi e versamenti non giustificati, e l’ufficio ben può procedere al ritiro del provvedimento dopo il relativo accertamento, in base alle osservazioni o giustificazioni proposte dall’interessato.
Né tali norme e il relativo orientamento si scontrato con i principi propri dell’ordinamento eurounitario, non solo sulla base delle osservazioni appena rassegnate, ma anche in quanto il principio fondamentale dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa endo procedimentale, di cui il diritto al contraddittorio preventivo è parte integrante, non costituisce una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni rispondenti ad obiettivi di
interesse generale unionale, quale quello di procedere al recupero tempestivo delle entrate proprie (cfr. Cass. 12095/2019).
Col secondo motivo viene denunciata violazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, non avendo i giudici d’appello esposto le ragioni in base alle quali hanno ritenuto l’inapplicabilità della disposizione.
2.1. Il motivo è infondato, perché invece la CTR ha correttamente osservato nella motivazione che il termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla disposizione in esame, e di cui la ricorrente lamenta la violazione, decorre dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni conseguente ad accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività. Ma nella specie è pacifico che si è proceduto ad un mero accertamento documentale sulla scorta delle movimentazioni bancarie, senza alcun accesso, ispezione o verifica presso i locali, facendo così difetto lo stesso presupposto per l’applicazione della disposizione che si assume violata.
Col terzo motivo si denuncia omessa pronuncia sull”eccezione’ di inversione dell’onere della prova, formulata in relazione all’osservazione dei primi giudici secondo cui l’onere probatorio dell’amministrazione è soddisfatto dai dati ed elementi risultanti dai conti, mentre quello del contribuente consisterebbe nella dimostrazione di aver tenuto conto delle movimentazioni sui conti correnti oggetto di verifica nella determinazione della base imponibile oppure nell’estraneità dalla stessa delle fonti che tali movimentazioni hanno determinato, trattandosi di redditi esenti o già assoggettati a ritenuta d’imposta.
3.1. Il motivo è infondato, poiché i giudici d’appello hanno espressamente richiamato sul punto la pronuncia di primo grado, condividendola, laddove quest’ultima afferma che -per le operazioni ritenute non giustificate -la contribuente non ha fornito la prova di aver tenuto conto delle operazioni stesse per la
determinazione del reddito, e subito dopo passano in rassegna le giustificazioni rese (operazioni neutre per un attivo di cassa dell’anno precedente; prelievo in contanti; giacenza di una somma in cassa per poi essere utilizzata al fine di aprire un conto cointestato col figlio) che, in base ad una valutazione di fatto, hanno ritenuto non idonee a configurare una adeguata giustificazione sulla scorta degli elementi probatori forniti.
Sul punto poi le doglianze della ricorrente si riducono ad affermazioni del tutto astratte, a parte riepilogare le operazioni stesse.
Col quarto motivo si deduce vizio di nullità della sentenza per motivazione parvente.
4.1. La motivazione deve ritenersi apparente allorché, pur graficamente esistente, essa non consente la ricostruzione dell’iter logico in base al quale il giudice è giunto alla sua decisione.
Nella specie invece il giudice d’appello ha fornito una motivazione -con particolare riferimento al mancato adempimento dell’onere della prova inerente alle operazioni ritenute non giustificate in primo grado (si veda in particolare il paragrafo 3, in fine) -in base a quanto indicato al punto precedente.
Col quinto motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo consistente costituito dalla ricostruzione delle movimentazioni finanziarie.
5.1. Premesso che, in caso di decisioni di merito conformi nella decisione in fatto spetta al contribuente che vuole evitare l’inammissibilità dimostrare in che cosa le pronunce differiscono, onere il cui adempimento nella specie non è neppure affacciato dal ricorrente , il motivo è inammissibile per violazione del disposto di cui all’art. 348 bis, secondo comma, c.p.c., poiché la statuizione di secondo grado sul punto è conforme a quella di primo grado.
Il ricorso dev’essere dunque respinto, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025