Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21191 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21191 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16194/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
-ricorrente incidentale-
e nei confronti di
NOME COGNOME NQ DI EREDE NOME,
NOME NQ DI EREDE NOME,
NOME NQ DI EREDE NOME,
NOME DI EREDE NOME,
NOME IN PROPRIO E NQ DI EREDE NOME -intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CALABRIACATANZARO n. 2413/2015 depositata il 21/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE , in data 27.12.2010, ad esito di indagini bancarie, previo PVC, non consegnato per rifiuto del legale rappresentante di riceverlo, era attinta dall’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale l’A.F., in relazione all’anno 2006, accertava maggiori Iva ed Irap, oltre interessi e sanzioni.
Alla rettifica del reddito a carico della società seguiva l’imputazione dei redditi per trasparenza a carico dei soci, attinti da corrispondenti avvisi di accertamento.
La CTP di Cosenza, adita impugnatoriamente dai contribuenti, con sentenze n. 725/03/12 (relativa al processo promosso dalla società), n. 726/03/12 (relativa al processo promosso dal socio COGNOME NOME ) e n. 727/03/12 (relativa al processo promosso dalla socia NOME ), rigettava i ricorsi.
I contribuenti proponevano appello, che la CTR della Calabria, con la sentenza in epigrafe, accoglieva parzialmente, riducendo la pretesa in accertamento nella misura del 30%, alla stregua, essenzialmente, della seguente motivazione, che s riproduce alla lettera:
Va rigettata l’eccezione di nullità per violazione dell’art. 12 Legge 212/2000 stante la regolarità della procedura seguita dall’Ufficio per l’emissione degli avvisi di accertamento avendo le parti esercitato pienamente, in sede di verifica fiscale della G.d.F, e poi in contraddittorio con l’Ufficio il loro diritto a fornire documenti, dati, notizie e chiarimenti in merito alle contestazioni a loro carico, sebbene valutat con esito a loro sfavorevole.
Nel merito, gli appellanti censurano l’operato dell’Ufficio, il quale ha aderito alle risultanze esposte nel pvc senza tener conto della documentazione presentata idonea a superare le presunzioni di legge in materia di accertamenti fiscali ex art. 32 D.P.R. 600/73 e art. 51, 2 c., DPR 633/72.
Con riferimento alle dettagliate operazioni rilevate dalle movimentazioni bancarie asserite dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE assimilate a ricavi non dichiarati, gli appellanti hanno provato l’esistenza di elementi giustificativi delle stesse attraverso la documentazione contabile prodotta in atti (libro giornale, registro IVA, registro acquisiti).
Dall’esame della documentazione prodotta si evince che le operazioni attive sono state dichiarate ai fini delle imposte dirette e dell’IVA; le operazioni passive registrate in contabilità e dichiarate ai fini delle imposte dirette e le operazioni passive non dichiarate in quanto non rilevanti ai fini delle imposte dirette.
Desta quindi perplessità l’operato dell’Ufficio che a fronte di specifiche richieste dei contribuenti, in sede di contraddittorio, circa la corretta valutazione di talune operazioni dubbie segnalate in sede di accertamenti bancari, quali l’esenzione da IVA di operazioni bancarie passive ovvero il riconoscimento dei costi relativi ai maggiori ricavi accertati, non fornito adeguate e congrue motivazioni della loro
reiezione, confermando l’accertamento di maggiori ricavi di euro 174.138 in corrispondenza di redditi non dichiarati di pari importo, avallando ‘in toto’ le risultanze degli accertamenti effettuati dalla G.d.F.
Pertanto, tenuto conto della particolare natura delle operazioni valutate come maggiori ricavi non dichiarati, l’atteggiamento tenuto dall’Ufficio in sede di contraddittorio rispetto alla richieste di approfondimenti sulla documentazione esibita contenente la registrazione delle operazioni contestate, induc la Commissione a ridurre in via equitativa i ricavi asseriti nella misura 30% con riaccertamento da parte dell’Ufficio della pretesa impositiva.
Propone ricorso per cassazione RIO di RAGIONE_SOCIALE con due motivi; resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso, spiegando altresì ricorso incidentale con due motivi.
Su ordine del giudice, risulta essere stato integrato il contraddittorio nei confronti dei soci e, quanto al RAGIONE_SOCIALE, degli eredi: tutti tali soggetti sono rimasti intimati.
Considerato che:
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia: ‘Violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c. per erronea e falsa applicazione de 32 DPR 600/73, art. 51, comma 2, n. 2 DPR 633/72, art. 39 comma 1 lett. d DPR 600/73; gli artt. 2697, 2727, 2728 e 2729 c.c.; in relazione anche agli artt. 113, 114, 115 e 116 c.p.c., nonché 101 Cost.’. ‘La Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro ha affermato nella stessa motivazione della sentenza che gli appellanti avevano fornito la prova dell’esistenza di elementi giustificativi delle stesse operazioni (contestate dalla RAGIONE_SOCIALE), attraverso la documentazione contabile prodotta in atti’. ‘La stessa giudicante, anziché accogliere gli appelli con l’annullamento degli accertamenti impugnati ha
invece solo parzialmente accolto l’appello’, violando in concreto anche l’art. 113, comma 1, cod. proc. civ.
Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia: ‘Violazione dell’art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c. in relazione dell’art. 156, 2° co., c.p.c. – Nullità della sentenza per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione in relazione all’art. 132, 1° co. n. 4, c.p.c. -Violazione delle norme regolatrici del processo’. ‘Le enunciazioni della parte motiva della sentenza impugnata non solo non risultano coerenti e compatibili col ‘dictum’ della Commissione Tributaria Regionale sul punto, ma addirittura, così come si appalesano chiaramente sono idonee a giustificare persino una statuizione di diverso contenuto, rispetto a quella disposta nella sentenza impugnata’.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia: ‘Nullità della sentenza ex artt. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360, l° co. n. 4 c.p.c.’. ‘Il reso deliberato appare censurabile poiché dotato di motivazione meramente apparente’.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. 600/1973, e dell’articolo 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. 633/1972 e dell’art. 113 c.p.c. in relazione all’art. 360, I° co. n. 3 c.p.c.’. ‘Evidente appare la svista esegetica commessa dalla CTR considerato che specifica dimostrazione contraria idonea a consentire una riduzione dell’imponibile del 30% non risulta, nei gradi di merito, mai essere stata fornita dalla controparte’.
Infondati sono il secondo motivo del ricorso principale ed il primo dell’incidentale.
Quanto al secondo motivo del ricorso principale, non esiste alcuna contraddizione, viepiù insanabile, tra motivazione e dispositivo della sentenza impugnata: in motivazione la CTR ha ritenuto, ‘sic et simpliciter’, di ridurre equitativamente del 30% la
pretesa esposta in avviso e siffatta riduzione è riportata tal quale in dispositivo.
Quanto al primo dell’incidentale, la motivazione della sentenza impugnata, graficamente esistente, non è meramente apparente. Essa, condivisibile o meno, afferma la valutabilità delle giustificazioni fornite dalla contribuente, in rapporto alle contestazioni dell’Ufficio, in termini di equitatività e di ciò, in buona sostanza, rende conto.
Fondati sono invece il primo motivo del ricorso principale -che si sottrae all’eccezione di inammissibilità di cui al controricorso perché non denuncia affatto, né in rubrica né nella susseguente illustrazione, alcun omesso esame di fatto decisivo e controverso -ed il secondo dell’incidentale.
La CTR ha fatto integrale malgoverno sia della disciplina delle presunzioni conseguenti ad indagini bancarie e finanziarie sia dell’art. 113 cod. proc. civ.
Essa, dunque, in primo luogo, contravviene alla costante giurisprudenza di legittimità su natura, ambiti ed operatività delle presunzioni bancarie. Invero la S.C. insegna che, ‘in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze’ (cfr., ad es., Sez. 5, n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 -01). In ragione di
quanto precede, la presunzione ‘consente all’Amministrazione finanziaria di riferire ‘de plano’ ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente’ (Sez. 5, n. 10249 del 26/04/2017, Rv. 644098 -01). Ciò significa che, ‘qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova, non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili’ (in termini, da ultimo, Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618 -01). Donde, ‘poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il Giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione’ (Sez. 6 -5, n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064 -01). Ne consegue che ‘l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove non sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato,
incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti’ (così, da ultimo, Sez. 5, n. 25812 del 23/09/2021, Rv. 662241 -01).
La CTR contravviene altresì alla fondamentale caratterizzazione del processo tributario come giurisdizione di pieno merito secondo diritto (cfr . Sez. 5, n. 34723 del 25/11/2022, Rv. 666401 -02: ‘Il processo tributario è annoverabile tra quelli di ‘impugnazione -merito’, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia, eventualmente, dell’avviso di accertamento o di rettifica dell’ufficio, sicché il giudice, ove ritenga in tutto o in parte invalido l’atto per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad accertare genericamente la debenza dell’imposta demandandone la sua successiva quantificazione ad una parte del giudizio, sia pure sulla base di alcuni criteri, atteso che l’art. 35, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, come interpretato alla luce degli artt. 111 Cost., 6 CEDU e 47 CDFUE, esclude la pronuncia di condanna indeterminata, rendendo necessario l’esame nel merito della pretesa, entro i limiti posti dalle domande di parte’), da cui consegue il divieto di pronunciare secondo equità (in tal senso, espressamente, di recente, Sez. 5, n. 10875 del 05/04/2022, Rv. 664337 -01: ‘In tema di contenzioso tributario, la valutazione del giudice tributario si fonda su un giudizio estimativo basato sull’esame del compendio probatorio e del fatto, di cui deve dar conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio, non essendo ammissibile il ricorso alla cd. equità sostitutiva, che attiene al piano delle regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia’).
In definitiva, rigettati il secondo motivo del ricorso principale ed il primo dell’incidentale, in accoglimento del primo del principale e del secondo dell’incidentale, la sentenza impugnata va cassata con
rinvio alla CTR per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il secondo dell’incidentale, rigettati gli altri motivi di entrambi detti ricorsi.
In relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria della Calabria per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 27 marzo 2024.