Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28501 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28501 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4106/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, con gli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME -ricorrente- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 6220/2018 depositata il 19/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con p.v.c. del 25.05.15, la Guardia di Finanza di Torre Annunziata rilevava , a seguito di un’attività di verifica che interessava diversi periodi di imposta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, con oggetto dell’attività ‘altre attività professionali n.c.a.’, e dei soci NOME e NOME COGNOME, una serie di violazioni delle disposizioni tributarie in materia di imposte dirette ed Iva.
In particolare, i verificatori procedevano all’acquisizione ex artt. 32, co. 1, n. 7 del D.P.R. n. 600/73 e 51, co. 2, n. 7 del D.P.R. n. 633/72 di copia dei conti correnti bancari e postali intestati alla società e ai soci, nonché alla sig.ra NOME COGNOME, altro familiare, estraneo alla compagine sociale.
All’esito dell’attività istruttoria, i militari rilevavano che, per diversi periodi di imposta, i contribuenti non avevano fornito adeguata giustificazione delle movimentazioni riscontrate sui conti correnti e, in particolare, non avevano fornito prova dell’estraneità di tali movimentazioni all’attività esercitata dall’attività in verifica.
Quindi, per il periodo di imposta 2011, con l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato alla società RAGIONE_SOCIALE ed ai soci NOME NOME NOME COGNOME, il 23.10.15, l’Agenzia delle Entrate accertava ai sensi e per gli effetti dell’art. 40 del D.P.R. n. 600/73 un maggior reddito imponibile pari a d € 534.518,00, q uale somma dei prelevamenti e versamenti non giustificati, pari rispettivamente ad € 188.762,00 ed € 345.765,00, rinvenuti sui conti correnti, da imputare ai soci ai fini Irpef, rilevando tale imponibile nei confronti della società ai sensi degli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 446/97 quale maggior valore della produzione netta ai fini Irap, con l’accertamento di un maggior tributo pari ad € 27.038,00.
Con il medesimo atto impositivo, l’Ufficio accertava ai sensi dell’art. 54 del D.P.R. n. 633/72 un’imposta Iva evasa di € 37.752,00, sull’imponibile di € 188.762,00 (nella misura, quindi, del 20% dei versamenti non giustificati), oltre interessi e sanzioni come per legge.
II maggior reddito accertato in capo alla società veniva imputato ai fini Irpef ai soci in virtù dell’art. 5 del D.P.R. n. 917/86 ed in ragione della loro quota di partecipazione, pari per ciascuno di essi al 50%, con gli avvisi di accertamento: n. NUMERO_DOCUMENTO notificato, il 23.10.15, al sig. NOME COGNOME, con l’accertamento ai sensi
dell’art. 41 bis del D.P.R. n. 600/73 di un reddito imponibile di € 293.168,00 e determinazione delle maggiori imposte dovute ai fini Irpef € 113.477,00, Addizionale Regionale all’Irpef € 5.425,00, Addizionale comunale all’Irpef € 1.336,00, oltre interessi e sanzioni; n. NUMERO_DOCUMENTO notificato al sig. NOME COGNOME, con l’accertamento ai sensi dell’art. 41 bis del D.P.R. n. 600/73 di un reddito imponibile di € 289.315,00 e determinazione delle maggiori imposte dovute ai fini Irpef € 112.944,00, Addizionale Regionale all’Irpef € 5.425,00, Addizionale Comunale all’Irpef € 1.337,00, oltre interessi e sanzioni.
Società e soci proponevano autonomi ricorsi avverso i predetti atti impositivi avanti alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, in tutti eccependo l’illegittimità dell’operato dell’Ufficio, sia per aver effettuato indagini finanziarie anche sul conto bancario di NOME COGNOME, titolari di propria attività e di separata gestione familiare, sia per non avere considerato che i due soci della bosco RAGIONE_SOCIALE, svolgevano libera attività di cantautori con i nomi d’arte di NOME e NOME, per cui i prelevamenti bancari non potevano essere considerati ricavi, giusta la sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014; nel merito i ricorrenti sostenevano che molti versamenti erano conseguenti a vincite di gioco presso agenzie di scommesse autorizzate, come da ricevute che producevano.
Riuniti i tre ricorsi, la Commissione provinciale, li accoglieva, in accoglimento degli stessi, rideterminava i redditi accertati escludendo gli importi riconducibili ai conti di NOME COGNOME, nonché gli importi dei versamenti e dei prelevamenti ritenuti riconducibili a NOME COGNOME per vincite di gioco.
La sentenza di primo grado veniva impugnata dai contribuenti e dall’Amministrazione .
8.1. Previa riunione, la CTR della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello dei contribuenti e, in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio , rideterminava il reddito
societario, e conseguentemente i redditi di partecipazione dei soci, ritenendo non giustificati i redditi attribuiti a presunte vincite al gioco.
Avverso la predetta sentenza ricorrono i contribuenti con due motivi, illustrati con successiva memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., e resiste con controricorso l’Agenzia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, i contribuenti denunciano, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 5, la violazione e falsa applicazione dell’ art. 32, comma 1, n. 2 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 53 Cost.
Deducono i ricorrenti che la sentenza avrebbe erroneamente reputato come soddisfatto l’onere probatorio da parte dell’ Amministrazione finanziaria, ritenendo arbitrariamente che l’attività della RAGIONE_SOCIALE fosse riconducibile ad attività imprenditoriale, affermando che, invece, si tratterebbe di società di persone fondata sull’intuitus personae e con predominanza dell’apporto personale, da considerarsi come attività professionale liberale in quanto i soci sono noti cantanti nel territorio del Centro e Sud Italia, con i rispettivi pseudonimi NOME e NOME, regolarmente iscritti alla RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo di ricorso si censura, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, la violazione e falsa applicazione dell’ art. 32 D.P.R. n. 600/1973.
Osservano i ricorrenti che, dalla ricostruzione dei fatti e dalla disamina della documentazione fornita dai contribuenti, risulterebbe che le movimentazioni ritenute non giustificate derivavano dai conti personali dei soci, per i quali era stato comprovato che quasi tutte le movimentazioni che passavano attraverso i conti bancari erano riconducibili a vincite di gioco presso agenzie di scommesse autorizzate. Affermano che molti prelevamenti in contanti e con carta di credito erano stati utilizzati per effettuare giocate, stante
l’accanimento al gioco d i NOME COGNOME, e molti versamenti erano da ricondursi alle vincite dal medesimo conseguite.
I motivi sono entrambi inammissibili.
3.1. Per costante affermazione di questa Suprema Corte, l’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053).
E ancora, si è affermato che l’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., come riformulato ex art. 54 d.l. n. 83 del 2012, prevede un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); va peraltro escluso che tale omesso esame possa riguardare l’argomentazione della parte la quale, svolgendo le
proprie tesi difensive, non fa che manifestare il proprio pensiero sulle conseguenze di un certo fatto o di una determinata situazione giuridica (così da ultimo Cass. Sez. 2, 06/02/2025, n. 2961).
3.2. È dunque censurabile ai sensi del n. 5) cit. soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. 31/01/2017, n. 2474).
3.3. Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. 13/04/2021, n. 9637), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. 31/03/2022, n. 10525).
3.4. Pacifica l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fa tto decisivo, ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
3.5. Nella specie, la valutazione operata dalla CTR in merito alla natura imprenditoriale della società di persone oggetto di accertamento, censurata con il primo motivo di ricorso, lungi
dall’integrare un ‘fatto storico’, costituisce una questione giuridica di merito, come tale non rientrante nel paradigma normativo.
3.6. Parallelamente, la censura veicolata con il secondo motivo di ricorso è diretta non a censurare l’omesso esame di un fatto decisivo nei termini ora precisati, bensì a richiedere una rivalutazione del ragionamento decisorio espresso nella sentenza impugnata, nonché un diverso apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo, in mancanza di puntuale indicazione della parte, in ragione delle emergenze in atti.
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/10/2025.
La Presidente NOME COGNOME