Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5007 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5007 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3499/2023 R.G. proposto da:
ANNUNZIATA COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Caserta, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 5008/2022, depositata in data 28 giugno 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
La posizione fiscale del sig. NOME COGNOME era oggetto di controllo per l’anno di imposta 2013, nell’ambito di una verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza di Nola, che rilevava, nel
Opp. PDA (Avv. Acc. IRPEF 2013)
PVC del 10 settembre 2015, operazioni di versamento/accredito sui conti correnti intestati allo stesso che non trovavano alcuna giustificazione né avevano correlazione con l’attività di impresa relativa a “RAGIONE_SOCIALE“, di cui il contribuente era rappresentante legale (e soggetta, parimenti, ad attività di verifica). Sulla base del predetto PVC, in data 23 marzo 2018 l’ufficio della direzione provinciale II di Napoli notificava al contribuente l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, con il quale accertava ai sensi dell’art. 41bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 un maggior reddito imponibile di € 176.160,00.
Avverso l’avviso il contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Napoli; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Napoli, con sentenza n. 17566/07/2018, rigettava il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Campania; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 5008/11/2022, depositata in data 28 giugno 2022, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Sul ricorso, ritenuto inammissibile, veniva effettuata proposta di definizione agevolata ex art. 380 bis. cod. proc. civ.; quest’ultima veniva comunicata alle parti in data 4 luglio 2024 e il contribuente presentava istanza di opposizione alla stessa in data 6 settembre 2024 chiedendo, a norma dell’art. 380 bis, secondo comma cit., di decidere la causa.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 14 gennaio 2024 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia su aspetti essenziali della controversia e subordinata doppia correlazione con l’art. 36 D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per omessa motivazione» il contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso pronuncia sull’erroneità dell’azione accertatrice, dal momento che una medesima grandezza economica non può essere assunta, per lo stesso anno, come presupposto d’imposta ai fini delle imposte dirette per due diversi soggetti al fine di legittimare una ripresa ai fini IRES in capo alla società ed una tassazione ai fini IRPEF in capo al socio (appariva anche erronea la qualificazione della ripresa a titolo di reddito diverso in capo al contribuente).
2. Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente si duole della pronuncia del giudice del merito nella parte in cui quest’ultimo avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione relativa all’illegittimità della pretesa dell’amministrazione finanziaria, la quale avrebbe generato un doppio profilo di tassazione, sulla società e sul socio, per lo stesso anno d’imposta, dal medesimo e unico fatto indice di capacità contributiva, il quale non poteva costituire contemporaneamente il presupposto reddituale di due soggetti differenti. In via subordinata, qualora si ritenesse che la CTR abbia rigettato implicitamente l’eccezione sul punto, il contribuente lamenta un doppio deficit motivazionale del provvedimento impugnato: (i) il giudice di appello non avrebbe illustrato le ragioni per le quali il medesimo fatto storico poteva costituire il fondamento di un duplice recupero ad imposizione fiscale in capo a due diversi contribuenti; (ii) il giudice di seconde cure si sarebbe apoditticamente limitato ad affermare il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del contribuente, ignorando e di
conseguenza, non pronunciandosi -in relazione alle prove fornite circa la natura finanziaria e non reddituale dei proventi atterrati sul c./c. del contribuente.
2.1. Nella decisione impugnata si legge: «come esposto in narrativa, l’appellante ha impugnato la sentenza della CTP di Napoli, censurandone l’erroneità: a. – per non aver dato adeguata importanza alla documentazione prodotta nel primo grado di giudizio; non è stata minimamente considerata la circostanza che i prelevamenti dai conti della società Gruppo A e i corrispondenti versamenti sui conti del ricorrente avvenivano in modo contestuale, lo stesso giorno; dal che deriverebbe, secondo il contribuente, la non imponibilità di tali movimentazioni; In tema di accertamento delle Imposte sui redditi, l’art. 32, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi. A fronte di detta presunzione legale il contribuente è onerato di fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio, purché grave, preciso e concordante, ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. n. 19971 del 2016; Cass. n. 22502 del 2011). Se, dunque, i versamenti non sono giustificati opera una presunzione legale relativa (iuris tantum), che ammette prova contraria, potendo “il contribuente” dimostrare “che … ha tenuto conto” dei dati risultanti dalle indagini finanziarie “per la determinazione del reddito o che non” hanno “avuto rilevanza allo stesso fine” (articolo 32, comma 1 n. 2 Dpr 600/1973). Nella specie, detta prova contraria non sussiste, in quanto il contribuente si è limitato ad affermare che le operazioni compiute costituiscono
movimenti finanziari e ad esibire gli estratti conto bancari, senza né fornire giustificazioni in termini di rilevanza reddituale o meno dell’operazione, né depositare alcuna documentazione estrapolata dalla contabilità aziendale dalla quale risultasse il motivo per cui era stato prelevato denaro contante dal conto della società Gruppo A e poi versato per contanti sul proprio conto. Se, infatti, in linea teorica, le giustificazioni addotte dal contribuente potrebbero essere ritenute ammissibili, nel caso concreto, non è stata data la prova di dette giustificazioni. È, pertanto corretta la valutazione della CTP secondo cui il ricorrente non ha adeguatamente provato l’assunto che le movimentazioni bancarie contestate avessero natura squisitamente finanziaria».
2.2. Dall’esame della motivazione supra riportata, non si ravvisa alcuna omessa pronuncia sull’eccezione sollevata dal contribuente: il Giudice del merito, dopo aver richiamato la presunzione disposta dall’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ha ritenuto che l’odierno ricorrente non avesse proficuamente assolto all’onere della prova, sul medesimo gravante al fine di superare la presunzione legale di cui al menzionato art. 32 ritenendo come la prova contraria non sussistesse, in quanto il contribuente si era limitato ad affermare che le operazioni compiute costituivano movimenti finanziari e ad esibire gli estratti conto bancari, senza né fornire giustificazioni in termini di rilevanza reddituale o meno dell’operazione, né depositare alcuna documentazione estrapolata dalla contabilità aziendale dalla quale risultasse il motivo per cui era stato prelevato denaro contante dal conto della società Gruppo A e poi versato per contanti sul proprio conto.
2.3. La CTR ha compiuto una valutazione degli elementi probatori forniti dalle parti e ha ritenuto, opportunamente motivando, quelli forniti dal contribuente insufficienti a fornire la prova contraria idonea a superare la presunzione legale sicchè alcun deficit motivazionale del provvedimento impugnato può ravvisarsi.
L’odierno ricorso si basa sull’erroneo assunto secondo il quale le circostanze dedotte da parte ricorrente sarebbero state ritenute efficacemente provate, ma successivamente -nella motivazione non considerate da parte del Giudice del merito. Al contrario, il Giudice del merito ha ritenuto non assolto l’onere probatorio, il quale grava -si ripete -sul contribuente, in ossequio alla presunzione legale disposta dall’art. 32.
2.4. Sul precipuo punto, va richiamato l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, la quale ha ripetutamente precisato che: «il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto» (Cass. 29/12/2020, n. 29730).
2.5. Il motivo è altresì infondato, stante la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui: «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione
specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili»; nel caso di specie, secondo il giudice del merito, l’asserita prova contraria fornita dal contribuente è priva delle suddette caratteristiche (v., ex multis , Cass.31/01/2024, n. 2928).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
4.1. Il contribuente deve essere anche condannato al pagamento di somme -liquidate in dispositivo – in favore della controricorrente, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, terzo comma, cod. proc. civ., nonché della cassa delle ammende, ai sensi del combinato disposto degli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 3.000.00, oltre spese prenotate a debito nonché al pagamento dell’ulteriore somma pari ad € 3.000, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
Condanna, inoltre, il ricorrente al versamento di € 2.500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 14 gennaio 2025.
La Presidente NOME COGNOME