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Accertamento bancario: costi presunti da dedurre

Una società di noleggio imbarcazioni e i suoi soci sono stati oggetto di un accertamento fiscale basato su movimentazioni bancarie non giustificate. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19739/2025, ha stabilito un principio fondamentale in tema di accertamento bancario costi: a fronte di ricavi determinati presuntivamente, l’imprenditore ha il diritto di opporre la prova contraria, eccependo una deduzione forfettaria dei costi di produzione. La Corte ha cassato la sentenza di merito che negava tale possibilità, rinviando il caso per un nuovo esame che tenga conto di questa incidenza percentuale dei costi.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Bancario e Costi Presunti: La Cassazione Apre alla Deducibilità Forfettaria

L’accertamento basato sulle indagini finanziarie è uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria, ma pone questioni complesse sulla prova a carico del contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di accertamento bancario costi: anche a fronte di ricavi determinati presuntivamente, il contribuente ha il diritto di vedersi riconosciuta una quota di costi, anch’essi presunti. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Complesso

Una società operante nel settore del noleggio di imbarcazioni e i suoi soci ricevevano avvisi di accertamento per l’anno d’imposta 2005. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica fiscale che aveva analizzato i conti correnti, contestava maggiori ricavi, un maggior valore della produzione ai fini IRAP e operazioni non dichiarate ai fini IVA. La pretesa si fondava sulla presunzione legale secondo cui le movimentazioni bancarie non giustificate costituiscono reddito imponibile.

Il caso ha avuto un iter processuale travagliato. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva parzialmente accolto le ragioni dei contribuenti, riconoscendo una deduzione forfettaria dei costi nella misura del 60% dei maggiori ricavi accertati. Contro questa decisione, sia i contribuenti che l’Agenzia delle Entrate proponevano appello. La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia, accoglieva l’appello dell’Ufficio, riformando la sentenza di primo grado e negando qualsiasi deducibilità dei costi in assenza di prove documentali specifiche. I contribuenti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: Analisi dei Motivi

La Suprema Corte ha esaminato tre distinti motivi di ricorso presentati dai contribuenti, accogliendo quello decisivo relativo alla deducibilità dei costi.

Primo Motivo: La Notifica dell’Atto d’Appello

I ricorrenti lamentavano la nullità della notifica degli atti di appello dell’Agenzia, avvenuta tramite consegna al portiere dello stabile, sostenendo che l’Ufficio non avesse provato l’invio della successiva lettera raccomandata informativa, come previsto dal codice di procedura civile. La Cassazione ha rigettato questo motivo, affermando che le relate di notifica compilate dal messo notificatore, in quanto atti pubblici, fanno piena prova fino a querela di falso dell’avvenuta spedizione della raccomandata. La semplice mancata produzione dell’avviso di ricevimento non è sufficiente a invalidare la notifica.

Secondo Motivo: La Mancata Riunione dei Giudizi

I contribuenti contestavano la violazione dell’art. 335 c.p.c., poiché la Corte Regionale non aveva riunito i loro appelli con quelli, proposti separatamente, dall’Agenzia delle Entrate. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ribadito che la riunione dei procedimenti è un provvedimento ordinatorio e la sua omissione non comporta automaticamente l’improcedibilità degli altri giudizi, prevalendo l’esigenza di tutela del soggetto che ha proposto l’impugnazione.

L’accertamento bancario e la presunzione dei costi: il punto cruciale

Il terzo motivo, accolto dalla Corte, era il cuore della controversia. I contribuenti sostenevano che la Corte Regionale avesse errato nel negare la legittimità di un accertamento giudiziale dei maggiori costi basato su una presunzione, a fronte di ricavi accertati con lo stesso metodo presuntivo. Su questo punto, la Cassazione ha dato piena ragione ai ricorrenti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha fondato la sua decisione richiamando un principio fondamentale, consolidato anche da una recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 10 del 2023). In tema di accertamento dei redditi con metodo analitico-induttivo, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati derivanti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre opporre una prova presuntiva contraria.

Questo significa che non è necessario fornire una prova documentale analitica per ogni singolo costo sostenuto. È invece legittimo eccepire un’incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che devono essere detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti. Affermare, come aveva fatto il giudice di secondo grado, che in mancanza di idonea documentazione non sia possibile riconoscere alcun costo, si rivela un’interpretazione errata del regime della prova. Se l’Amministrazione Finanziaria può utilizzare presunzioni per accertare i ricavi, per logica e per equità il contribuente deve poter utilizzare lo stesso strumento per dimostrare i relativi costi.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui negava la deducibilità dei costi. Ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che dovrà procedere a un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà rideterminare il reddito imponibile della società e dei soci, riconoscendo una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai ricavi accertati, eventualmente anche tramite una consulenza tecnica d’ufficio. Questa ordinanza rappresenta un importante baluardo a tutela del contribuente, riequilibrando il rapporto probatorio nell’ambito dell’accertamento bancario costi e affermando che a ricavi presunti devono corrispondere costi presunti.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta maggiori ricavi basandosi sui movimenti bancari, è possibile dedurre dei costi anche senza documenti specifici?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il contribuente imprenditore può opporre alla presunzione di maggiori ricavi una prova presuntiva contraria, eccependo un’incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione da detrarre, anche in assenza di documentazione analitica.

La notifica di un atto fiscale al portiere è valida se l’Agenzia delle Entrate non produce in giudizio la prova della spedizione della raccomandata informativa?
Sì, la notifica è valida. Secondo la Corte, la relazione di notifica redatta dal messo, che attesta l’avvenuta spedizione, è un atto pubblico che fa piena prova fino a querela di falso. La mancata produzione della prova materiale della spedizione non è di per sé sufficiente a invalidare la notifica.

Cosa succede se due appelli contro la stessa sentenza di primo grado non vengono riuniti in un unico processo in appello?
La mancata riunione dei giudizi non comporta automaticamente l’invalidità della sentenza o l’improcedibilità degli appelli non riuniti. La decisione sulla riunione è un provvedimento ordinatorio e non sanzionato da nullità, e deve prevalere il diritto della parte ad ottenere una decisione sulla propria impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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