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Accertamento bancario costi: la Cassazione decide

Una società edile è stata oggetto di un accertamento fiscale che ha rilevato maggiori ricavi basandosi su indagini bancarie sui conti dei soci e di un presunto socio di fatto. La Commissione Tributaria Regionale aveva negato la deducibilità dei costi relativi a tali maggiori ricavi. La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, affermando che, in caso di accertamento bancario, il contribuente può eccepire la deducibilità di una quota forfettaria di costi di produzione a fronte dei ricavi presunti, in linea con una precedente sentenza della Corte Costituzionale. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Bancario Costi: La Cassazione Apre alla Deducibilità Forfettaria

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di accertamento bancario costi, stabilendo un principio fondamentale a tutela del contribuente. La decisione chiarisce che, a fronte di maggiori ricavi presunti derivanti da indagini bancarie, è possibile per l’imprenditore ottenere una deduzione forfettaria dei costi di produzione non contabilizzati. Questa pronuncia si allinea a un importante intervento della Corte Costituzionale, rafforzando il principio di capacità contributiva.

Il Caso: Accertamento Fiscale su una Società Edile

Una società operante nel settore edile si è vista notificare un avviso di accertamento per IVA, IRES e IRAP relativo all’anno 2014. L’Amministrazione Finanziaria, basandosi sui risultati di una verifica della Guardia di Finanza, aveva contestato maggiori ricavi non dichiarati. La ricostruzione del reddito era fondata principalmente sulle movimentazioni bancarie riscontrate sui conti correnti dei soci e di un dipendente, considerato dall’Ufficio un “socio di fatto” per via del suo ruolo attivo nella gestione dei proventi aziendali.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto parzialmente il ricorso della società, riconoscendo i costi nella stessa misura percentuale già indicata in dichiarazione. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva riformato la decisione, accogliendo l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate e negando di fatto la deducibilità di ulteriori costi a fronte dei maggiori ricavi accertati.

La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione delle norme sulla motivazione degli atti, l’errata applicazione delle presunzioni e, punto decisivo, la violazione del principio di capacità contributiva per il mancato riconoscimento dei costi inerenti ai ricavi “in nero”.

La Questione dell’Accertamento Bancario e dei Costi

Il cuore della controversia ruotava attorno a due punti principali: la legittimità della ricostruzione presuntiva basata sui conti di terzi (i soci e il dipendente) e la conseguente determinazione del reddito imponibile. La ricorrente sosteneva che l’attribuzione alla società delle operazioni sui conti personali fosse una presunzione di secondo grado illegittima e che, in ogni caso, a maggiori ricavi devono corrispondere maggiori costi, anche se non documentati.

La Corte ha rigettato i motivi relativi ai vizi procedurali e all’uso delle presunzioni, ritenendo che l’Ufficio avesse fornito elementi sufficienti (partecipazione attiva alla gestione, operazioni sospette, sproporzione tra movimenti bancari e redditi dichiarati) per giustificare il ragionamento inferenziale. Tuttavia, ha accolto pienamente il motivo relativo alla deducibilità dei costi.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha fondato la sua decisione sul quinto motivo di ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno richiamato la sentenza n. 10 del 2023 della Corte Costituzionale, che ha fornito un’interpretazione adeguatrice dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973. Secondo tale interpretazione, la presunzione legale che equipara i prelevamenti non giustificati a ricavi è costituzionalmente legittima solo se si consente all’imprenditore di dedurre i costi sostenuti per produrre tali ricavi occulti.

L’orientamento seguito dalla CTR, che negava il riconoscimento di costi non contabilizzati, è stato giudicato superato. La Suprema Corte ha chiarito che l’imprenditore, di fronte a un accertamento basato su prelevamenti bancari non giustificati, può sempre opporre una prova contraria, anche tramite presunzioni, eccependo “una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che vanno quindi detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti.”

Di conseguenza, la presunzione di maggiori ricavi deve essere bilanciata dal riconoscimento di costi inerenti, per evitare una tassazione su un reddito lordo che violerebbe i principi di ragionevolezza e capacità contributiva sanciti dall’art. 53 della Costituzione. Qualunque metodo di determinazione del reddito, sottolinea la Corte, deve portare a un risultato differenziale tra componenti positivi e negativi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per una nuova valutazione. Questa dovrà attenersi al principio stabilito, ricalcolando il reddito imponibile tenendo conto di una quota forfettaria di costi da dedurre dai maggiori ricavi accertati. La decisione rappresenta una vittoria significativa per i contribuenti, poiché riafferma che un accertamento fiscale, anche se basato su presunzioni, non può ignorare la realtà economica dell’attività d’impresa, dove alla produzione di ricavi corrisponde necessariamente il sostenimento di costi. Si consolida così un orientamento giurisprudenziale che garantisce una maggiore equità nel rapporto tra Fisco e contribuente nell’ambito degli accertamenti bancari.

In caso di accertamento basato su indagini bancarie, è possibile dedurre i costi relativi ai maggiori ricavi presunti?
Sì, la Corte ha stabilito che il contribuente imprenditore può sempre opporre la prova presuntiva contraria, eccependo una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che devono essere detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti.

L’Amministrazione Finanziaria è obbligata ad allegare all’avviso di accertamento tutti i documenti a cui fa riferimento?
No, non è necessario allegare l’integrale testo del verbale di constatazione (PVC) o tutti gli atti cui l’avviso fa riferimento, potendo riportare le parti più rilevanti o una sintesi. Spetta al contribuente dimostrare non solo di non conoscere tali atti, ma anche che il loro contenuto era necessario per integrare la motivazione dell’accertamento.

Le movimentazioni sui conti correnti di un terzo, come un dipendente, possono essere imputate a una società?
Sì, ma sulla base di un solido ragionamento inferenziale. Elementi come la partecipazione attiva del terzo alla gestione dei proventi, la vendita di beni in nome e per conto della società e un’incoerenza tra le movimentazioni bancarie e i redditi dichiarati dal terzo possono essere usati per provare che le operazioni erano sostanzialmente imputabili alla società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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