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Accertamento bancario: costi deducibili anche se presunti

Una società è stata oggetto di un accertamento bancario che ha portato alla luce presunti ricavi non dichiarati. La Corte di Cassazione, pur confermando la legittimità della presunzione a favore del Fisco, ha stabilito un principio cruciale: il contribuente ha diritto alla deduzione dei costi relativi a tali ricavi, anche se provati in via presuntiva. La decisione, in linea con una sentenza della Corte Costituzionale, mira a garantire una tassazione basata sull’effettiva capacità economica, rinviando il caso a un nuovo giudizio per la quantificazione dei costi.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Bancario: La Cassazione Apre alla Deducibilità Presuntiva dei Costi

L’accertamento bancario rappresenta uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Tuttavia, le presunzioni legali su cui si basa devono essere bilanciate con i principi di ragionevolezza e capacità contributiva. Con l’ordinanza n. 581/2024, la Corte di Cassazione interviene su un punto cruciale: la deducibilità dei costi afferenti ai maggiori ricavi accertati tramite indagini finanziarie, aprendo a una loro dimostrazione anche in via presuntiva.

Il caso: un accertamento bancario e la difesa del contribuente

Una società S.r.l. impugnava alcuni avvisi di accertamento per Irpeg, Ilor e Iva relativi all’anno 1996, emessi a seguito di una verifica fiscale. L’Agenzia delle Entrate aveva riscontrato significative irregolarità contabili e, soprattutto, movimentazioni bancarie non giustificate, presumendo che costituissero ricavi non dichiarati.

La società si difendeva sostenendo che le anomalie derivassero da una scorretta procedura interna di contabilizzazione: tutti i ricavi venivano registrati “per cassa” per poi essere versati sul conto corrente, generando movimenti che non corrispondevano a nuovo reddito. La Commissione Tributaria Regionale, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione all’Ufficio, ritenendo che la società non avesse fornito una prova analitica e rigorosa capace di superare la presunzione legale a favore del Fisco.

I motivi del ricorso in Cassazione

La società ricorreva in Cassazione affidandosi a tre motivi principali:
1. La nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria sull’onere della prova.
2. La violazione del principio del giudicato, in quanto sentenze favorevoli erano intervenute per altre annualità.
3. L’errata applicazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e sulle indagini bancarie (art. 32 d.P.R. 600/1973), lamentando in particolare il mancato riconoscimento dei costi relativi ai maggiori ricavi accertati.

La decisione della Corte sull’accertamento bancario

La Suprema Corte ha rigettato i primi due motivi. Ha chiarito che, in tema di accertamento bancario, la motivazione della CTR era adeguata e coerente con la giurisprudenza consolidata: spetta al contribuente fornire una prova analitica per ogni singola operazione, non essendo sufficiente una giustificazione generica. Ha inoltre respinto l’eccezione di giudicato, ribadendo il principio dell’autonomia delle annualità d’imposta, secondo cui ogni periodo fiscale è autonomo e una decisione su un anno non vincola i giudizi su anni diversi.

La svolta sui costi: la Cassazione accoglie il principio della Corte Costituzionale

Il punto di svolta si è avuto sul terzo motivo, specificamente sulla questione del mancato riconoscimento dei costi. La Cassazione ha ritenuto fondata questa doglianza, richiamando espressamente la sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023.

Secondo questo fondamentale principio, quando l’accertamento presume che i prelevamenti ingiustificati siano serviti a sostenere costi “occulti” per produrre ricavi “occulti”, non è ragionevole tassare l’intero importo come se fosse reddito netto. Un sistema simile finirebbe per tassare una ricchezza inesistente, violando i principi di capacità contributiva e ragionevolezza.

le motivazioni
La Corte ha spiegato che negare la deducibilità dei costi porterebbe a un trattamento irragionevolmente più severo per il contribuente con contabilità attendibile (soggetto ad accertamento analitico-induttivo) rispetto a chi ha omesso del tutto la contabilità (soggetto ad accertamento induttivo puro). Per riequilibrare il sistema e renderlo costituzionalmente orientato, il contribuente deve sempre avere la possibilità di opporre la prova contraria, anche in via presuntiva. In particolare, può eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi ai maggiori ricavi accertati, che dovranno quindi essere detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati. Questa interpretazione assicura che l’imposizione fiscale colpisca un reddito il più possibile vicino a quello reale e non un importo lordo che non rappresenta l’effettiva ricchezza prodotta.

le conclusioni
In accoglimento parziale del ricorso, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio. Il nuovo giudice dovrà riesaminare la questione attenendosi al principio secondo cui, a fronte dei maggiori ricavi accertati tramite accertamento bancario, devono essere riconosciuti e detratti i relativi costi, la cui esistenza può essere dimostrata dal contribuente anche attraverso presunzioni. Questa ordinanza rafforza un importante baluardo a tutela del contribuente, assicurando che la lotta all’evasione non si traduca in una tassazione ingiusta e sproporzionata.

In un accertamento bancario, il contribuente può difendersi sostenendo un semplice errore contabile?
No, non basta. La Corte di Cassazione ha chiarito che il contribuente ha l’onere di fornire una prova analitica e specifica, dimostrando la riferibilità di ogni singola operazione bancaria a movimenti non imponibili. Una giustificazione generica basata su un’irregolare contabilità non è sufficiente a superare la presunzione legale.

Una sentenza favorevole per un’annualità d’imposta si applica automaticamente agli anni successivi?
No. La Corte ha ribadito il principio dell’autonomia delle annualità d’imposta. Ogni periodo d’imposta è indipendente, e un giudicato favorevole su un anno non si estende ad altri, specialmente quando l’accertamento si basa su fatti contingenti come le movimentazioni bancarie di quello specifico anno.

Se da un accertamento bancario emergono ricavi non dichiarati, è possibile dedurre i costi relativi?
Sì. Questa è la novità più importante della sentenza. La Corte, richiamando un principio della Corte Costituzionale, ha stabilito che, anche in caso di accertamento basato su indagini finanziarie, il contribuente ha il diritto di opporre in via presuntiva la deducibilità dei costi connessi ai maggiori ricavi accertati, per evitare una tassazione su una ricchezza inesistente e rispettare il principio di capacità contributiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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