Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7360 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7360 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18098/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente in via principale e controricorrente rispetto al ricorso successivocontro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente rispetto al ricorso principale e ricorrente in via successiva-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 317/2017 depositata il 13/01/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Considerato che:
Emerge dalla sentenza in epigrafe che COGNOME NOME , di professione geometra, era attinto da avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per imposte dirette ed indirette in relazione all’a.i. 2010 previa emersione -in considerazione della presentazione, quale progettista, di 73 DOCFA – di maggiori compensi da lavoro autonomo, determinato in totali euro 394.361,89, e di operazioni extraconto per euro 6.997,00.
Il contribuente impugnava l’avviso.
2.1. ‘La CTP di Caserta, previamente rilevata la sufficienza motiva dell’avviso impugnato ed il mancato riscontro del COGNOME all’invito dell’Ufficio tributario per l’instaurazione del contraddittorio, pur non previsto da quell’accertamento ex art. 39 co. 2 DPR n. 600/73, riteneva provate e non giustificate le operazioni extra conto per euro 6.997,00 ma nel contempo falcidiava dai maggiori compensi da lavoro autonomo l’importo di euro 288.118,55 relativo ad operazioni su conti intestati alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed alla RAGIONE_SOCIALE di cui il COGNOME era legale rappresentante e delegato, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE delle entrate di Caserta dimostrato che tali conti fossero riferibili a lui personalmente, e ciò anche in difetto di appropriate indagini nei confronti delle predette società.
Proponevano separati appelli il contribuente e l’RAGIONE_SOCIALE.
3.1. La CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, così decideva: ‘Dichiara inammissibile l’appello del contribuente ed infondato l’appello dell’Ufficio’.
3.2. In motivazione la CTR osservava:
-‘l’appello del contribuente è inammissibile per difetto di specificità dei motivi, il che invero va affermato tutte le volte in cui l’appellante, come nella specie, si limita a ribadire puramente semplicemente le deduzioni esposte davanti ai primi giudici, senza addurre puntuali ragioni censorie avverso il loro ‘decisum”;
-l’appello dell’Ufficio è infondato perché ‘è corretto quanto divisato dai primi giudici, e ciò per il semplice rilievo che i conti stessi non risultavano intestati al COGNOME ma alle due dette società, di modo che, per il principio di apparenza, non poteva trattarsi di operazioni effettuate dal contribuente in proprio, salva appunto la dimostrazione specifica che invece trattavasi di effettività contraria. Ed invero l’obiezione dell’RAGIONE_SOCIALE delle entrate di Caserta per cui incorrerebbe sul contribuente l’onere di provare la riferibilità dei conti alle due società intestatarie dei medesimi non è degna di pregio, atteso che una tale inversione probatoria -peraltro arbitrariamente prospettabile nel silenzio della legge -contrasta, a tacer da altro, con la regola generale di cui all’art. 2697 c.c. che impone di provare i fatti costitutivi della pretesa creditoria . L’inversione innervata sulla ‘provocatio presuppone che l’atto in cui si sostanzia ed esterna il credito vantato da soggetto attivo del rapporto tributario sia fondato, così come del resto prescrive l’art. 7 della legge n. 212/00, su circostanziati presupposti fattuali e giuridici, presupposti peraltro da portare a conoscenza del contribuente proprio perché possa esercitare la facoltà oppositiva che gli compete. In difetto di tanto, come nella specie, la stessa ‘provocatio’ è inefficace ‘.
Propone ricorso principale il contribuente con un motivo, resistito dall’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
4.1. Propone ricorso successivo l’RAGIONE_SOCIALE con due motivi, resistito dal contribuente con controricorso.
Rilevato che:
Con l’unico motivo del ricorso principale del contribuente si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 53 D.Lgs. n. 546 del 1992 e 342 cod. proc. civ., erroneamente avendo la CTR dichiarato inammissibile l’appello del contribuente.
1.1. Il motivo è fondato è merita accoglimento.
È la stessa CTR a dare atto, nella parte della sentenza impugnata dedicata allo svolgimento del processo, che il contribuente, con l’atto di appello, ‘ribad le doglianze esposte in ricorso nei limiti del loro rigetto’.
Un tanto è di per se stesso sufficiente – alla luce del principio devolutivo pieno che caratterizza l’appello nel processo tributario, a differenza, sia consentito di far rilevare, del giudizio di cassazione (Cass. n. 125 del 2017) -a render conto di un’effettiva sottoposizione della regiudicanda al giudice del gravame, idonea a fondare il preciso ed ineludibile dovere decisiorio da parte del medesimo (cfr., tra le numerose altre, Cass. n. 125 del 2017 e Cass. n. 1200 del 2016).
D’altronde, e pur a voler prescindere da quanto precede, dimostra il contribuente, alla stregua di un’ampia ed approfondita illustrazione dell’atto di appello contenuta, anche in chiave di autosufficienza, nel ricorso (pp. 6 ss.), che le doglianze in tale atto rassegnate erano finanche alla lettera riferite alla sentenza di primo grado. Ciò emerge con evidenza relativamente, ad esempio, non solo alla pretermissione, da parte della CTP come dell’RAGIONE_SOCIALE, ‘del mancato riscontro alla richiesta di sgravio parziale’, ma soprattutto all’omessa considerazione della rideterminazione del volume d’affari
avanzata in via subordinata dal contribuente sulla base della stessa sentenza di primo grado.
Con il primo motivo del ricorso successivo dell’RAGIONE_SOCIALE si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia.
2.1. L’Ufficio -attesa l’esiguità del reddito dichiarato dal contribuente, pari ad euro 641,00 -aveva attivato indagini finanziarie. All’avviso – fotoriprodotto per autosufficienza – ‘era allegato elenco delle movimentazioni bancarie ritenute rilevanti’. In appello l’Ufficio aveva censurato la sentenza di primo grado sotto il profilo dell’apparente o insufficiente motivazione con riguardo all’affermazione della non riferibilità dei conti correnti al contribuente in difetto, nel fascicolo processuale, di alcun sostegno probatorio. La CTR non ha ‘affronta il profilo censurato dall’Ufficio e relativo all’inesistenza di prova documentale in ordine alle estraneità del contribuente ai conti correnti esaminati dall’Ufficio. Vero è che il giudice di appello, benché mostri di prendere in considerazione (ma solo formalmente) la questione, tuttavia, non affronta il motivo specifico di appello, limitandosi a richiamare la precedente decisione della CTP, a sua volta censurata dall’Ufficio sotto il profilo della motivazione’.
2.2. Il motivo è manifestamente infondato.
È esso medesimo, infatti, a dare atto che la CTR, nella sentenza impugnata, scrive essere ‘corretto quanto divisato dai primi giudici, e ciò per il semplice rilievo che i conti stessi non risultavano intestati al COGNOME ma alle due dette società ‘. La CTR, dunque, ben lungi dall’ignorare le doglianze introdotte dall’Ufficio in appello, le ha espressamente considerate e viepiù motivatamente confutate, in ragione dell’intestazione dei conti correnti addotti
dall’Ufficio a fondamento dei recuperi a soggetti diversi dal contribuente.
Con il secondo motivo del ricorso successivo dell’RAGIONE_SOCIALE si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 32, comma 1, n. 7, DPR n. 600 del 1973 e dell’art. 51 DPR n. 633 del 1972.
3.1. ‘Risulta pacifico, anche perché è confermato dallo stesso contribuente a pag. 7, paragrafo 3) del ricorso introduttivo del giudizio , che i versamenti bancari in contestazione erano stati dallo stesso effettuati su conti correnti intestati a società delle quali egli stesso era legale rappresentante e delegato. Ebbene, il giudice di appello ha ritenuto acquisito al processo il fatto che i versamenti in contestazione siano stati effettuati dalla controparte su conti di società cui il soggetto era legato. Secondo i giudici, anzi, in tale fattispecie, l’Ufficio sarebbe stato onerato dell’ulteriore prova relativa alla circostanza che si sarebbe trattato di operazioni effettuate dal contribuente in proprio e non riferibili alle società . Il quadro portato alla valutazione del collegio di appello riguardava un soggetto che dichiarava un reddito per euro 641,00 ma che aveva effettuato numerose prestazioni professionali, risultanti dai documenti DOCFA presentati all’RAGIONE_SOCIALE del territorio versamenti per euro 394.362,00 su conti correnti comunque a lui riferibili, per circostanza non contestata. Pur essendo stato regolarmente notificato invito a fornire chiarimenti -anch’essa circostanza acclarata dalla CTP di Caserta e dalla CTR -il contribuente non vi aveva ottemperato, restando così non giustificate le disponibilità accertate. In giudizio, la CTR ha ritenuto che la formale intestazione a due società dei conti correnti su cui operava il COGNOME escludesse la riferibilità dei versamenti al medesimo. Tali conclusioni non possono essere condivise ‘.
3.2. Il motivo è fondato e merita accoglimento.
3.2.1. Viene in linea di conto che l’Ufficio non si è limitato a condurre indagini bancarie ai sensi dell’art. 32 DPR n. 600 del 1973. Gli esiti di dette indagini sono sfociati, in uno, da un parte, alle ulteriori emergenze acquisite (con riguardo alle numerose pratiche risultanti all’RAGIONE_SOCIALE del territorio ed all’esiguità dei redditi dichiarati) e, dall’altra, alla mancata risposta al questionario somministrato al contribuente, nell’impiego della metodologia accertativa di cui all’art. 39, comma 2, DPR n. 600 del 1973.
3.2.2. Ora, le indagini bancarie, come correttamente rilevato nel motivo, di per se stesse determinano ‘una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili’ (cfr., ad es., Sez. 5, n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392 -01; cfr. altresì ‘ex multis’ Sez. 5, n. 25812 del 23/09/2021, Rv. 662241 -01; Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618 -01; Sez. 6 -5, n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064 -01). Tale presunzione consente all’Amministrazione ‘di riferire ‘de plano’ ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente’ (Sez. 5, n. 10249 del 26/04/2017, Rv. 644098 -01). In riferimento ai conti correnti bancari non del contribuente, vige il principio per cui essa è autorizzata ‘a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente’ (Sez. 6 -5, n. 1898 del 01/02/2016, Rv. 639236 -01).
3.2.3. Il ‘thema’ vertito in causa – stante la motivazione della sentenza impugnata – riguarda giust’appunto la connessione ed inerenza dei conti correnti di terzi al reddito del contribuente.
3.2.4. Sul punto, nella specie, centrale rilievo acquisisce la mancata risposta al questionario.
Più precisamente, nella parentesi di contraddittorio anticipato apertasi, per esclusiva iniziativa dell’Amministrazione, con la somministrazione del questionario, il contribuente ben avrebbe potuto, ma per ciò solo anche dovuto, fornire giustificazioni, non solo sul merito delle operazioni, ma prioritariamente sull’effettiva (al di là cioè del dato formale dell’intestazione) imputabilità a terzi dei conti correnti recanti le annotazioni di dette operazioni.
Il silenzio serbato sul punto ha comportato l’effetto di assolvere l’Amministrazione dall’onere di ogni ulteriore allegazione e dimostrazione riguardo alla riferibilità al contribuente dei conti e, di riflesso, delle somme dal medesimo movimentatevi, spostando su di lui l’onere di fornire in contrario la prova rigorosa dell’esclusiva ascrivibilità delle somme a chi appare titolare dei conti.
Al riguardo, può sinteticamente enunciarsi il seguente principio di diritto:
In caso di accertamento fiscale scaturente (anche) da indagini bancarie ex art. 32 DPR n. 600 del 1973, in relazione ad operazioni effettuate dal contribuente su conti correnti intestati a terzi, qualora questi sia stato vanamente invitato a rendere giustificazioni sugli esiti di siffatte indagini, legittimamente essi confluiscono (insieme agli altri elementi raccolti) nella metodologia dell’accertamento induttivo puro ai sensi dell’art. 39, comma 2, del citato DPR, con la conseguenza che l’Amministrazione non è gravata di alcun ulteriore onere probatorio in punto di riferibilità al contribuente dei conti e per l’effetto altresì delle somme di cui alle suddette operazioni, spettando invece a questi di offrire rigorosa prova contraria.
3.2.5. Ora, come visto, la CTR, nello ‘svolgimento del processo’, rammenta che ‘la CTP di Caserta falcidiava dai maggiori compensi da lavoro autonomo l’importo di euro 288.118,55 relativo ad operazioni su conti intestati alla RAGIONE_SOCIALE ed alla srl RAGIONE_SOCIALE di cui il COGNOME era legale rappresentante delegato’; di poi, nei ‘motivi della decisione’, esclude la rilevanza delle movimentazioni su tali conti in quanto essi ‘non risultavano intestati al COGNOME ma alle due dette società’, ragion per cui, ‘per il principio di apparenza, non poteva trattarsi di operazioni effettuate dal contribuente in proprio, salva appunto la dimostrazione specifica’ – in tesi mancante perché non fornita dall’Ufficio, per ciò solo inosservante, ‘a tacer d’altro’, dell’art. 2697 cod. civ. – ‘che invece trattavasi di effettività contraria’.
In tal guisa, la RAGIONE_SOCIALE dimostra di aver fatto evidente malgoverno del principio dianzi enunciato, gravando l’Ufficio di un onere non incombentegli.
Conclusivamente, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale.
Accoglie il secondo motivo del ricorso successivo, rigettato il primo.
In relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 14 febbraio 2024.