Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15103 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15103 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20021/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale presso il proprio indirizzo PEC;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 1247/2023, depositata il 9 marzo 2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con avviso di accertamento n. TK3016403297/2018, emesso nei confronti di NOME COGNOME l’Ufficio delle entrate rettificava il Mod. Unico 2010 determinando maggiori ricavi per euro 1.982.458,55 che per effetto del riconoscimento di una percentuale forfettaria di deducibilità pari all’80% venivano ridotti ad euro 396.491,71 . La determinazione dell’imposta IRPEF veniva calcolata su detti ricavi ridotti (euro 396.491,71), mentre l’IVA (aliquota del 20%) veniva rideterminata sui maggiori ricavi (euro 1.982.458,55).
In particolare, l ‘avviso si basava sulle risultanze di due diversi processi verbale di constatazione emessi dalla Guardia di finanza di Castelfiorentino, il primo redatto in data 30 maggio 2012 a seguito di una verifica generale per gli anni d’imposta 2007 -2012 con il quale era stata contestata la titolarità di fatto dello RAGIONE_SOCIALE (svolgente attività di amministrazione di condomini) in capo al ricorrente; il secondo emesso in data 6 maggio 2013 a seguito delle successive indagini finanziarie a carico del ricorrente e di NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE e dei relativi soci NOME ed NOME COGNOME e NOME COGNOME questi ultimi tre, coniuge e suoceri del ricorrente.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma che, con sentenza n. 10427/2020 pubblicata in data 15 dicembre 2020, rigettava il ricorso e compensava le spese.
-Avverso tale pronuncia il contribuente proponeva atto di appello.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, con sentenza n. 1247/2023, depositata il 9 marzo 2023, ha rigettato l’appello.
-Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, che ha illustrato con memoria.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare va respinta l’istanza di riunione del presente giudizio a quelli iscritti ai nn. 13284/2021 e 3455/25 R.G.
Il provvedimento di riunione e di separazione, fondandosi su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice e ha natura ordinatoria (Cass., Sez. I, 30 settembre 2022, n. 28539).
Nel caso di specie se ne esclude l’opportunità, stante la diversità degli anni di imposta e di stadio processuale quanto a quello più recente.
-Con il primo motivo si deduce la falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 600/73, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte di giustizia tributaria di secondo grado reso una pronuncia affetta da motivazione apparente con mere enunciazioni teoriche in tema di onere probatorio in materia di accertamenti fiscali, senza fondare la propria decisione sul concreto assolvimento dell’onere probatorio da parte del ricorrente.
2.1. -Il motivo è infondato.
La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., Sez. I, 28 gennaio 2025, n. 1986; Cass., Sez. VI-1, 1 marzo 2022, n. 6758), così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass., Sez. IV, 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. I, 30 giugno 2020, n.
13248; Cass., Sez. IV, 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., Sez. VI-5, 7 aprile 2017, n. 9105).
Nel caso di specie non si ravvisa alcuna violazione del ‘ minimo costituzionale ‘ , avendo la Commissione tributaria regionale affrontato la questione in concreto prospettata dopo aver richiamato i principi vigenti in materia, escludendo -in conformità alla valutazione compiuta in prime cure -che la documentazione prodotta fosse idonea ad assolvere l’onere probatorio a carico del contribuente, dimostrando che i singoli movimenti bancari non si riferiscono a operazioni imponibili ovvero che se ne fosse già tenuto conto nella determinazione del reddito d’impresa. La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha reputato totalmente inattendibili i documenti esibiti, ‘ in difetto dell’istituzione delle scritture contabili obbligatorie e della presentazione delle dichiarazioni fiscali ‘, nonché per la mancanza di riscontri, non avendo il contribuente esibito nella fase di verifica, né in quella di istruttoria amministrativa a seguito di presentazione di istanze di accertamento con adesione, né in corso di causa, la documentazione giustificativa comprovante che le movimentazioni bancarie, dettagliatamente indicate, abbiano partecipato alla formazione del reddito, ovvero fossero fiscalmente irrilevanti. Non solo: il giudice d’appello ha anche sottolineato che ‘… l’analisi dei vari rapporti finanziari, epurati dalle movimentazioni neutre, dalle voci riconducibili a spese personali e da quelle non necessitanti di giustificazione alla luce della causale specificata dagli istituti finanziari, nonché dalle movimentazioni constatate nella prima verifica fiscale conclusasi in data 30 maggio 2012, è stata effettuata in contraddittorio con la parte e si è conclusa con la mancata giustificazione di molteplici operazioni relative a prelevamenti e versamenti di rilevante importo ‘. Statuizioni, queste, riferite
all” analisi dei vari rapporti finanziari ‘, che segnano la differenza rispetto alla fattispecie in relazione alla quale Cass., Sez. Trib., 4 aprile 2024, n. 8905, citata in ricorso, ha escluso che si fosse provveduto a un esame analitico, a fronte delle considerazioni del giudice d’appello calibrate sulla sussistenza di ‘ una massa informe di documenti… ‘.
3. -Con il secondo motivo si prospetta la falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 600/73 e dell’art. 2927 c.c. -recte, dell’art. 2727 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Corte di giustizia tributaria di secondo grado fatto illegittimo uso delle presunzioni, avendo ritenuto che il ricorrente gestisse direttamente lo Studio COGNOME.
3.1. -Il motivo è infondato.
Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. Trib., 22 novembre 2023, n. 32505).
Nel caso di specie, quanto all ‘esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il contribuente ed altri soggetti, in particolare tale COGNOME il giudice d’appello ha fatto leva sugli accertamenti contenuti in altra sentenza, resa tra le stesse parti e divenuta
irrevocabile, che ha puntualmente richiamato. Ha quindi sottolineato che ‘ è stata già definitivamente accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro con il sig. COGNOME sulla base dei documenti presenti nello studio COGNOME e presso il domicilio del sig. COGNOME oltre che in forza delle dichiarazioni degli interessati riportate nel PVC del 2012 ‘ . Il richiamo al precedente risulta quindi legittimo poiché la condivisione della decisione è avvenuta attraverso un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione (Cass., Sez. V, 6 luglio 2022, n. 21443).
Né rileva l’omessa considerazione degli elementi indicati in ricorso, utili, secondo la prospettazione ivi offerta, a contrastare l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato con COGNOME, posto che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, non è tenuto cioè a discutere ogni singolo elemento o a argomentare sulla condivisibilità o confutazione di tutte le deduzioni difensive: è necessario e sufficiente che egli esponga gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma considerati subvalenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr. Cass., Sez. T, 19 maggio 2024, n. 12732; Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. T., 24 giugno 2021, n. 18103).
Parte ricorrente mira invero a conseguire una inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie, offrendone una lettura alternativa (Cass., Sez. II, 23 aprile 2024, n. 10927), a fronte di una “doppia conforme”, senza indicazione di differenze tra le due pronunce di merito (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass., Sez. V-2, 15 marzo 2022, n. 8320).
Va poi ribadito, quanto al profilo della censura concernente la contestazione del peso attribuito al documento indicato in ricorso nel
ragionamento presuntivo relativo alla gestione diretta, da parte del contribuente, dello studio COGNOME che, in tema di prova per presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell'”id quod plerumque accidit”, i fatti ignoti da provare, costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass., Sez. I, 25 settembre 2023, n. 27266).
4. -Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 n. 4 c.p.c., per non aver la Commissione tributaria regionale esaminato la censura in ordine alla questione relativa alla corretta applicazione dell’art. 32 d.P.R. 600/1973 alla luce della giurisprudenza della Cassazione, secondo cui l’estensione delle indagini finanziarie nei confronti di soggetti terzi rispetto al contribuente accertato trova applicazione unicamente ai conti intestati o cointestati al contribuente e non ai conti bancari intestati esclusivamente a persone diverse, ancorché legate al contribuente da vincoli familiari o commerciali, salvo che l’Ufficio provi che l’intestazione a terzi è fittizia o comunque ascrivibili, anche solo in parte, al contribuente accertato.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
In tema di accertamento del reddito d’impresa, gli artt. 32, n. 7, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi ma che si ha motivo di ritenere connessi e inerenti al reddito del contribuente (Cass., Sez. VI-5, 1 febbraio 2016, n. 1898), in presenza – come nel caso di specie (conti dei soci, ovverosia del coniuge e del suocero del contribuente, della stessa
coniuge e di quelli cointestati a questa e al COGNOME) – di elementi sintomatici (quali il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione, l’attività di impresa compatibile con la produzione di utili o l’essere quella oggetto di verifica un’impresa familiare, Cass., Sez. V, 21 gennaio 2021, n. 1174), valorizzati ed esplicati dal giudice d’appello, sia pure per relationem, idonei a far presumere, salvo facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi (Cass., Sez. V, 15 marzo 2013, n. 6595).
L ‘ onere del contribuente di giustificare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati a soggetti per i quali è fondatamente ipotizzabile che abbiano messo il loro conto a sua disposizione non viola il principio ‘ praesumptum de praesumpto non admittitur ‘ (o ‘ divieto di doppie presunzioni ‘ o divieto di presunzioni di secondo grado o a catena) sia perché tale principio è, in realtà, inesistente, non essendo riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma dell ‘ ordinamento, sia perché, anche qualora lo si volesse considerare esistente, esso atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con un’altra presunzione semplice, ma non con una presunzione legale, sicché non ricorrerebbe nel caso di specie (Cass., Sez. V, 16 giugno 2017, n. 15003).
Al di là del difetto di specificità della censura proposta, si richiede, anche sotto tale profilo, un nuovo esame nel merito della documentazione prodotta, a fronte di una ‘doppia conforme’.
5. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore del l’Agenzia delle entrate in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 aprile 2025.