Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26964 Anno 2025
Oggetto: Tributi Relatore: COGNOME NOME
COLTIVATORE DIRETTO-
DETERMINAZIONE PRESUNTIVA DEL REDDITO DI IMPRESA SULLA BASE DI ACCERTAMENTI BANCARI- ANNUALITA’ 2002 –
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26964 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 6212 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio allegato alla memoria depositata in data 9.9.2025 dal Prof. Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME -in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOMEelettivamente domiciliato presso lo studio dei nuovi difensori, in Roma INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 290/24/2016 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, depositata in data 3/02/2016, non notificata;
Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento dei motivi terzo e quarto del ricorso.
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, aveva accolto l’appello proposto da NOME COGNOME titolare di omonima ditta individuale, avverso la sentenza n. 238/05/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, a seguito di indagini bancarie sui conti correnti intestati a quest’ultimo, aveva recuperato a tassazione maggiori ricavi non dichiarati – assoggettati al regime fiscale previsto per il reddito di impresa – ai fini Irpef, Irap e Iva, per il 2002, corrispondenti ai versamenti e ai prelievi rimasti privi di giustificazione, irrogando, altresì, le sanzioni.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha affermato l’illegittimità dell’accertamento atteso che l’attività del contribuente era risultata nell’anno in questione (2002) essenzialmente agricola (di coltivazione ortaggi e floricole da recidere) e come tale tassabile esclusivamente su base catastale. Al riguardo, dalla documentazione prodotta in atti (visura camerale; contratto di comodato del 1992; contratti di affitto del 1995, tutti registrati) si evinceva che il contribuente aveva la disponibilità di terreni, condotti in affitto da parte di terzi,
per il periodo 2001-2003 , per svolgere l’attività di produzione di prodotti agricoli; peraltro, come emerso dalla documentazione allegata (ottenimento di fondi utilizzati per la realizzazione di serre; fatture di vendita dei prodotti agricoli), il contribuente si era adoperato ad incrementare e a diversificare la produzione; l’acquisto di beni strumentali aveva comportato esborsi significativi sia di capitali che di Iva ad aliquota normale; pertanto, ‘ era giustificata la movimentazione di consistenti capitali (e le numerose operazioni) transitati sui conti dell’imprenditore agricolo che erano serviti per svolgere l’attività agricola ma, contemporaneamente, quella di realizzazione e pagamento delle strutture realizzate senza trascurare i rimborsi Iva a credito richiesti e concessi dall’Agenzia delle entrate, dovuti e giustificati dal fatto che l’aliquota ordinaria sugli acquisti di beni strumentali era quell a ordinaria mentre l’aliquota sulle vendite di prodotti agricoli era ridotta, pertanto, avendo cumulato somme consistenti di Iva a credito giustamente aveva chiesto ed ottenuto il rimborso mai opposto dall’Agenzia ‘. L’erronea esposizione dei ricavi derivanti dall’attività agricola nel quadro RF dedicato al reddito di impresa, non provava che quello dichiarato fosse di impresa commerciale, non essendo stato, peraltro, contestato dall’Ufficio il reddito agrario dichia rato. Peraltro, l’Agenzia non aveva provato che il contribuente avesse avviato l’attività manifatturiera industriale correlata alla realizzazione di un nuovo impianto oggetto di finanziamento ex lege n. 488/92 prima del 2006 (essendo stati, solo a tale data, effettuati l’allaccio al gas metano e il collaudo dell’impianto medesimo) e che le operazioni bancarie si riferissero a tale tipo di attività produttiva di reddito d’impresa .
Il contribuente resiste con controricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa contenente nomina di nuovi difensori.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio avendo la CTR
ritenuto illegittimo l’accertamento in quanto, nell’anno in questione, il contribuente aveva svolto attività essenzialmente agricola e come tale tassabile esclusivamente su base catastale; con ciò, il giudice di appello -a fronte della eccezione, nelle controdeduzioni dei gradi di merito, di violazione dell’art. 32 (vecchio 29) del DPR n. 917/86 e, in particolare, di impiego di capitale di esercizio e di lavoro di organizzazione oltre i limiti di potenzialità del terreno, in considerazione dei cospicui in vestimenti realizzati e dell’ingente valore dei beni strumentali acquistati, con conseguente necessaria qualificazione del reddito realizzato dal contribuente come reddito di impresa -aveva omesso di accertare il superamento dei limiti di cui all’art. 32 cit, quale fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 29 (oggi 32) e 51 (nel testo applicabile ratione temporis ) del DPR n. 917/86, 4 del DPR n. 633/1972 per avere la CTR ritenuto illegittimo l’avviso in questione stante lo svolgimento da parte del contribuente esclusivamente di attività agricola, assoggettabile a tassazione su base catastale sebbene- nella specie -come eccepito dall’Ufficio nelle controdeduzioni dei gradi di meritol’impiego di capitale di esercizio e di lavoro di organizzazione, in considerazione dei cospicui investimenti realizzati e della ingente quantità di acquisti di beni strumentali, fosse avvenuto al di là delle potenzialità del terreno; ulteriore rip rova della complessità dell’organizzazione dell’attività posta in essere era costituita anche dagli esiti delle indagini finanziarie dalle quali, per il 2002, erano emersi prelevamenti e accreditamenti sui conti correnti bancari del contribuente per un importo di euro 5.851.343,00 obiettivamente incompatibile con l’attività agricola di coltivazione di ortaggi e coltivazione floricole da recidere.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, n.2 e n. 7 del D.PR n. 600/73, 51, comma 2, n.n. 2 e 7 del DPR n. 633/72, 2727, 2729 e 2697 c.c. per avere la CTR -a fronte della presunzione legale di maggiori ricavi, ai sensi degli
artt. 32 e 51 cit., in relazione alle movimentazioni dei conti correnti intestati al contribuente risultate ingiustificate -ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento in questione senza verificare l’assolvimento da parte del contribuente dell’onere di prova specifica, per ogni singola operazione di accredito e di addebito relativa all’anno 2002 , del beneficiario delle stesse ovvero della loro estraneità al reddito di impresa, essendosi limitata ad affermare che era ‘ giustificata la movimentazione di consistenti capitali (e le numerose operazioni) transitati sui conti dell’imprenditore agricolo che erano serviti per svolgere l’attività agricola ma, contemporaneamente, quella di realizzazione e pagamento delle strutture realizzate senza trascurare i rimborsi Iva a credito richiesti e concessi dall’Agenzia delle entrate ‘; in particolare, il giudice di appello non aveva esternato le ragioni concrete, riferite a ciascuna movimentazione bancaria, per le quali le stesse – per un imponibile di euro 5.851.343,00 – erano state ritenute irrilevanti in quanto riferite all’attività agricola, e, dunque, tassabili solo su base catastale.
4.Con il quarto motivo l’Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 1, n. 4 c.p.c. e degli artt. 1, comma 2, 36, 61 del d.lgs. n. 546/92 nonché 111, comma 6, Cost. riproponendo le argomentazioni di cui al terzo motivo, sotto il profilo della motivazione omessa o apparente della sentenza impugnata.
In applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – che consente al giudice di decidere la causa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, quand’anche se del caso logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass., sez. un., n. 9636 del 2014; Cass. n. 12002 del 2014), va data precedenza all ‘ esame dei motivi terzo e quarto- da trattare congiuntamente- che sono fondati e vanno accolti per le ragioni di seguito indicate.
5.1. Questa Corte ha già chiarito che la disposizione speciale di cui all’art. 32, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986, si configura non già come l’unica regola alla
cui stregua censire la redditualità generale del contribuente coltivatore diretto, che invece ne fruisce nella più circoscritta area di determinazione dei soli redditi, appunto agrari e dominicali, per i quali le risultanze catastali debbono operare come parametri (Cass. 18711/2016, n. 23497, in motivazione). Non è quindi precluso, in generale, all’Amministrazione l’utilizzo, anche nei confronti del contribuente coltivatore diretto, di forme di accertamento che conseguano alla rilevazione di indici di una capacità patrimoniale non coordinabile con il reddito forfettario denunciato. Infatti, costituisce principio consolidato di questa Corte (Cass. n. 7505 del 2003; Cass. n. 6952 del 2006; Cass. n. 10385 del 2009; Cass. n. 9313 del 2010; Cass. n. 3260 del 2019) quello secondo il quale, ai sensi dell’art. 38 dei d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 l’Amministrazione può legittimamente procedere con metodo sintetico alla rettifica della dichiarazione dei redditi di un coltivatore diretto, comprensiva soltanto del reddito agrario e dominicale – determinati in base agli estimi catastali – del fondo da lui condotto, quando da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l’imponibile complessivo, incombendo, in tal caso, a norma del sesto coma dell’art. 38, al contribuente l’onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili, o separatamente tassate (cfr. Cass. n. 19557 del 2014, in motivazione).
5.2. Pertanto, neppure può ritenersi esclusa l’ammissibilità del ricorso, nei confronti del coltivatore diretto, quale imprenditore, anche piccolo, alle indagini di cui agli artt. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 d.P.R. n. 633 del 1972, con conseguente onere del contribuente di superare la presunzione posta da tali norme, dimostrando l’estraneità di ciascuna delle operazioni bancarie a fatti imponibili. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non sussiste una supposta indefettibilità della determinazione forfetaria del reddito del coltivatore diretto, che escluda in via di principio la legittimità della determinazione presuntiva del reddito di impresa, operata sulla base di accertamenti bancari ed inserita nell’ambito di una ricostruzione induttiva del reddito, con la conseguente
inversione dell’onere probatorio a carico del contribuente, secondo quando prevedono l’art. 32, comma primo, n. 2, d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 51, comma primo, n. 2 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. n. 11268 del 2018, in motivazione). Inoltre, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2 (Cass. n. 34704 del 2019; Cass. 2 luglio 2014, n. 15050; Cass., 20/01/2017, n. 1519; Cass., 16/11/2018, n. 29572; Cass., 09/08/2016, n. 16697; Cass. n. 104 del 2019, in motivazione, con specifico riguardo al motivo di ricorso nel quale, come nel caso di specie, veniva invocata Cass. n. 23852 del 2009). Né, peraltro, nel caso di specie, ed all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, si pone la necessità di elidere il valore presuntivo dei prelevamenti, considerata comunque la natura imprenditoriale dell’attività imputata al contribuente, in quanto eccedente quella agricola (Cass. n. 34704 del 2019).
5.3.In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze. (Cass. 30/062020, n. 13112; Cass. n. 5529 del 2025). Dunque, nei confronti del coltivatore diretto, quale imprenditore, anche piccolo, è applicabilea fronte di movimentazioni bancarie (versamenti e/o prelevamenti) ingiustificate – la presunzione relativa ex art. 32 cit. di un reddito di impresa
eccedente quello agrario – forfettariamente denunciato-, presunzione superabile soltanto attraverso una prova analitica a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili.
6.Nella sentenza impugnata la CTR, facendo mal governo dei suddetti principi di diritto -e con una motivazione che, al contempo, non assurge al ‘minimo costituzionale’ di cui all’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., sez. un., 07/04/2014, n. 8053, nonché, ex multis , Cass., 07/04/2021, n. 9288; Cass., 30/06/2020, n. 13248; Sez. 5, n. 15889 del 2024) – a fronte dell ‘accertamento dell’Ufficio di maggiori ricavi basato sull a presunzione legale di cui agli artt. 32 e 51 cit. secondo la quale sia i prelevamenti che i versamenti su conti correnti, sono soggetti ad imposizione fiscale, salva la dimostrazione da parte del contribuente che le operazioni bancarie siano già incluse nel reddito soggetto ad imposta o irrilevanti si è limitato apoditticamente ad affermare che ‘ era giustificata la movimentazione di consistenti capitali (e le numerose operazioni) transitati sui conti dell’imprenditore agricolo che erano serviti per svolgere l’attività agricola ma, contemporaneamente, qu ella di realizzazione e pagamento delle strutture realizzate senza trascurare i rimborsi Iva a credito richiesti e concessi dall’Agenzia delle entrate, dovuti e giustificati dal fatto che l’aliquota ordinaria sugli acquisti di beni strumentali era quella o rdinaria mentre l’aliquota sulle vendite di prodotti agricoli era ridotta, pertanto, avendo cumulato somme consistenti di Iva a credito giustamente aveva chiesto ed ottenuto il rimborso mai opposto dall’Agenzia ‘ ; con ciò senza verificare puntualmente l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e dare conto in sentenza delle relative risultanze.
7.In conclusione, vanno accolti i motivi terzo e quarto, assorbiti i restanti, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione;
La Corte accoglie i motivi terzo e quarto del ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 25 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME