Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23817 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23817 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
Oggetto: accertamento analitico-induttivo studi di settore carattere antieconomico dell’attività
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18065/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
PETRICELLA NOME
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania – Napoli, depositata il 9 gennaio 2017, n. 29/2017; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso notificatole per l’anno di imposta 2011, con il quale l’amministrazione finanziaria aveva
accertato -ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 – un maggiore imponibile a fini Irpef e Irap, oltre a somme dovute ai fini Iva e relative sanzioni.
La contribuente lamentava, principalmente, la mancata attivazione del contraddittorio preventivo e negava l’antieconomicità dell’attività di commercio di capi di abbigliamento per neonati e bambini contestata dall’ufficio impositore, precisando che tale at tività era cessata il 30 aprile 2011, sicché, ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. b), della legge n. 146 del 1998, non si sarebbe potuto far riferimento ai parametri degli studi di settore, proprio in relazione all’anno oggetto dell’avviso di accertament o, durante il quale era stata effettuata una vendita promozionale volta alla liquidazione del magazzino.
Costituitasi in giudizio, l’RAGIONE_SOCIALE precisava che era stata ravvisata una condotta antieconomica, in quanto la ditta aveva venduto merce, acquistata per euro 36.550, ottenendo ricavi di soli euro 5.559, con un ricarico negativo del 94,91%, rilevando il carattere inverosimile di una liquidazione tale da non recuperare nemmeno il valore della merce. Ciò che aveva condotto all’accertamento di maggiori ricavi pari almeno al mero costo di acquisto.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli rigettava il ricorso, con sentenza appellata dalla contribuente.
Quest’ultima insisteva, in particolare, sulla mancata attivazione del contraddittorio preventivo, obbligatorio in caso di accertamenti effettuati in base agli studi di settore, di cui ribadiva comunque l’inapplicabilità per essere l’attività commerciale pa cificamente cessata nel corso dell’anno cui si riferiva l’accertamento.
A sua volta l’RAGIONE_SOCIALE ribadiva che l’accertamento non si era basato unicamente sugli studi di settore, ma era stato effettuato considerando il comportamento complessivo della ditta contribuente e il carattere antieconomico dell’attività svolt a, evidenziando che nessuna prova contraria era stata fornita e che in
sede di mediazione la stessa contribuente aveva ammesso di non avere alcuna documentazione a sostegno degli sconti praticati in occasione della chiusura dell’attività commerciale.
La CTR accoglieva il ricorso, evidenziando la violazione del principio di obbligatorietà del contraddittorio preventivo, rilevando come la contribuente, già prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, avrebbe potuto utilmente rappresentare la propria esclusione dall’area dei soggetti ai quali possono essere applicati gli studi di settore, in considerazione della cessazione dell’attività nel corso dell’anno oggetto dell’atto impositivo e dell’effettuata svendita totale della merce.
Nel merito, osservava in ogni caso che, se in generale può apparire inverosimile una liquidazione della merce tale da non farne recuperare nemmeno il costo di acquisto precedentemente sostenuto, tale valutazione non può essere operata con riferimento all’anno di cessazione dell’attività, quando il principale interesse dell’imprenditore è quello di liquidare quanto prima le rimanenze di magazzino.
Contro questa decisione l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
La contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e/o falsa applicazione del principio del preventivo contraddittorio ex art. 12 della legge n. 212 del 2000, nonché dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998 e dell’art. 2697 c.c.
Secondo la ricorrente, la CTR avrebbe riformato la sentenza di primo grado accogliendo l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo, partendo dal presupposto che l’avviso di accertamento si sarebbe fondato esclusivamente sull’applicazione degli studi di settore.
Tale presupposto sarebbe errato, in quanto l’accertamento oggetto della controversia sarebbe stato emesso innanzitutto in seguito all’esame della dichiarazione dei redditi e dunque sulla base di una ricostruzione di natura analitico-induttiva dei redditi stessi ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, dalla quale sarebbe emersa una gestione palesemente antieconomica che avrebbe indotto l’RAGIONE_SOCIALE a operare la rettifica.
L’avviso di accertamento non poteva quindi definirsi illegittimo, per mancata instaurazione del contraddittorio preventivo, non essendo quest’ultimo obbligatorio alla luce della condotta antieconomica contestata alla contribuente, la quale non avrebbe invece assolto l’onere di produrre prove contrarie atte inficiare la valutazione di antieconomicità della propria condotta imprenditoriale e a dimostrare la liceità fiscale di quest’ultima.
In ogni caso, sarebbero state violate le regole che governano il riparto dell’onere della prova in materia, al cospetto di una dedotta antieconomicità della gestione imprenditoriale.
Il motivo è complessivamente da rigettare.
Occorre partire dalla considerazione che la decisione della CTR si fonda su una duplice ratio decidendi .
3.1. In primo luogo, i giudici di secondo grado hanno condiviso la censura di violazione del principio del contraddittorio preventivo, che la contribuente riteneva necessario assicurare prima dell’emissione dell’avviso di accertamento.
3.2. In secondo luogo, e in ogni caso, hanno affermato che la circostanza di una liquidazione totale della merce a prezzo inferiore a quello di acquisto, se in generale può apparire antieconomica, perde tale carattere se l’operazione è realizzata nell’anno di c essazione dell’attività, in funzione del principale interesse dell’imprenditore a disfarsi nel più breve tempo possibile RAGIONE_SOCIALE rimanenze di magazzino.
Le censure della ricorrente, proposte in termini di violazione di legge, colgono nel segno solo relativamente alla prima RAGIONE_SOCIALE due rationes decidendi .
4.1. Come costantemente affermato da questa Corte, infatti, solo l’accertamento operato sulla base della mera applicazione degli studi di settore impone, a pena di nullità, l’obbligo di un preventivo contraddittorio con il contribuente, in quanto il sistema RAGIONE_SOCIALE presunzioni semplici su cui gli studi si fondano – la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati – richiede un percorso di adeguamento dell’elaborazione statistica alla concreta r ealtà economica del contribuente, il cui esito confluisce nella motivazione, la quale deve ricomprendere le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa sono stati disattesi; al contrario, il predetto obbligo non ricorre se l’a ccertamento trova fondamento anche su ulteriori elementi giustificativi, come la reiterata antieconomicità dell’attività, desumibile da irregolarità contabili o anomale gestioni aziendali (Sez. 5, Ordinanza n. 9554 del 09/04/2024, Rv. 67082301; conf. Sez. 5, Ordinanza 08/09/2021, n. 24210 e Sez. 5, Ordinanza n. 31814 del 05/12/2019, rv. 656539-01).
Nel caso di specie, quindi, un contraddittorio preventivo -che pure, in ogni caso, risulta essersi dispiegato nella fase della mediazione, come anche la CTR dà atto a pag. 3 della motivazione della sentenza impugnata, riportando le difese dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non era necessario, in quanto l’atto impositivo è scaturito essenzialmente dall’accertamento induttivo operato ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, all’esito della valutata antieconomicità della gestione aziendale, come pure i giudici di secondo grado hanno riconosciuto nelle premesse in fatto della sentenza impugnata.
4.2. La censura avanzata dal ricorrente, invece, non è idonea a contrastare la seconda ratio decidendi esibita dalla motivazione, la quale non si è arrestata alla rilevazione del vizio consistente nella
mancanza del preventivo contraddittorio (come detto, insussistente), ma ha operato una valutazione, nel merito, della giustificazione addotta dalla contribuente per contrastare la contestata antieconomicità della sua condotta imprenditoriale.
Tale valutazione, idonea di per sé a sorreggere il dictum , non può dirsi operata in contrasto con le regole che governano il riparto dell’onere della prova in materia, come denunciato dal ricorrente.
4.2.1. Sul punto, questa Corte (Sez. 5, Ordinanza n. 24578 del 09/08/2022, rv. 665798-01) ha affermato che, in tema di accertamento tributario, ove la contabilità risulti formalmente regolare, ma si riveli intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del c omportamento del contribuente, in applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 300 del 1973, l’Amministrazione finanziaria può desumere in via induttiva -sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti – il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, lasciando al contribuente l’onere di fornire la prova contraria med iante la dimostrazione della correttezza RAGIONE_SOCIALE proprie dichiarazioni.
In sostanza, una volta contestata dall’erario l’antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombe sul medesimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Sez. 5, Ordinanza n. 21128 del 22/07/2021, Rv. 661938-01).
4.2.2. Orbene, nel caso di specie, la contribuente ha assolto l’onere su di lei gravante, adducendo la circostanza -che la controparte non ha affatto contestato, rendendo, per questo, superflua una conferma documentale -della cessazione dell’attività in data 30 aprile 2011.
Sul punto, la CTR ha affermato che il carattere inverosimile di una vendita sottocosto della totalità della merce non può essere riconosciuto se tale operazione è avvenuta in occasione della cessazione dell’attività, quando il principale interesse dell’imp renditore è quello di liquidare quanto prima le rimanenze di magazzino.
A fronte di ciò, non può dirsi integrata una violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., che si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, e non invece quando, a seguito di una anche (in tesi) incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi sarebbe, al più, un erroneo apprezz amento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020, rv. 658541-01) e nei ristretti limiti nei quali è oggi ammesso il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata.
E, a tale ultimo proposito, è appena il caso di ricordare che non può pretendersi che la Corte di legittimità, esorbitando dai compiti che le sono propri, sovrapponga una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio già esaminato dalla CTR: il momento dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi, infatti, è affare del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che la sentenza impugnata -come in questo caso -abbia in proposito speso una motivazione eccedente la soglia del ‘minimo costituzionale’ (così, da ultimo, Cass. S.U. Sentenza n. 5792 del 05/03/2024 – Rv. 670391-01).
Ne deriva l’inammissibilità del motivo con il quale in maniera inconferente rispetto al vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge – ci si dolga del modo in cui il giudice di merito abbia compiuto le proprie valutazioni discrezionali, in ordine ai diversi significati in
astratto ricavabili dai mezzi di prova acquisiti al giudizio e certamente valutati per l’assunzione della decisione.
Il ricorso va, in definitiva, rigettato.
Nulla per le spese, non avendo la contribuente svolto attività difensiva.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non si applica l’art. 13, comma 1quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
Rigetta il ricorso.
Così deciso, in Roma, il 12 luglio 2024.