Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32964 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32964 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12200/2016 R.G. proposto da :
DE NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 9873/2015 depositata il 09/11/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME NOME ‘titolare di una ditta individuale svolge attività di officina meccanica auto e rimessaggio nautico imbarcazioni’ (p. 1 ric. cass.), in data 5 luglio 2012, era attinto da avviso di accertamento n. TF3010603015/2012 relativo all’anno 2009, con il quale la D.P. 1 di Napoli dell’Agenzia delle entrate, ‘partendo dal presupposto dell’antieconomicità dell’attività svolta e della incongruità con gli studi di settore’, accertava ‘un maggior reddito di euro 53.477,00 e conseguentemente determinaa maggiore IRPEF per euro 4.038,00 IVA per euro 18.578,00 ed irroga sanzioni per euro 27.867,00’ (ivi).
Proponeva ricorso il contribuente, lamentando:
-che ‘l’Ufficio non aveva tenuto in considerazione che, come già dichiarato con il modello unico 2010 ed in sede di compilazione degli studi di settore, l’esercizio 2009 era stato condotto in maniera anomala in quanto le aree dove veniva svolta l’attività erano state sottoposte a sequestro con apposizione di sigilli dal 10 agosto 2009 e solo parzialmente restituite in data 14 dicembre 2009, temporaneamente dissequestrate il 9 settembre 2010 con provvedimento di autorizzazione alla rimozione dei sigilli’;
-che ‘in ogni caso’ errati erano ‘i calcoli del costo del personale che era stato considerato sulla base del costo presunto dell’intero anno piuttosto che su quello effettivo di sette mesi risultante anche dalle certificazioni del sostituto di imposta’ (ivi).
Dalla sentenza in epigrafe si apprende quanto segue:
La sentenza della ctp di Napoli n. 21223/14, decisa il 16.6.2014 e depositata il 4.9.2014, ha accolto il ricorso del
sig. COGNOME compensando le spese. Ha affermato che la rilevata antieconomicità della gestione dell’impresa è dipesa dal fatto, documentato, che l’impresa del COGNOME è stata sottoposta a sequestro preventivo per cinque mesi, con riferimento all’intera area produttiva, sicché è giustificata la ragione per cui essa impresa ha prodotto redditi inferiori al limite dell’economicità della gestione.
Il soccombente Agente delle entrate ha interposto appello il 13.3.2015, tempestivamente, lamentando che il sequestro ha riguardato solo la parte dell’impresa relativa a rimessaggio di mezzi nautici e non anche la parte adibita a riparazioni meccaniche di veicoli; che l’antieconomicità della gestione si è verificata in un periodo ben più esteso di quello interessato dal sequestro.
COGNOME ha resistito eccependo che l’intera impresa è stata sequestrata per gli ultimi 5 mesi del 2009, e la restituzione si è verificata solo a settembre 2010; che in un settore già in crisi, l’immagine dell’impresa è stata danneggiata in modo grave, sicché anche dopo il dissequestro la clientela non è tornata; che il sequestro ha riguardato l’intera area; che ha indicato negli studi di settore le ragioni della caduta di redditività .
Proponeva appello il contribuente. La CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, così decideva: ‘In riforma della sentenza di primo grado rigetta il ricorso introduttivo di primo grado’.
4.1. Osservava in motivazione:
Se è vero che dal verbale di sequestro preventivo (10/8/09 della polizia locale di Napoli) non può desumersi che l’estensione del provvedimento abbia portata parziale e cioè interessi soltanto una superficie limitata dell’intero complesso aziendale, dalla natura del provvedimento, che investe abusi
di carattere edilizio (cancelli, murature) e non riguarda la attività produttiva in se stessa può invece evincersi che l’oggetto dello stesso non abbia precluso la prosecuzione della attività.
Vale inoltre osservare che l’epoca del sequestro (agosto) non può aver sottratto alla azienda la maturazione dei compensi per il rimessaggio dei mezzi nautici, che tradizionalmente avviene appunto all’inizio della staione estiva.
Appare pertanto corretto ritenere che non si sia prodotta una sostanziale e determinante contrazione dei profitti; può al contrario affermarsi che il ridimensionamento delle entrate sia proporzionale -per l’anno 2009- al periodo dell’anno (autunno) cui si riferisce il sequestro e che sia computabile nella misura di un terzo.
Ne discende che non può sostenersi la pretesa imputabilità della antieconomicità ‘tout court’ alla immanenza del sequestro, laddove la incidenza della prosecuzione anche parziale della attività non giustifica un rilevante abbattimento della redditività.
Il contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi. L’Agenzia delle entrate resta intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘Nullità d ella sentenza impugnata per mancanza assoluta dei suoi requisiti essenziali (violazione dell’art. 36 del D.Lgs. 546/1992 e dell’art. 111 della Costituzione in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.)’.
1.1. Le affermazioni della CTR ‘ sono già estremamente discutibili giacché non si comprende come un’attività possa proseguire nonostante l’apposizione di sigilli e come si possa pensare che: il rimessaggio avvenga solo all’inizio della stagione estiva e non anche alla fine della stessa stagione. Le asserzioni di
cm sopra per quanto non condivisibili sono almeno comprensibili. Laddove però la sentenza impugnata diventa invece incomprensibile è nel prosieguo . Una sentenza così strutturata che risulta di impossibile interpretazione anche per addetti ai lavori, appare platealmente manchevole degli elementi minimi costitutivi di una pronuncia giurisdizionale. E in ogni caso appare manifesta la stridente violazione di tutte le vigenti norme di diritto che regolano il contenuto della sentenza, nessuna esclusa ‘.
1.1. Il motivo – sostanzialmente inteso a denunciare un difetto assoluto della motivazione della sentenza impugnata -è manifestamente infondato.
È sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per appurare come la stessa esibisca una motivazione effettiva, sia dal punto di vista grafico che contenutistico, dovendosi per l’effetto escludere alcuna ipotesi di motivazione omessa o meramente apparente od inintelligibile.
Secondo la CTR, il sequestro patito dal contribuente, pur incidendo negativamente sui ricavi, non ha assunto una portata così assorbente da giustificare una ‘sostanziale e determinante contrazione dei profitti’ e quindi un ‘rilevante abbattimento della redditività’: in tal guisa, la motivazione esibita dalla sentenza impugnata, come detto reale, si sottrae altresì agli addebiti di inintelligibilità che il motivo le rimprovera.
Quel che invero il motivo mira a censurare non è un’assenza grafica o contenutistica della motivazione, ma piuttosto il percorso logico -argomentativo che la CTR ha profuso per addivenire alla decisione. Nondimeno, la deduzione di un tale vizio non è più consentita, quand’anche si avesse a riqualificare la censura ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. Vale, invero, l’insuperato insegnamento secondo cui ‘la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del
d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione’ (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 39 del D.P.R. 600/1973 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.)’.
2.1. ‘ Oggetto del contendere è un avviso di accertamento basato sugli studi di settore in quanto l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che l’attività svolta dal sig. COGNOME presentasse profili di antieconomicità e, di conseguenza, ha provveduto ad effettuare un accertamento di carattere analitico-induttivo utilizzando tale metodologia accertativa’. La sentenza impugnata si pone in contrasto con l’insegnamento che stigmatizza ‘l ‘uso acritico ed automatico degli studi di settore, ritenendo insufficiente la sola applicazione meccanica del programma informatico COGNOME‘. Fermo ciò, ‘va ulteriormente e decisivamente rimarcato come già in sede di ricorso più volte (e precisamente a pag. 1 ed a pag. 2) il contribuente abbia fatto presente che il 2009 era stato un esercizio anomalo giacché l’area sulla quale veniva svolta l’attività era stata posta sotto sequestro con apposizione di sigilli e che la eccezionale
situazione del 2009 era stata segnalata all’Agenzia dell’entrate sia con il modello unico 2010 che con la compilazione degli studi di settore relativi allo stesso anno (all. 2 al ricorso introduttivo)’. ‘Del tutto errato quindi immaginare che l’attività po essere proseguita anche in costanza di sequestro con i sigilli apposti dalla polizia urbana’. ‘Ancora più errato è sostenere poi, come fa la sentenza impugnata, ‘che l’epoca del sequestro (agosto) non può aver sottratto all’azienda la maturazione di compensi per il rimessaggio dei mezzi nautici, che tradizionalmente avviene appunto all’inizio della stagione estiva”, ignorando che dopo la stagione estiva -e cioè nel periodo del sequestro- i mezzi nautici vengono nuovamente consegnati per il rimessaggio e quindi bloccare l’attività significa senza dubbio cagionare la perdita di gran parte della clientela’. ‘Addirittura incomprensibili sono poi le successive frasi della sentenza impugnata già oggetto di censura con il precedente motivo di gravame e con le quali, per il poco che è dato comprendere, i giudici di appello dimostrano di ritenere che in ogni caso il sequestro dell’area utilizzata dalla ditta COGNOME non può essere considerato come la causa giustificativa dell’antieconomicità contestata dall’Amministrazione finanziaria ‘.
2.1. Il motivo è inammissibile.
A fronte della sentenza impugnata, che discorre, a più riprese, sia nella parte dedicata allo svolgimento del processo che in quella dedicata alle motivazioni in diritto, di contestata e, ad avviso della CTR, non (completamente) giustificata antieconomicità dell’attività d’impresa (conclude infatti la CTR ‘che non può sostenersi la pretesa imputabilità della antieconomicità ‘tout court’ alla immanenza del sequestro’), esso non dimostra, mediante congrua riproduzione testuale, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che l’avviso di accertamento fonda su studi di settore.
Al contrario, il rilevato dato testuale della sentenza impugnata, alla luce oltretutto del non contestato riassunto delle posizioni del contribuente in appello offerto dalla medesima (‘ COGNOME ha resistito eccependo che l’intera impresa è stata sequestrata per gli ultimi 5 mesi del 2009 ; che ha indicato negli studi di settore le ragioni della caduta di redditività ‘), induce a ritenere che gli esiti dello studio di settore abbiano rappresentato un mero parametro per la valutazione dell’incongruità della dichiarazione e per la ricostruzione analitico -induttiva del reddito: ciò che, d’altronde, collima con lo stesso esordio del motivo, ove, come visto, si afferma che ‘l’Agenzia delle entrate’, ritenuta la sussistenza di ‘profili di antieconomicità’, ‘ ha provveduto ad effettuare un accertamento di carattere analiticoinduttivo’: donde, dichiaratamente, l’accertamento non recepisce affatto il risultato standardizzato in punto di redditività, compiendo invece un’operazione di ‘analitica’ ricostruzione, pur su base ‘induttiva’, del reddito d’impresa.
Sicché, in definitiva, il motivo si palesa decentrato rispetto all’effettiva ‘ratio decidendi’ della sentenza.
Con il terzo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza impugnata per violazione del art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
3.1. In primo grado (come da p 4 del ricorso introduttivo ‘in parte qua’ riprodotto) il contribuente aveva contestato l”erroneità della procedura accertativa’, deducendo che ‘l’accertamento considera l’attività svolta per dodici mesi e non per sette, per cui addiviene ad una serie di conseguenze assurde sia nei ricavi che nei costi si prenda ad esempio il costo del personale accertato per euro 50.278,00 a fronte di un costo reale di euro 25.139,00 ‘. Il motivo ‘è stato riproposto scrupolosamente e pedissequamente anche nell’atto di costituzione nel giudizio di
appello (precisamente a pag. 3, ultimo capoverso)’. La CTR ha omesso di pronunciare su di esso.
3.1. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
È inammissibile perché, non riprodotta, come già detto a proposito del motivo precedente, la motivazione dell’avviso di accertamento, rende inafferrabile la dedotta ‘erroneità della procedura accertativa’.
È poi manifestamente infondato perché la CTR tiene espressamente conto, in motivazione, della contrazione dell’attività, ‘computabile nella misura di un terzo’.
Né in contrario rileva avere essa, in dispositivo, ‘rigetta’, ‘sic et simpliciter’, ‘il ricorso introduttivo di primo grado’, non denunciando il motivo, né più in generale il ricorso, il difetto di corrispondenza tra motivazione e dispositivo, che dunque esula dal perimetro cognitorio devoluto a questa Suprema Corte.
In definitiva, il ricorso va integralmente respinto. Nulla sulle spese per difetto di costituzione agenziale. Il contribuente è nondimeno tenuto ‘ex lege’ al pagamento del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 12 settembre 2024.