Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8314 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8314 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27345/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata n ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-PALERMO n. 1200/2019 depositata il 27/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Dagli atti di causa (ricorso per cassazione e sentenza in epigrafe) si apprende che RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE) , esercente l’attività di installazione, gestione e raccolta di apparecchi elettronici da gioco, impugnava l’avviso di accertamento n. TY302B604252/2012, con il quale l’Agenzia delle entrate, a seguito di attività di controllo della Direzione Centrale Accertamento sui dati relativi alla raccolta delle giocate, accertava, per l’a.i. 2008, l’omessa contabilizzazione di ricavi per euro 183.610,59, con conseguenti riprese ai fini delle ii.dd. ed ii., aggravate di interessi e sanzioni.
Secondo quanto riferisce il ricorso, ‘contestualmente all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, erano emessi, ex art. 5 DPR n. 917/1986, separati avvisi di accertamento con i quali, in ordine alla quota sociale detenuta dai soci, RAGIONE_SOCIALE NOME (34%), RAGIONE_SOCIALE NOME (33%) e RAGIONE_SOCIALE NOME (33%), erano recuperate le maggiori imposte da stess dovute, quantificate in complessivi euro 79.634,00 con contestuali irrogazione delle dovute sanzioni oltre a interessi come per legge’.
Società e soci (questi ultimi con un unico ricorso) impugnavano gli avvisi.
La CTP di Palermo, con sentenza n. 2896/07/17, rigettava il ricorso della società e, con sentenza n. 2873/07/17, quello dei soci.
Sia la società che i soci proponevano appello, parzialmente accolto dalla CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, sulla base, per quanto di residuo interesse, della seguente motivazione:
opo aver disposto la riunione dei due procedimenti in trattazione, osserva la Commissione che l’appello dei contribuenti è parzialmente fondato .
Quanto alla doglianza relativa al merito della vicenda tributaria, si osserva che l’Ufficio, sulla base dei dati trasmessi dai concessionari, in mancanza di elementi di segno contrario, ha proceduto correttamente all’accertamento del maggior reddito di impresa, considerando, dai riepiloghi contabili relativi alla raccolta delle giocate che i ricavi contestati erano da intendersi al netto del PREU e dei compensi spettanti agli esercenti ed al concessionario di rete. Al riguardo, il ragionamento seguito dal giudice di prime cure appare immune da censure, in quanto il decidente ha considerato che l’assunto del contribuente circa l’erroneità del compenso ‘de quo’ è meramente teorico e non è affatto basato su reperti documentali precisi .
Ritiene, tuttavia, la Commissione che, avuto riguardo alla documentazione prodotta in primo grado dalla difesa, e su cui non c’è stato alcun vaglio da parte del giudice di prime cure, deve riconoscersi pregio alla doglianza sull’erronea stima della percentuale degli aggi, stimata dall’Ufficio arbitrariamente al 53%, quando invece, dall’esame dei contratti conclusi con i sigg.ri COGNOME COGNOME, Catania, COGNOME, COGNOME e COGNOME emerge chiaramente che la percentuale pattiziamente riconosciuta è del 60%.
Altrettanto provata da parte dell’appellante la deducibilità delle minusvalenze per dismissione di apparecchi da intrattenimento: a tal riguardo risultano abbastanza probanti dell’avvenuta dismissione il contenuto della copia del sequestro preventivo emesso dal gip di Venezia nonché quanto si evince dai prospetti riepilogativi delle
minusvalenze, dalle annotazioni contenute nel registro dei beni ammortizzabili e dalla relazione tecnica allegata all’atto di appello sull’effettiva dismissione di alcuni apparecchi da divertimento dal ciclo produttivo a seguito proprio degli sviluppi dell’inchiesta penale ‘Black slot’.
Parimenti da accogliere e la censura relativa al mancato riconoscimento della deducibilità di costi per euro 7.786,00 riguardante l’esecuzione di lavori di manutenzione, riparazione ed ammodernamento della sede della società, avendo il contribuente con la produzione di specifica e dettagliata dichiarazione sostitutiva di atto notorio da parte del titolare della ditta incaricata dei lavori, comprovato l’effettività e l’inerenza di detti costi, anche in considerazione del particolare tipo di materiale installato che si addice perfettamente ad una sede di impresa commerciale, piuttosto che ad abitazioni private (plafoniere, acquisto e posizionamento di pavimento laminato, etc.).
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un unico, articolato, motivo. I contribuenti restano intimati. In data 17 febbraio 2025, il P.M. presso questa S.C., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott.ssa NOME COGNOME deposita requisitoria, instando per il parziale accoglimento del motivo, in riferimento alla prima censura espostavi.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione degli art. 39, primo comma, lett. d) del DPR n. 600/73, art. 29 1° comma, lett. d) del DPR n. 600/73, art. 57, secondo comma del D.Lgs. n. 546/1992 (eccezioni nuove), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.’.
1.1. Per comodità di esposizione, il motivo si presta ad essere agevolmente riassunto, previa suddivisione, in tre parti.
1.2. Prima parte.
1.2.1. ‘Si ritiene censurabile la sentenza in quella parte della motivazione nella quale viene esplicitato il procedimento con il quale l’Ufficio ha determinato gli aggi attivi non dichiarati dalla società ricorrente nell’anno 2007. Dalla lettura di quella parte della motivazione si evince che l’Ufficio ha rettificato gli aggi attivi dichiarati , non perché li avesse determinati induttivamente sulla base della percentuale degli aggi passivi appurati nella misura del 53%, come ritenuto, con tutta evidenza dalla Commissione Regionale, bensì aver riscontrato, dall’esame della contabilità, una differenza fra quanto riportato in detta situazione contabile e quanto esposto in dichiarazione. È infatti chiaramente indicato in avviso di accertamento, in data 12/12/2012, pag. 3 (ultimi 3 capoversi), pag. 4 (primi 4 capoversi), che i dati trasmessi dai concessionari non corrispondevano con quelli indicati in contabilità, ragione per cui l’Ufficio aveva operato una rettifica, analitica, degli aggi dichiarati. La legittimità della suddetta rettifica era confermata dalla corrispondenza con i correlati aggi passivi che risultavano, dalla prima nota relativa all’anno 2007, prodotta dalla ricorrente in seguito all’invito dell’Ufficio, ammontare, in media, al 53% dell’incasso netto. . essun rilievo può assumere la percentuale del 60% indicata in sentenza dei Giudici, non potendosi determinare, in alcun modo, quanto abbia effettivamente percepito la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nell’anno 2007 ‘sub specie’ di aggi attivi da dichiarare’.
1.3. Seconda parte.
1.3.1. ‘Si ritiene altresì errata quella parte della sentenza laddove è riconosciuta la deducibilità di minusvalenze, pari ad euro 73.367,00, derivanti dalla dismissione di apparecchi da gioco
poiché non provata la loro dismissione, in base ad un sequestro preventivo emesso dal gip di Venezia. Tale eccezione era stata sollevata per la prima volta solo in sede di gravame e, per tale ragione, inammissibile ex art. 57, secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992′. Inoltre, la ‘relazione tecnica’ depositata dalla contribuente ‘come atto di parte ha mero valore indiziario’.
1.4. Terza parte.
1.4.1. È ‘contestabile anche l’ultima parte della sentenza ‘. Invero, l’Agenzia non rilevò l’inerenza di detti costi stante l’incertezza sul luogo dove erano stati eseguiti i lavori, né la prova dell’inerenza poteva trarre autenticità sulla base di un mero atto notorio redatto dalla ditta incaricata dei lavori ‘.
Preliminarmente deve rilevarsi come il cumulo di plurime censure sotto un unico motivo non lo rende, purtuttavia, inammissibile, posto che lo sviluppo argomentativo di esso consente di individuare le singole censure (tanto da prestarsi il motivo ad un riassunto tripartito), ragion per cui nessun intervento suppletivo (non consentito) è richiesto a questa S.C.
La prima parte del motivo, come anche ritenuto dal P.M., è fondata.
3.1. V’è anzitutto da osservare che il motivo non incorre in difetto di autosufficienza perché, ‘in parte qua’, la motivazione dell’avviso di accertamento è riprodotta nelle pagine inziali del ricorso (ff.gg. 2 e 3).
Ora, proprio alla luce di tale riproduzione, emerge come la ripresa riguardante gli aggi sia stata determinata, non induttivamente, sulla base della percentuale media riconosciuta degli aggi passivi risultante dai contratti con i concessionari, ma analiticamente, in ragione della differenza tra i compensi effettivamente percepiti, giusta i dati trasmessi dai concessionari
(euro 982.150,56), e quanto indicato in contabilità (euro 879.693,57). Ed invero: euro 982.150,56 -euro 879.693,57 = euro 102.456,99: somma costituente, in effetti, l’ammontare degli aggi ripresi a tassazione. L’utilizzo della percentuale del 53% evinta, oltreché dai contratti, ‘dall’esame della prima nota relativa all’anno 2007, prodotta dalla società’, è avvenuto da parte dell’Ufficio, non già ai fini della determinazione della materia imponibile sottratta a tassazione, bensì esclusivamente ai fini di un controllo di coerenza (in effetti riscontrato positivamente) dell’esito del calcolo (cfr. in part. il primo par. del fg. 3: ‘Tale dato fornito dai concessionario viene avvalorato dal calcolo inverso applicato agli aggi passivi dedotti sulla base della percentuale del 53% sopra citata ‘).
Ne consegue che l’errore compiuto dalla CTR consiste nell’aver ritenuto che l’Ufficio abbia induttivamente determinato la ripresa in funzione della predetta percentuale del 53%, elevata al 60%: ora, avendo l’Ufficio proceduto analiticamente, e non induttivamente, la rettifica della percentuale, è di per se stessa inidonea ad inficiare, non solo l’accertamento, ma anche il suo risultato.
La seconda parte del motivo – a differenza della prima cade in difetto di precisione e di autosufficienza.
4.1. Non riproduce ‘in parte qua’ l’avviso di accertamento e non rende conto donde risulti che ‘tale eccezione’ (così alla lettera) sarebbe inammissibile in quanto ‘sollevata per la prima volta solo in sede di gravame’: ferma la scarsa perspicuità della formula utilizzata (‘tale eccezione’, non altrimenti specificata, men che meno in svolgimento del significato processuale del termine ‘eccezione’), comunque, è lo stesso ricorso, nella parte introduttiva (fg. 3) ad individuare una delle originarie ragioni di doglianza dei contribuenti nell”illegittimità del rilievo fiscale relativo al disconoscimento delle minusvalenze’.
La seconda parte, in disamina, del motivo non illustra dunque per quale ragione, dinanzi alla protesta di illegittimità ‘tout court’ del disconoscimento delle minusvalenze, l”eccezione’ (che potrebbe essere riferita alla produzione del provvedimento di sequestro del gip di Venezia) dovrebbe considerarsi inammissibilmente nuova (anche, eventualmente, alla luce dell’art 58 D.Lgs. n. 546 del 1992, che, nel testo ‘ratione temporis vigente’, consentiva nuove produzioni documentali anche in appello).
Sotto altro profilo, detta parte mira in realtà ad una riedizione del giudizio di merito, anche laddove, contestualmente, nega valenza di prova alla ‘relazione tecnica allegata all’atto di appello’. Più dettagliatamente, la CTR non attribuisce affatto una tale valenza alla relazione in oggetto; al contrario, proprio ossequiando la giurisprudenza citata dall’Agenzia, compie una valutazione di sintesi di tutti gli elementi disponibili, tra cui anche, ma non solo, la relazione: relazione che va ad unirsi sia alla ‘copia del sequestro preventivo’ sia anche alla documentazione contabile (‘prospetti riepilogativi’ ed ‘annotazioni’ nel ‘registro dei beni ammortizzabili’). Talché la censura finisce per non confrontarsi con l’effettiva ‘ratio decidendi’ della sentenza impugnata, pretendendo di sovvertire il complessivo accertamento in fatto compiuto dalla CTR sulla base della contestazione dell’efficacia probatoria – dalla CTR mai affermata – della (sola) relazione.
Anche la terza parte del motivo segue le sorti della seconda.
5.1. Quel che l’Ufficio ha contestato in avviso (secondo detta parte, la mancanza di inerenza, stante ‘l’incertezza sul suolo dove erano stati eseguiti i lavori’) resta allo stadio di mera locuzione, mancando, in difetto di precisione ed autosufficienza, la testuale riproduzione, per quel che rileva, dell’avviso stesso.
Ne consegue per ciò solo l’inammissibilità della censura.
La quale ad ogni modo si rivela altresì infondata.
Invero, non coglie nel segno la contestazione dell”autenticità’, sul piano dell’efficacia probatoria, dell’atto notorio promanante dall’appaltatore.
Afferma la CTR trattarsi di ‘specifica e dettagliata dichiarazione sostitutiva di atto notorio da parte del titolare della ditta incaricata dei lavori’.
Ciò presuppone che la ‘dichiarazione sostitutiva’ di cui si tratta contenga in realtà una serie di ‘specifiche e dettagliate’ affermazioni promananti da detto titolare, valutate dalla CTR come tali, e non semplicemente in ragione della qualifica dell’atto come ‘dichiarazione sostitutiva di atto notorio’.
L’operato della CTR va pertanto esente da rilievi al cospetto del ripetuto insegnamento secondo cui ‘le dichiarazioni extraprocessuali di terzi sono ammissibili ed utilizzabili nel processo tributario -nel rispetto dell’art. 6 CEDU e del principio di parità delle armi di cui all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea -e hanno valore di elementi indiziari, utilizzabili sia dall’Amministrazione, sia dal contribuente’ (Sez. 5, n. 8221 del 22/03/2023, Rv. 667096 -02).
D’altronde, la collocazione delle dichiarazioni di terzo nell’ambito di una ‘dichiarazione sostitutiva di atto notorio’ non ne obnubila di certo la natura. Sul punto, infatti, recentemente, questa S.C. ha precisato che, ‘anche al contribuente, oltre che all’Amministrazione finanziaria, è riconosciuta, in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti ex art. 111 Cost., la possibilità di introdurre nel giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale -e, di conseguenza, dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà -, le quali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari, senza che ciò comporti il venir
meno del potere -dovere del giudice tributario di valutare l’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, secondo il principio della libera valutazione delle prove, confrontando le propalazioni raccolte e valutando la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi e oggettivi, come la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con eventuali altri elementi acquisiti’ (Sez. 5, n. 28022 del 30/10/2024, Rv. 672739 -01).
A tali principi la CTR si è attenuta, valutando ‘funditus’ la ‘dichiarazione sostitutiva di atto notorio’ rilasciata dal ‘titolare della ditta incaricata dei lavori’: di per sé ritenuta, alla stregua di un non contestato giudizio intrinseco, ‘specifica e dettagliata’, altresì al cospetto ‘del particolare tipo di materiale installato che si addice perfettamente ad una sede di impresa commerciale, piuttosto che ad abitazioni private (plafoniere, acquisto e posizionamento di pavimento laminato, etc.)’. Talché la CTR – con insindacabile, ed insindacato, accertamento in fatto -ha ragguagliato la ‘dichiarazione sostitutiva’ con la natura dei materiali, siccome confacenti ad un’attività commerciale, guadagnando, in via di sintesi, in piena osservanza dei canoni di valutazione della prova dichiarativo -indiziaria, la dimostrazione dell’esecuzione dei lavori presso la sede dell’impresa.
6. Conclusivamente, il motivo va accolto solo limitatamente alla prima parte. Ne consegue, correlativamente, la parziale cassazione della sentenza impugnata, con corrispondente rinvio per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Accoglie parzialmente, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso, cassando in relazione al motivo così come accolto la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di
secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 12 marzo 2025.